Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
cento sfumature di giallo
John Banville, “Delitto d’inverno”
Ed.
Guanda, trad. Irene A. Piccinini, pagg.336, Euro 19,00
1957. Contea di Wexford, Irlanda. Due
giorni prima di Natale. Nevica. Un prete viene trovato assassinato nella
biblioteca di Ballyglass House, dimora degli Osborne, antica casata
protestante. Da Dublino arriva ad indagare l’ispettore Strafford, protestante
anche lui, un’eccezione nelle forze della polizia.
Questo non è un solito ‘giallo’, ma è un
giallo d’autore e lo si avverte dal tono narrativo delle prime pagine: John
Banville, uno dei maggiori scrittori irlandesi viventi, aveva iniziato a
scrivere romanzi con delitto sotto lo pseudonimo di Benjamin Black, ora
abbandonato. Non è solo la data in cui si svolge la vicenda a farci respirare
un’atmosfera d’epoca. È l’eleganza dello stile, l’assenza del sensazionale,
l’importanza data agli elementi sottotestuali.
La trama gialla non ha niente di speciale, anzi. Dalla domanda, come mai un sacerdote cattolico era un assiduo frequentatore di una casa di protestanti?, dalle allusioni a quanto poco ortodosso fosse il comportamento di padre Tom, da frasi smozzicate dette dall’uno o dall’altro, intuiamo subito il motivo del delitto. Non ci voleva molto, dopo aver letto nelle prime pagine il dettaglio che padre Tom è stato evirato con precisione chirurgica. Chi è stato, però, ad ucciderlo? Una o più persone? Appare chiaro che deve essere stato qualcuno che era presente in casa oppure che è stato fatto entrare da un complice, nonostante che il generale Osborne, eroe di Dunkerque, attribuisca la colpa ai soliti zingari che si aggirano nella zona.
È una famiglia strana, quella degli
Osborne. Lui è sposato con una donna molto più giovane che la figliastra chiama
il Topo Bianco e che si aggira insonne di notte per la casa. La prima moglie
era alcolizzata ed è morta cadendo dalle scale (le stesse scale da cui è
caduto, secondo la dichiarazione ufficiale, anche il prete). Il figlio Dominic
studia medicina, se ne sta sulle sue. Lettie, la figlia diciottenne, ha un
atteggiamento provocatorio, si è fatta espellere da scuola. Strafford si sente attratto dal Topo Bianco, ma anche
da Lettie e poi dalla procace cameriera con i capelli rossi della locanda.
La storia di padre Tom, raccontata prima
dalla sorella e poi in un flashback
ambientato nel 1947, apre uno squarcio su ricordi ancora vivi, della guerra per
l’indipendenza seguita dalla guerra civile- lo spietato e opportunista padre
del sacerdote ucciso era tra i sostenitori del mitico Michael Collins, la via
del sacerdozio era stata per il figlio una fuga dal padre. Michael Collins
Non aveva fatto
qualcosa di simile anche Strafford, entrando nel corpo di polizia contro la
volontà paterna che avrebbe desiderato che lui diventasse avvocato? Non cercano
di sottrarsi al padre anche Dominic e Lettie Osborne? Il contrasto sociale e
religioso è fortissimo, sottolineato di continuo da differenze di accento, di
comportamento, di vestiario- perfino il preferire il tè scuro e senza zucchero
indica l’appartenenza ad una classe più elevata.
La religione, infine. Il cattolicesimo in Irlanda ha una cupa accezione che non troviamo neppure nella già rigida Italia cattolica. I preti sono intoccabili. Qualunque cosa facciano, di qualunque colpa si macchino, tutto viene insabbiato, il prete colpevole è semplicemente spostato e può continuare a fare danni altrove. Quando l’arcivescovo McQuaid dalla faccia di ghiaccio manda a chiamare Strafford, il messaggio neppur troppo velato è intimidatorio. Padre Tom è morto per un incidente. Punto. I dettagli scabrosi non devono trapelare. Punto. Strafford vuole fare carriera, no?
E intanto la neve cade su tutta l’Irlanda,
sui vivi e sui morti- e il richiamo alla novella “I morti” di Joyce è palese.
Lo è pure il significato di questa neve che ammanta di purezza i crimini del
passato e del presente. E così anche il ghiaccio a cui bisogna fare attenzione
per non scivolare, e l’incidente di Strafford, che finisce fuori strada mentre
si reca all’appuntamento con l’arcivescovo, è indicativo.
Il colpo di scena finale, a dieci anni di
distanza dai fatti, è magistrale.
Leggere
il romanzo giallo di Banville è come entrare in un negozio di antiquariato
pieno di piccoli pezzi preziosi, come bere del buon vino pregiato.
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la recensione sarà pubblicata su www.Stradanove.it
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