Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
FRESCO DI LETTURA
Robin Black, “Ritratto di un matrimonio”
Ed. Neri Pozza, trad. C.
Brovelli, pagg 255, Euro 14,03
Il titolo, “Ritratto di un matrimonio”,
è banale. L’inizio, “Gli ultimi giorni
prima della sua morte, mio marito Owen fece visita ad Alison ogni pomeriggio.”,
non lo è. Perché ci anticipa la
fine, perché mette subito in chiaro che non si richiede a noi lettori di
leggere con la curiosità di sapere che cosa succederà, piuttosto che dobbiamo
fare attenzione alle sfumature, ai
movimenti dell’anima dei personaggi. Altre anticipazioni: “Owen non fu sepolto. Sapevo fin dal giorno
in cui lo conobbi che voleva essere cremato.” E poco dopo ci viene detto
che erano giovanissimi all’epoca del primo incontro. Così giovani da poter
parlare della morte senza crederci veramente. Sembrava ad entrambi impensabile
di morire, anche se l’io narrante- Augusta, chiamata Gus- aveva perso la madre
quando era una bambina, e poi l’amata sorella maggiore. “Ma Owen era Owen. Owen era me. Io ero lui.” E allora, qual è la storia
che ci deve raccontare Gus, pittrice, che ha appena perso il suo uomo, Owen,
scrittore?
Erano una coppia moderna, anticonvenzionale. Poco più che ventenni
all’inizio del loro amore, si erano sposati da poco (Gus ha quarantasette
anni)- il matrimonio, la festa del Ringraziamento, le candele dello Shabbat, i
bambini, erano tutte cose che non facevano per loro, tutte convenzioni inutili.
Le candele le accendevano il mercoledì, niente tacchino e niente feste di
famiglia per il Ringraziamento, per carità. Quanto ai bambini, quando, ad un
certo punto, avevano cambiato idea, avevano scoperto che Owen non ne poteva
avere. E che Gus adesso li desiderava moltissimo. Sul matrimonio avevano
cambiato idea così tardi in seguito al tradimento
di Gus: tutto era già finito quando aveva confessato a Owen di aver avuto
una breve relazione con il padre della ragazza a cui aveva dato lezioni di
pittura. Avevano deciso di cambiare vita ed era stato possibile grazie all’eredità
di una zia: avevano acquistato una
fattoria. Dalle strade affollate della città alla solitudine totale. Lei
dipingeva in casa, lui aveva il suo studio nel granaio. Lei aveva avuto uno
slancio creativo dopo la storia d’amore, lui soffriva della paralisi dello
scrittore. C’era una leggera corrente di gelosia tra di loro.
Ed ecco che succede qualcosa. Il sasso
gettato nello stagno. Una donna, capelli argento, occhi chiari, pure lei
pittrice, prende in affitto una casa vicino alla fattoria di Owen e Gus. Si
insinua tra i due con garbatezza ma anche con una certa sfacciataggine e
insistenza. Diventa amica di Gus. Owen ne è geloso: non sono sempre bastati uno all’altra, loro due? Gus finisce per
ammirarla, le fa delle confidenze. Forse la invidia anche un poco, perché
Alison ha una figlia con cui ha un’intesa perfetta. Le fa pena perché è appena
uscita da un matrimonio con un marito violento.
Quando incominciamo a domandarci se la storia si evolverà in quella di
un tipico triangolo, entrano in scena altri
due personaggi- solo di sfuggita la figlia dell’ex amante di Gus (una
figlia di ‘elezione’ per Gus) e, più stabilmente e in maniera più preoccupante,
la figlia di Alison, aspirante scrittrice in adorazione di Owen. Una quasi la controparte dell’altra. Se
“Ritratto di un matrimonio” è la storia di un triangolo amoroso, lo diventa in
maniera del tutto insolita.
Robin Black scrive con garbo e
sottigliezza psicologica la storia di un amore come tanti, senza esagerate
illusioni. Un amore che è consapevole di dover lottare perché niente è mai
scontato, perché siamo tutti fragili e le difficoltà della vita- la perdita di
una persona cara, l’assistere impotenti al dissolversi della figura paterna che
abbiamo conosciuto, un fallimento sul lavoro, il desiderio di maternità
frustrato- possono far deviare i nostri sentimenti nella speranza inconsapevole
che l’ebbrezza della novità faccia accelerare i battiti del cuore, dandoci
nuove possibilità.
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