mercoledì 17 marzo 2021

Subramanian Shankar, “Il fantasma del tamarindo” ed. 2021

                                                            Voci da mondi diversi. India

Subramanian Shankar, “Il fantasma del tamarindo”

Ed. ObarraO, trad. Pietro Ferrari, pagg. 402, Euro 18,00

 

     Una scena del passato, all’inizio del romanzo “Il fantasma del tamarindo” dello scrittore indiano Subramanian Shankar. D’altra parte, come dice il titolo di questa prima parte, ‘il passato è il prologo’. Il passato contiene in sé il futuro.

    Dieci minuti. Tanto impiegò a precipitarsi a casa, inciampando e cadendo, lontano dalla spaventosa scoperta sotto l’albero del tamarindo.

   Il gioco di un bambino, che ha perso nella corsa la spada di legno e la corona  che lo facevano sembrare il re della storia che gli raccontava la nonna, si è trasformato in un incubo che lo perseguiterà tutta la vita. Fugge lontano dall’albero di tamarindo sotto il quale ha visto il cadavere di un uomo con la gola squarciata. Ramu lo aveva riconosciuto. Era Murugappa, da sempre al servizio della sua famiglia, che viveva in una capanna nel villaggio di Paavalampatti. Un villaggio in cui c’è una netta separazione fra l’area in cui vivono i paraiyar, la casta degli intoccabili addetti ai lavori ‘impuri’, e quella in cui abitano i bramini, quelli che sono più in alto nella gerarchia delle caste, quella a cui appartengono Ramu e la sua famiglia di ricchi proprietari terrieri.

il tamarindo

   Da questa morte, da questo omicidio mai risolto, ha inizio tutta la vicenda- una tragedia che ricorda, alla lontana, quella di Romeo e Giulietta, due amanti invisi alle stelle- qui non si tratta di due famiglie rivali che rendono impossibile l’amore tra due giovani, ma l’abisso tra le due caste a cui Ramu e Ponni appartengono. Non si sarebbero neppure conosciuti, il dodicenne Ramu e la coetanea Ponni, figlia di Murugappa, se suo padre non fosse stato assassinato. E invece, nonostante la proibizione della nonna, Ramu continua ad incontrare Ponni- perché è diversa, perché ha vissuto con lo zio per un certo periodo a Madras, ha imparato l’inglese. Ramu è incantato da quella ragazza il cui nome, che significa ‘dorata’, le si adatta alla perfezione.

     La vita separa i due ragazzi e li farà poi incontrare di nuovo, lontano dagli occhi vigili della famiglia di Ramu, quando lui andrà a Madras a frequentare l’università. La loro non è una storia facile- è Ramu ad essere perdutamente innamorato di Ponni, lei ha un altro compagno. Per lei Ramu si interessa di recitazione, per lei si lascia coinvolgere in politica, nei movimenti intesi ad ottenere una uguaglianza sociale. Con lei, infine, dopo anni di amore silenzioso, Ramu partirà per fondare una scuola per i bambini figli degli ‘intoccabili’ che lavorano in condizioni malsane in una cava. Un sogno, una utopia grandiosa che sembra realizzarsi, almeno per un certo numero di anni. Finché tutto si ferma, è come se il revenant dell’albero del tamarindo avesse inseguito Ramu e Ponni, accade qualcosa di terribile. E l’ingiustizia del sistema delle caste diventa ancora più palese, si unisce ad una ingiustizia e ad una discriminazione economica, sociale e culturale- ha la meglio chi usa la violenza e la corruzione per mantenere la situazione inalterata a proprio esclusivo vantaggio.

paraiyar

   I personaggi maschili sono i più incisivi, in questo romanzo che non può lasciare indifferenti, che continua a riaffacciarsi alla nostra mente anche dopo aver terminato la lettura. L’idealista Ramu, il padre intellettuale e lo zio subdolo e difensore dei pregiudizi, l’amico di Ramu che ha avuto per primo l’idea di fondare una scuola nel nulla, il vecchio con il suo asino a cui si rivolgerà il figlio di Ramu per sapere di più sui suoi genitori, lo zio di Ponni che è la voce di una nuova India- fanno tutti parte di un vasto quadro del Tamil, lo stato del Sud dell’India in cui si svolge la vicenda in un arco di tempo che va da prima della Partizione agli anni dell’Emergenza di Indira Gandhi, ognuno di loro con il suo ruolo, specchio di un’epoca che non può restare immutata.

Madurai

   Una figura femminile spicca tra questi uomini, e non è Ponni di cui tocca a noi lettori capire la sorte, ma Gomati Paati, la nonna che ha cresciuto come un figlio il nipotino Ramu rimasto orfano e che poi si occuperà di un altro orfano, il figlio di Ramu- è una grandiosa immagine d’amore puro, una sorta di Gandhi al femminile: l’odio può essere sconfitto soltanto dall’amore, sono le parole del Mahatma che potrebbe essere lei a dire.

    Un libro molto bello, da leggere e su cui pensare, perché l’India non è solo quella romantica della più romantica storia d’amore che vivrà per sempre nei marmi bianchi del Taj Mahal, quella magica della pubblicità. È anche questa, più disturbante, più problematica.

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a breve seguirà intervista con lo scrittore.

Recensione e intervista saranno pubblicate su www.stradanove.it



     

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