Voci da mondi diversi. Area germanica
seconda guerra mondiale
Ralf Rothmann, “Il dio di una estate”
Ed. Neri Pozza, trad. R. Cravero,
pagg. 222, Euro 17,00
Sono ancora i primi mesi del 1945, in questo secondo romanzo di Ralf
Rothmann, come nel primo (bellissimo) “Morire a primavera”. I protagonisti
vivono in quel podere dove Walter, nell’altro romanzo, lavorava come mungitore.
Il diciassettenne Walter dagli occhi verdi che- nella storia precedente- era
stato arruolato insieme all’amico che poi era morto, mentre lui, Walter, era
sopravvissuto per diventare vecchio e avere incubi ricorrenti. Qui Walter è un
personaggio marginale, una comparsa importante che fa battere il cuore alla
dodicenne Luisa, la ragazzina che è il ‘punto di vista’ de “Il dio di
un’estate” (bellissimo come “Morire a primavera”).
Luisa è sfollata con la mamma e la sorella Sybille in un podere non
molto distante da Kiel, città portuale che è stata pesantemente bombardata. Il
padre gestisce una mensa per gli ufficiali e continua a lavorare a Kiel e
Vinzent, il marito della sorellastra di Luisa e assistente del governatore del
Gau locale, ha assunto la proprietà del podere- durante la festa per i suoi
quarant’anni (un momento di svolta nella trama) Luisa si accorgerà che c’è una
stella di Davide incisa nel legno del mancorrente della scala. E non ci baderà
più che tanto. È solo un dettaglio che filtra attraverso la sua consapevolezza
di bambina, insieme a tante altre cose che non capisce e di cui nessuno vuole
parlarle.
Come la volta che un aereo inglese fa un atterraggio di fortuna in un
campo e solo un ragazzo giovane esce illeso dalla carlinga, Vinzent gli offre
una sigaretta e lo sospinge via, Luisa sente un botto- il fattore le dice che è
stato il motore della sua auto che si è inceppato. Luisa ha capito, Luisa sa, e
più tardi, sempre alla famosa festa, accuserà il cognato di aver sparato al
giovane inglese contravvenendo alla convenzione di Ginevra. Come quando vede i
lavoratori sparuti che indossano pigiami grigi sull’altra sponda del fiume. O
quando lei e il bambino suo amico vengono fermati da soldati armati nel bosco
che non vogliono credere che stiano cercando funghi- perché è proibito andare
nel bosco’? che cosa c’è da spiare? Come quando l’occhio le cade sui capelli
rossi nella stanza dove la mamma del suo amico fa le parrucche per venderle-
non sono comuni i capelli rossi, Luisa ha i capelli rossi, sua sorella Sybille
aveva splendidi capelli rossi. E Sybille è scomparsa dopo la festa. A Luisa
hanno detto che è a Kiel, Luisa è andata a chiedere di lei e non l’ha trovata.
Sembra che non ci sia una guerra in corso,
al podere. C’è da mangiare. Non c’è stato nessun bombardamento. Sta arrivando
la primavera. Però Sybille ha fretta di vivere- non vuole negarsi il piacere di
indossare della bella biancheria, dei begli abiti, di profumarsi le orecchie,
perché fra poco arriveranno i russi e gli americani e gli inglesi e tutto sarà
finito. “Fa male quando ti violentano?”, chiede Luisa.
Questi però sono discorsi disfattisti, se ti
sentono possono accusarti di tradimento. E meno male che loro sono protette da
Vinzent. Ma, “Vinzent è un porco schifoso”, dirà Luisa alla madre che non vuole
sentir parlar male del genero. Proprio come nessuno vuole sentir denigrare il Führer
o ascoltare parole di dubbio sulla fantastica arma che assicurerà la Vittoria
della Germania.
C’è solo una patina di quiete nel
podere. Se il fuoco cova sotto la cenere nelle dispute famigliari, ci sono
anche altri segnali di allarme- i profughi che arrivano e riempiono la casa e
perfino le stalle, i cavalli che vengono portati via per essere macellati,
perfino la lunga malattia di Luisa è un segnale negativo. Oltre a cose ben più
gravi di cui non voglio dire. Come non dirò altro della fine tranne che le
parole di Luisa, “Ho già sperimentato tutto”, lasciandoci con quesiti e riflessioni su dove sia il dio di quell’estate.
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