giovedì 20 marzo 2014

John Banville, "L'invenzione del passato" 2003


                         il libro ritrovato


La maschera di un altro
John Banville, “L’invenzione del passato”
 Ed. Guanda, trad.Marcella Dalla Torre, pagg. 258, Euro 15,00

Si chiamava Alex, l’attore che è il personaggio principale di “Eclisse”, il precedente romanzo dello scrittore irlandese John Banville. Si chiama Axel (una sorta di anagramma di Alex) il protagonista de “L’invenzione del passato”, ma non è questo l’unico legame con “Eclisse”: entrambi i romanzi terminano con la morte di Cass Cleave, figlia di Alex e amante di Axel, e con l’eclisse solare. Se poi aggiungiamo che l’anziano e famoso scrittore Axel Vander ha assunto un nome e un’identità che non sono le sue, portando per tutta la vita una maschera, proprio come fa un attore che finisce per dimenticare chi sia veramente, è chiaro che i romanzi di Banville sono romanzi a incastro, anche se possono essere letti separatamente. Non è un personaggio simpatico, Axel Vander, ha sempre un tono di superiorità sprezzante ed arrogante, beffardo e irrisorio. Cieco da un occhio, con una gamba invalida, si paragona ad Arlecchino con il bastone e il cappello al posto della mazza e della maschera, e di se stesso dice, per giustificare le sue stravaganze, “Non sono pazzo, sono solo molto, molto vecchio”. Quando riceve per posta il messaggio di Cass Cleave che sembra volerlo ricattare perché ha scoperto che non è chi si spaccia di essere, Axel le dà appuntamento a Torino, dove deve recarsi per un convegno. In realtà, poi, Cass Cleave gli farà avere solo dopo che è morta l’esigua prova che ha raccolto, due fotografie ingiallite, quando ormai Axel è più che mai vecchio e intristito perché si era innamorato di lei e si sentiva persino fiero di avere un figlio da lei, lui che non ne aveva mai avuto.
Torino come luogo ideale per rievocare il passato, con i suoi portici ombrosi, Torino come un ampio e grandioso cimitero per una storia che si è svolta in Olanda durante il nazismo, quando il protagonista invidiava al vero Axel Vander la sua famiglia ricca, colta e divertente, che non accendeva le candele al venerdì sera e si faceva beffe degli ebrei. Gli sembrava un privilegio, poter essere amico di Axel, anche quando questo aveva pubblicato degli articoli antisemiti. Poi Axel era morto in circostanze non chiare, lui si era salvato anche se non sapeva grazie a chi, proprio mentre la sua famiglia veniva “portata a est”. Neppure lui sa di preciso in quale momento dell’ esilio sia diventato Axel Vander e se, diventando Axel, non volesse soprattutto non essere se stesso. E’ il filo conduttore di tutto il romanzo, questa elusiva ricerca dell’identità che ben viene rappresentata dai dubbi che circondano la Sindone conservata appunto a Torino (“Shroud”, il titolo originale, “sudario”) e che nessuno dei personaggi riesce a vedere, perché è cambiato il luogo dell’esposizione, perché la biglietteria chiude quando arrivano in cima alla coda. Sfuggente anche l’identità della ragazza, chiamata sempre con i due nomi che, pur nell’etimologia diversa, suggeriscono l’idea di una rottura: Cass Cleave è affetta da una sindrome rara, con attacchi di tipo epilettico, accessi di paranoia che sfiorano la schizofrenia, e c’è qualcosa di incestuoso nella sua ricerca dell’identità paterna nell’anziano Axel. Cass Cleave che sogna una bambola senza faccia e studia la commedia dell’arte e le figure delle maschere Colombina e Arlecchino, si getterà nel mare in cui è annegato il poeta Shelley su cui Axel aveva scritto un noto saggio, “Shelley smascherato”. 

Ma quale maschera ha poi indossato Axel per tutta la vita se, come gli rivela alla fine un sopravvissuto ai campi, anche Axel era ebreo?



 la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net

lo scrittore John Bainville

                                          

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