Voci da mondi diversi. Asia
il libro ritrovato
Kyung-Sook Shin, “Prenditi cura di lei”
Ed. Neri Pozza, trad. Vincenzo
Mingiardi, pagg. 217, Euro 16,50
Titolo originale: Omma rul Put’akhae
Please
Look After Mom
Una donna scompare alla stazione di Seul.
Doveva salire sul treno con il marito che camminava davanti a lei, come al
solito. C’era folla. Quando il marito si è girato indietro per vedere dove
fosse, lei non c’era più. Aveva sessantanove anni, o forse settantuno- era
d’uso, per scaramanzia, per ingannare la morte, dichiarare in ritardo la
nascita di un bambino. L’anziana coppia era venuta a Seul dal villaggio in cui
abitava per festeggiare il compleanno di entrambi. In genere uno dei figli
veniva a prenderli alla stazione, questa volta erano tutti impegnati. O
distratti da altre occupazioni. Per ritrovarla vengono affissi volantini con la
sua fotografia, offrendo una ricompensa per informazioni utili.
Quante storie sono state già scritte su
donne che scompaiono? Che mollano casa e famiglia, mariti-padroni e figli
sfruttatori, semplicemente perché non ne possono più? Oppure donne che, a
qualunque età, decidono di avere diritto alla loro vita, magari con un altro
uomo, una vecchia o nuova amicizia? Il romanzo “Prenditi cura di lei” della
scrittrice coreana Kyung-Sook Shin è diverso da qualunque possiamo avere già
letto. A turno, una figlia, un figlio, il marito, prendono la parola per
parlarci di lei, e di loro stessi, la sua famiglia. Park So-nyo, la moglie e
mamma, interviene per ultima, a chiudere il cerchio, a svelare di sé cose che
gli altri non possono sapere, a completare l’immagine. E così noi conosciamo la
donna come la conoscono gli altri e come lei conosce se stessa.
Questa varietà di voci, a dare l’idea
della complessità dei rapporti famigliari e della fondamentale inconoscibilità
anche di chi pensiamo di conoscere, conquista il lettore fin dalle prime
pagine. La voce letterata della figlia che è una nota scrittrice (si è resa
conto tardi che la mamma era analfabeta, ricorda ancora quando le ha dato i
soldi per comprarsi il suo primo libro), quella del primogenito adorato che,
pur riuscendo a fare carriera, l’ha un poco delusa, e infine quella del marito
egoista ed egocentrico che dava per scontato i sacrifici e le fatiche
quotidiane della moglie. Quando Park So-nyo inizia a parlare, è della figlia minore
che ci racconta: se c’era un legame speciale tra la madre e il primo figlio
maschio, ce n’era pure un altro, diversamente speciale, fatto di tenerezza e
orgoglio, con questa figlia venuta al mondo dopo un bambino nato morto. E’ la
figlia che ora ha tre bambini, che una volta ha esaudito un suo desiderio
regalandole una pelliccia di visone (lei, la mamma, non aveva idea di quanto
costasse), che la coinvolgeva nella sua vita studentesca, che forse la capiva
più degli altri. Quante cose vengono fuori, nel tempo della ricerca della mamma
per le strade di Seul. Era una donna straordinaria. Apparteneva ad un mondo e a
una cultura in cui era normale sposarsi senza conoscere il futuro marito. Lei
faceva sembrare normale anche togliersi il boccone di bocca per nutrire i suoi
cinque bambini, anche sopportare se il marito la tradiva, anche continuare a
sfaccendare quando stava male.
Non capiva perché se lui avesse mangiato mamma sarebbe stata meno triste. Se n’era andato a causa di quella donna, e Hyong-chol credeva che la mamma sarebbe stata triste se lui avesse mangiato il cibo di quella donna, invece mamma gli aveva detto il contrario. Sarebbe stata meno triste se lui avesse mangiato, persino se il cibo era di quella donna. No, non capiva, ma siccome non voleva che mamma fosse triste, aveva detto scontrosamente: “Mangerò”.
Park So-nyo stava male: perché nessuno ha fatto
maggiore attenzione ai suoi feroci mal di testa, ai suoi smarrimenti, alle sue
incertezze su che cosa stesse per fare? Perché faceva comodo a tutti, al marito
per primo. Nessuno si è mai neppure preoccupato se lei fosse felice, se le
mancasse qualcosa. Ed è lei a farci capire, senza neppure ammetterlo con se
stessa, che cosa le mancasse. Con la semplicità di una rinuncia che è scontata
fin dall’inizio, che non le pare neppure un sacrificio.
E’ un bellissimo ritratto di donna,
quello che ci dipinge Kyung-Sook Shin nel suo romanzo. Bellissimo il
personaggio e bellissima la tecnica narrativa- pennellate dense di colore e
altre a punta fine, chiari e scuri, zone d’ombra da cui emerge infine,
luminosa, la protagonista.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
la scrittrice Kyung-Sook Shin
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