il libro ritrovato
John Banville, “Un favore personale”
Ed. Guanda, trad. Marcella Dalla
Torre, pagg. 326, Euro 16,50
il libro è stato ripubblicato in edizione economica
John Banville ha scelto per se stesso uno pseudonimo quanto mai adeguato
per la serie di romanzi che hanno per protagonista l’anatomopatologo Quirke- in
Irlanda questi noir vengono pubblicati a nome di Benjamin Black. Lo scrittore
stesso ci ha detto, durante un’intervista, che è una maniera per sottolineare
una differenza con gli altri suoi romanzi, sia agli occhi dei lettori sia per
lui che li scrive: i romanzi con Quirke sono come una pausa distensiva a
intervallare gli altri romanzi più impegnativi.
E tuttavia uno scrittore come John Banville
(vincitore del Booker Prize nel 2005 con “Il mare”) può anche nascondersi
dietro un altro nome, ma non può evitare di portare una tematica profonda in
qualunque cosa scriva, e di scrivere con la levigata raffinatezza che gli è
propria. Il genere del noir offre a Banville la possibilità di esplorare il
Male nella vita quotidiana della Dublino degli anni ‘50: una città cupa
dall’atmosfera triste, in un’ Irlanda ancora fortemente assoggettata alla
Chiesa. Il personaggio di Banville è nello stesso tempo, paradossalmente,
tipico e atipico di quell’epoca: Quirke è cresciuto in un orfanotrofio (quanti
‘figli dell’amore’ venivano abbandonati, vittime della fobia sessuale della
religione cattolica), finché il giudice Griffin aveva visto in lui la
possibilità di fare un’opera buona lavandosi al contempo la coscienza, e
l’aveva fatto studiare- preferendolo forse a suo figlio Mal. Per sapere di più
sul passato di Quirke sarebbe necessario, però, leggere il romanzo precedente,
“Dove è sempre notte”- qui lo incontriamo che ha smesso di bere, si permette
solo un bicchiere di vino durante la cena settimanale con Phoebe, la figlia a
cui ha rivelato da poco di essere lui il vero padre e non Mal Griffin, come la
ragazza ha sempre creduto. La vicenda ‘gialla’, o nera che dir si voglia,
inizia quando Billy Hunt, un vecchio compagno di studi di Quirke, lo contatta,
chiedendogli il favore di non fare l’autopsia della moglie Deirdre, morta
annegata- sarebbe troppo doloroso per lui vedere straziare il suo corpo.
Pare che tutti siano conniventi nella
Dublino anni ‘50: il giudice che sbriga il caso come un incidente (possibile
che Deirdre fosse andata a nuotare di notte? nessuno sa neanche se sapesse
nuotare), per non macchiare la morta della colpa del suicidio (ma si tratta poi
di suicidio?); Quirke che ha visto il segno di una puntura sul braccio della
donna, ma tace; il poliziotto Hackett che appare e scompare, senza fare
assolutamente nulla. Il romanzo procede alternando scene del passato, con la
vita della bella Deirdre che aveva aperto un salone di bellezza insieme ad un
socio un po’ losco, e il presente, con Quirke che cerca di capire che cosa sia
successo, mentre sua figlia inizia una relazione con l’ex socio di Deirdre, un
individuo effeminato, drogato, dagli strani capelli argentei- e le coincidenze
diventano veramente troppe in una trama molto esile in cui i personaggi sono
descritti con precisione e ricchezza di dettagli ma paiono vuoti. Non ci
convincono, come non ci soddisfa la trama e neppure l’ambientazione d’epoca,
che ci pare alquanto superficiale. Il meglio del romanzo è nel protagonista,
presenza massiccia anche in senso letterale, e nello stile narrativo che è,
inequivocabilmente, quello di un grande scrittore.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
lo scrittore John Banville
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