Voci da mondi diversi. Africa
FRESCO DI LETTURA
Mia Couto, “L’altro lato del mondo”
Ed. Sellerio, trad. Vincenzo Barca, pagg. 284, Euro 16,00
Mwanito aveva solo tre anni quando il padre
Silvestre li aveva portati- lui, Ntunzi, il domestico Zacaria e la giumenta
Jezibela (così umana da soddisfare le
velleità sessuali del mio anziano padre)- in un accampamento militare disabitato a cui aveva dato il nome di
Jerusalém. Silvestre non aveva dato il nome solo al luogo, aveva ‘ribattezzato’
tutti quanti loro, tranne lui, il figlio più piccolo, a cui era stato lasciato
quello con cui lo chiamavano, Mwanito, che significa ‘bambino’. Anche allo zio
Madrino era stato cambiato nome ed ora si chiamava Aproximado- lo zio non
faceva parte del gruppo, viveva accanto al portone d’ingresso della riserva e
andava e veniva con un camion con cui portava cibo e beni di prima necessità ai
cinque che Silvestre insisteva a dire che erano gli unici sopravvissuti ad un mondo che non c’era più.
Tre parti scandiscono la narrazione de
“L’altro lato del mondo”, una prima
parte introduce i personaggi, trabocca
delle domande di Mwanito colmo di nostalgia per qualcosa che non ricorda e
che non conosce, tratteggia con efficacia il carattere dispotico del vecchio padre di cui Mwanito è il figlio
preferito, il suo ‘accordatore di silenzi’, il bambino che riesce a dargli un
poco di pace dal peso dei ricordi, mentre sorgono dubbi su che cosa sia
successo a Dordalma, la moglie di Silvestre dalla pelle più chiara: è vero quello che dice Ntunzi, che il loro
padre è un assassino?
La
seconda parte, “La visita”, fa
deflagrare la pace inquieta dell’accampamento: arriva una donna. Bianca, portoghese. Che cosa ci fa lì? Vuole
veramente fotografare gli aironi? I due ragazzi se ne innamorano, l’adolescente
Ntunzi con la sua sessualità appena risvegliata, il bambino Mwanito che la vede
come una sostituta della mamma. Ad un certo punto la voce della donna si
sostituisce a quella di Mwanito nella narrazione di un’altra storia, quella di un amore tradito, della partenza da
Lisbona alla ricerca di un marito scomparso in Mozambico, di casi della vita
per cui la donna incontra lo zio Aproximado e arriva nella riserva.
La
terza parte, come un terzo movimento
musicale, svelerà tutto il passato,
di entrambe le storie, trascinandoci nella cruda realtà dell’altro lato del
mondo dove si ama, si tradisce, si soffre, si muore, ci si vendica. Si vive.
Ci si deve inoltrare nelle pagine del
romanzo di Mia Couto per entrare nell’atmosfera e per calarsi in uno stile
narrativo fatto di uno strano miscuglio di realismo
e poesia, di crudezza e di simboli,
di attualità e folklore, per accorgersi poi di aver letto una storia che va
al di là del tempo e dello spazio definiti nel libro.
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