Voci da mondi diversi. Francia
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Dominique Manotti, “Le
mani su Parigi”
Ed.
Tropea, trad. Daniele Barzaghi, pagg. 221, Euro 12,90
Si intitolava “Sombre Sentier”, il primo
romanzo di Dominique Manotti pubblicato in Italia come “Il sentiero della
speranza”- bellissimo titolo allitterativo che giocava sul doppio significato
di Sentier, come nome comune e nome proprio di un quartiere di Parigi, unito
all’aggettivo carico di buio, sombre:
un’anticipazione di mistero e di trame nere. E’ ancora nera, anzi nerissima, la Parigi che appare nel nuovo
romanzo di Dominique Manotti, “Le mani su Parigi”. Di un nero opaco e
squallido, come lo sono i personaggi che sguazzano nella melma di traffici illegali, droga, sesso,
assassinii, corruzione. Senza scrupoli. O ripensamenti. O un qualche senso di responsabilità etica.
E’ il 1985, il quarto anno della lunga
presidenza di François Mitterand. Un Boeing 747 esplode in aria nel cielo di
Turchia. Trasportava un carico illegale di missili alla volta di Teheran.
Una certa stampa è curiosa di arrivare alla verità dietro l’incidente di cui
nessuno parla- il lettore sa subito che la
vendita era stata organizzata dal consigliere del Presidente, Bornand, che
naturalmente disporrà delle misure del caso per mettere tutto e tutti a tacere.
Giornalisti. Responsabile tecnico. Banchiere libanese che reclama quanto gli è
dovuto. Ci va di mezzo anche una puttana di lusso, uccisa da una pallottola
alla gola sfuggita al factotum di Bornand.
Il caso della donna assassinata il cui
corpo viene ritrovato in un parcheggio viene affidato alla giovane poliziotta Noria Ghozali- il
personaggio che apriva le scene iniziali del romanzo, in un quadretto violento
di famiglia. Stanca delle botte del padre, Noria scagliava due materassi in
strada e saltava giù dalla finestra.
Ragazza in gamba, Noria Ghozali. Le sarebbe piaciuto recitare a teatro,
aveva fatto un concorso per entrare in polizia e adesso buttava giù i rospi
della discriminazione. Accontentandosi di sbrigare casi- è il caso di dirlo-
“di merda”: teppistelli di quartiere nascondevano petardi nella cacca dei cani,
facendo inferocire le vecchie signore schizzate di merda. Poi questo colpo di
fortuna: l’identificazione, eseguita con abile ricerca paziente, della puttana
morta.
E’
un caso che il personaggio più bello e pulito di questa vicenda nera sia una
ragazza bruttina e araba? Perché sappiamo, ora da Bornand, ora da altri, che i vari corpi speciali di polizia accettano
soldi per tacere. Su società fantasma, su traffico e smercio di droga, su
vendita di armi ai paesi del Medio Oriente, sulla più esclusiva casa di
appuntamenti parigina e su quanto vi accade: la tenutaria Mado ha più potere
della donna giudice che viene sollevata dal suo incarico e finisce per
uccidersi.
C’è una successione rapida di eventi nel
romanzo “Le mani su Parigi”, un
accumularsi di omicidi per spianare la strada di Bornand. A volte condotti
in maniera elegante e silenziosa, a volte in maniera cruenta. E forse
quest’uomo che approfitta della sua posizione pubblica se la caverebbe, se non
venisse incastrato nella vita privata. Un
finale eccellente che soddisferà le donne che leggono il romanzo, una
rivincita sopraffina sul prevalere dei corpi in vendita, tette nude e tutto il
resto. Con uno stile prettamente
“Manotti”- secco, brusco, veloce. Uno stile unisex, vorremmo dire,
intendendo che, aprendo una pagina a caso, è impossibile distinguere se sia
opera di uno scrittore o di una scrittrice. E questo ci piace.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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