Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
il libro ritrovato
Gabriela Adameşteanu,
“L’incontro”
Ed.
Nottetempo, trad. Roberto Merlo, pagg. 348, Euro 18,00
Titolo originale: Întâlnirea
“Colombino?! E questo sarebbe un colombo?
Guarda com’è ridotto! Trascina le ali nella ghiaia!! Non è neppure più capace
di volare, grasso e impacciato com’è! Mi ricorda le persone Dall’altra
parte, anche se la loro cattività è
infinitamente meno piacevole. Pochi sono rimasti, almeno in parte, liberi!....”
E’ una delle immagini che più restano in
mente, nella lettura dell’Odissea di Omero: Ulisse che approda a Itaca, dopo i
dieci lunghi anni della guerra di Troia a cui si sono aggiunti quelli del
viaggio di ritorno con le peripezie che sembrano prove di valore a cui l’eroe
si deve sottoporre, e nessuno lo
riconosce tranne il cane Argo.
Nei suoi
sogni Traian Manu, il protagonista
del romanzo “L’incontro” della scrittrice rumena Gabriela Adameşteanu, ritorna
a Bucarest che ha lasciato da giovane e neppure
sua madre lo riconosce. Nella realtà, quando Traian è circondato da una folla
di persone che sono venute ad attenderlo all’aeroporto di Otopeni, è lui a non riconoscere nessuno di quei
volti che si accalcano, reclamando la sua attenzione. Tutte quelle persone,
che pretendono di essere cugini, parenti, vicini di casa, sono veramente quello
che dicono di essere o è una finta
gigantesca, una sorta di commedia (o
tragedia?) messa in scena dagli agenti della Securitate? Perché è il mese
di agosto del 1986, tre anni prima della caduta di Ceauşescu, e Traian Manu,
insigne studioso e direttore dell’Istituto Europeo per la Ricerca sull’Ambiente
Mediterraneo a Napoli, è un fuoriuscito
che nel 1947 si è rifiutato di tornare in patria, motivo per cui gli è stata
tolta la cittadinanza rumena. E’ tornato solo ora, perché è stato invitato per
tenere una conferenza.
E’
un libro molto bello, quello di Gabriela Adameşteanu, come sanno esserlo i
romanzi che, nel narrare la storia di un uomo, coinvolgono anche tutti noi
lettori, parlandoci di esperienze universali. Come fanno i miti, per l’appunto.
Quello di Ulisse sottende tutta la vicenda di Traian Manu, l’esule per sempre in esilio, sia in terra straniera sia in patria,
straniero ovunque, nel paese in cui vive ormai da più anni di quanti ne
abbia vissuto in Romania e straniero in quello dove è nato, ma che non
riconosce più e che non gli dice più nulla se non nella lingua della nostalgia.
La storia di Traian Manu è la storia di due
viaggi, dunque: uno che lo porta ‘fuori’ del suo paese, ed è anche il viaggio
di conoscenza di Ulisse; l’altro che lo riporta ‘dentro’ i confini della
patria. Uno che lo porta ‘dall’altra
parte’- ed è questa un’espressione spesso ripetuta, a volte sussurrata, da
quelli che sono rimasti in Romania, colma di aspettative, sogni, ma anche
paure: nella Romania di Ceauşescu non è
permesso parlare ‘dell’altra parte’, non è neppure permesso avere dei
conoscenti e tantomeno dei parenti ‘dall’altra parte’. E poi, con un effetto
straniante, quel ‘dall’altra parte’ viene a confondersi con quello che in
genere chiamiamo ‘l’aldilà’, e per
Traian ritornato ‘a casa’ è l’intero suo
paese a sembrare il regno dell’Ade, in cui si addentra come un Ulisse
intimorito dalle ombre che vede ovunque. La Romania è diventato un paese di morti in vita,
di figure grigie che bisbigliano e scivolano via. Di nuovo in Italia, quando
gli chiederanno quale differenza lo abbia più colpito tra i due paesi, Traian
non esita: la mancanza di colori. Non sono solo gli abiti informi e neutri a
non avere colore in Romania. Sono le facce, gli sguardi, il paese intero. E’ la
vita stessa che ha perso colore in Romania.
La narrativa di Traian è quella principale
nel romanzo, ma è affiancata da altre quattro narrative, ognuna una voce
intrigante perché diversa. La storia di
Christa, la moglie tedesca di Traian, serve a bilanciare quella del marito:
Christa ha vissuto sotto il nazismo, suo padre è stato penalizzato per la sua
opposizione a Hitler (e c’è un esplicito parallelo tra il Führer e il
Condottiero Ceauşescu), sua madre e sua sorella sono morte in un bombardamento-
anche lei ha il suo passato di sofferenza.
Poi c’è Daniel, il giovane rumeno che, se la vita fosse stata diversa,
sarebbe potuto essere nipote di Traian e che è, tuttavia, l’alter ego di Traian: “io ero lui che non era partito, ero lui che
sarebbe tornato”, una sorta di Stephen Dedalus nella più celebre
riinterpretazione del mito di Ulisse.
Daniel
è anche lo sguardo veritiero su quello che sta succedendo intorno all’ingenuo
Candide che non si accorge di nulla durante il viaggio di rientro in Romania,
né della stretta sorveglianza, né della finzione di quello che lui pensa essere
un suo amico e neppure sospetta alcunché del presunto cugino Victor, così
servizievole, sempre accanto a lui. Daniel parla di tutti questi come di un
branco di spioni e di maneggioni. Sono tutti
al servizio della Securitate- quarta narrativa del romanzo in cui vanno
inclusi sia i testi dattiloscritti del dossier su Traian Manu sia gli scambi di parole degli stessi agenti,
personaggi rozzi e volgari che si esprimono in una misera lingua che li
rispecchia.
Il
coro, infine. Non monovocale ma splendidamente differenziato- tante voci che si rincorrono, si
accavallano, alzando e abbassando il tono, affermando, negando, avanzando le
ipotesi più strampalate su Traian e sulla sua vita, su quello che era e su
quello che è diventato, dicendo qualcosa e subito dopo il suo opposto. Come fa
la voce del popolo che ama spettegolare e cambia versione di bocca in bocca.
Questo libro dolorosamente ironico e anche molto sofferto offre poi,
naturalmente, un’ulteriore percorso di lettura seguendo i personaggi
dell’Odissea. Li ritroviamo in gran parte: oltre a Traian/Ulisse c’è Ana
Maria/Penelope (è morta da poco la ragazza amata un tempo da Traian), ci sono
ben due Cassandre, c’è Telemaco/Daniel, a ben vedere ci sono anche i Proci in
versione studentesca. E, lungo tutto il percorso del ritorno, le citazioni del
poema omerico, così perfettamente adeguate al presente, che Traian fa in greco
e che noi leggiamo nella traduzione moderna di Rosa Calzecchi Onesti.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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