biografia romanzata
FRESCO DI LETTURA
Georgina Howell, “La
regina del deserto”
Ed.
Neri Pozza, trad. Alessandro Zabini, pagg. 597, euro 18,00
Se dobbiamo al cinema l’aver riscoperto
la figura straordinaria di Gertrude Bell,
evviva il cinema! Se dobbiamo all’attrice Nicole Kidman l’aver risvegliato
l’interesse per la regina del deserto, ebbene, evviva Nicole Kidman! Perché
Gertrude Bell, nata in Inghilterra nel 1868 e morta a Baghdad nel 1926,
archeologa, scrittrice, agente segreta britannica, ebbe un ruolo importante,
più importante di quello che in genere si attribuisce a T.E.Lawrence, nel
sostenere la rivolta araba durante la prima guerra mondiale e non solo mappò
vaste zone dell’Arabia ma anche tracciò i confini e si prodigò per la creazione del moderno stato dell’Iraq.
Gli arabi la chiamavano Khatun,
regina. Gertrude Bell si meritava questo titolo. Parlava l’arabo benissimo, conosceva gli usi e la cultura delle
varie tribù, si presentava in visita come una pari degli imponenti sceicchi,
senza lasciarsi intimidire.
Portava in dono canocchiali e pezzi di seta, si
vestiva con abiti di pizzo ed esibiva gioielli, appariva sicura e ferma. Valeva quanto gli uomini che aveva davanti.
Poi si faceva anche confezionare gonne pantaloni per poter cavalcare
comodamente e affrontare i lunghissimi viaggi nel deserto e ad una cosa non
rinunciava mai: la sua vasca da bagno di tela. Ma portava pure con sé posateria
d’argento e servizi di porcellana: tutto faceva parte dello stile con cui si
imponeva all’attenzione Aveva capito che la
scenografia della sua comparsa era determinante nell’opinione che si
sarebbero fatta di lei. Eppure tutto ciò non sarebbe valso nulla se non ci
fosse stata la sua intelligenza, il suo
acume, i suoi studi, la sua capacità organizzativa, il suo carisma.
Come era arrivata in Oriente, Gertrude
Bell? Proveniente da una famiglia agiata del Nord dell’Inghilterra, orfana di
madre, Gertrude aveva trovato nel padre (e poi anche nella matrigna) appoggio e comprensione. In un’epoca in cui
erano poche le donne che studiavano, Gertrude si laureò in Storia a Oxford.
Iniziò poi una fase della sua vita in cui la sua grande passione fu l’alpinismo.
Era la sfida che piaceva a Gertrude. Il mettersi alla prova, cimentarsi
con qualcosa di grandioso. Prima le vette,
poi il deserto. Il deserto la affascinava, come la affascinava il senso di
libertà totale che le comunicavano i beduini. Gertrude non era una viaggiatrice
superficiale. Era una studiosa che lasciò un’imponente
opera scritta sulle rovine- e non solo- del Medio Oriente (fu nominata
direttrice onoraria delle antichità per l’Iraq). Diventò un’esperta di
politica, capace di trattare con i potenti al loro livello. Era una donna
attiva: allo scoppio della prima guerra mondiale servì nelle file della Croce Rossa, organizzando un ospedale e
aprendo un ufficio per la ricerca dei feriti e dispersi.
Se c’è una falla nella vita straordinaria
di questa donna straordinaria che sembrava reggere ogni fardello con la pura
forza di volontà, fu nella sua vita privata. Nella mancanza di una vita privata. Ruppe il primo fidanzamento per
volere della famiglia, poi trovò il
grande amore in un uomo sposato che morì nella battaglia di Gallipoli.
Anche se fosse vissuto, lui avrebbe lasciato la moglie per lei? e lei sarebbe
stata capace di vincere il blocco che le impediva di cedergli? Fu molto amica
di re Faysal d’Iraq di cui di certo subì il fascino, si innamorò del
consigliere di questi che, però, di quindici anni più giovane, prese le
distanze da lei. Gertrude offrirebbe un caso interessante agli psicologi: una
donna così affascinante, così ricca di sé, che colmava un vuoto d’amore con
grandi imprese?
E’ impossibile riassumere la vita di
Getrude Bell, si deve leggere il libro che la giornalista e scrittrice Georgina
Howell le dedica, ricco di riferimenti ai diari e alle lettere della stessa
Gertrude. E’ un libro illuminante, non è
solo il ritratto di una donna eccezionale ma anche un trattato di storia di
una parte del mondo in cui ora siamo più interessati che mai.
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