Voci da mondi diversi. Asia
cento sfumature di giallo
FRESCO DI LETTURA
Kim
Young-Ha, “Memorie di un assassino”
Ed. Metropoli d’Asia, Trad. Andrea De
Benedittis, pagg. 94, Euro 8,50
Un uomo anziano che mostra i
primi segnali di Alzheimer e se ne rende conto. La memoria a breve termine
gli sfugge, però ha ancora vivi i ricordi del suo passato di serial killer in un tempo in cui si sapeva ancora
poco dei disturbi compulsivi di un assassino seriale. Il suo ultimo delitto
risale a venticinque anni prima, dietro la sua casa c’è un boschetto di bambù che si nutre delle ossa dei morti, la polizia
non è mai riuscita a trovare il colpevole per la scomparsa di tutte le persone
che lui ha ucciso: il vecchio si crede onnipotente, intoccabile, più intelligente
di tutti.
In realtà è un uomo intelligente e colto, questo vecchio assassino. Fino a che punto, ora, la malattia che
avanza mette a rischio la sua impunità? E’ vero che ormai i suoi delitti
sono caduti in prescrizione ed ogni tanto è tentato di vantarsi, di far sapere
quanto sia stato bravo a non farsi mai scoprire. Soprattutto, il vecchio è
ossessionato dall’idea dell’omicidio, vede
ovunque possibili assassini, crede di riconoscere se stesso negli altri.
Così quando tampona una grossa auto e il guidatore non vuole sporgere reclamo,
il vecchio è certo di aver visto del sangue gocciolare dal bagagliaio- ecco
perché all’altro conviene non fare questioni. Si dà il caso che questa stessa
persona inizi a corteggiare la figlia del vecchio, anzi, i due si fidanzano
proprio, nonostante lui metta in guardia la figlia Umhui: pare che ci sia un
serial killer che si aggira nel loro quartiere cercando delle vittime donne, il
vecchio è sicuro che si tratti del fidanzato di Umhui e pensa di denunciarlo
alla polizia.
Qual è il limite tra realtà e
distorsione mentale causata dall’Alzheimer in quello che ci racconta
quest’uomo? Realtà è certamente quasi tutto quello che ci dice sul suo passato
di assassino, poi qualcosa pare essere stonato e noi incominciamo a dubitare di lui e di quello che ci dice. Umhui non è veramente sua figlia, è stata
adottata. Come? Perché? E poi, Umhui è proprio sua figlia? O un’assistente,
un’infermiera? Se il vecchio pensava di avere un cane e poi risulta che non è
vero, questa figlia esiste o no? Ad un certo punto Umhui scompare: è il
fidanzato ad averla uccisa, come sostiene il vecchio?
Si legge velocemente il nuovo breve romanzo dello scrittore coreano Young
Ha. La sua rappresentazione del vecchio assassino ammalato di Alzheimer ci
convince solo fino ad un certo punto, così come ci sono parse un poco
superficiali e affrettate le spiegazioni vanagloriose dell’omicida alla ricerca
della perfezione nel delitto. Quello che di più ci è piaciuto, piuttosto, è il gusto del paradosso, l’atmosfera macabra che sfiora il
grottesco, il reale che piomba nell’incubo di un brutto sogno, la
sospensione tra- vero? falso? un gioco della memoria?-, l’ambiguità continua della situazione.
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