mercoledì 2 dicembre 2015

Kim Young-Ha, “Memorie di un assassino” ed. 2015

                                                             Voci da mondi diversi. Asia
      cento sfumature di giallo
      FRESCO DI LETTURA


Kim Young-Ha, “Memorie di un assassino”
Ed. Metropoli d’Asia, Trad. Andrea De Benedittis, pagg. 94, Euro 8,50



     Un uomo anziano che mostra i primi segnali di Alzheimer e se ne rende conto. La memoria a breve termine gli sfugge, però ha ancora vivi i ricordi del suo passato di serial killer in un tempo in cui si sapeva ancora poco dei disturbi compulsivi di un assassino seriale. Il suo ultimo delitto risale a venticinque anni prima, dietro la sua casa c’è un boschetto di bambù che si nutre delle ossa dei morti, la polizia non è mai riuscita a trovare il colpevole per la scomparsa di tutte le persone che lui ha ucciso: il vecchio si crede onnipotente, intoccabile, più intelligente di tutti.
      In realtà è un uomo intelligente e colto, questo vecchio assassino. Fino a che punto, ora, la malattia che avanza mette a rischio la sua impunità? E’ vero che ormai i suoi delitti sono caduti in prescrizione ed ogni tanto è tentato di vantarsi, di far sapere quanto sia stato bravo a non farsi mai scoprire. Soprattutto, il vecchio è ossessionato dall’idea dell’omicidio, vede ovunque possibili assassini, crede di riconoscere se stesso negli altri. Così quando tampona una grossa auto e il guidatore non vuole sporgere reclamo, il vecchio è certo di aver visto del sangue gocciolare dal bagagliaio- ecco perché all’altro conviene non fare questioni. Si dà il caso che questa stessa persona inizi a corteggiare la figlia del vecchio, anzi, i due si fidanzano proprio, nonostante lui metta in guardia la figlia Umhui: pare che ci sia un serial killer che si aggira nel loro quartiere cercando delle vittime donne, il vecchio è sicuro che si tratti del fidanzato di Umhui e pensa di denunciarlo alla polizia.

       Qual è il limite tra realtà e distorsione mentale causata dall’Alzheimer in quello che ci racconta quest’uomo? Realtà è certamente quasi tutto quello che ci dice sul suo passato di assassino, poi qualcosa pare essere stonato e noi incominciamo a dubitare di lui e di quello che ci dice. Umhui non è veramente sua figlia, è stata adottata. Come? Perché? E poi, Umhui è proprio sua figlia? O un’assistente, un’infermiera? Se il vecchio pensava di avere un cane e poi risulta che non è vero, questa figlia esiste o no? Ad un certo punto Umhui scompare: è il fidanzato ad averla uccisa, come sostiene il vecchio?

      Si legge velocemente il nuovo breve romanzo dello scrittore coreano Young Ha. La sua rappresentazione del vecchio assassino ammalato di Alzheimer ci convince solo fino ad un certo punto, così come ci sono parse un poco superficiali e affrettate le spiegazioni vanagloriose dell’omicida alla ricerca della perfezione nel delitto. Quello che di più ci è piaciuto, piuttosto, è il gusto del paradosso, l’atmosfera macabra che sfiora il grottesco, il reale che piomba nell’incubo di un brutto sogno, la sospensione tra- vero? falso? un gioco della memoria?-, l’ambiguità continua della situazione.



       

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