Voci da mondi diversi. Medio Oriente
il libro ritrovato
Shifra Horn, “La più bella tra le donne”
Ed. Fazi, pagg. 372, L.30.000
Quando Rosa era nata, suo padre era stato assassinato una settimana prima, da una
fanatico arabo. Rosa era cresciuta con la mamma e lo zio Yosef. Era stata la bambina più bella di Gerusalemme,
con quei boccoli d’oro e gli occhi azzurri. Si era sposata a quattordici anni
con lo zio, perché lui l’aveva messa incinta, e avevano avuto sette figli in
quindici anni di matrimonio. Lei era felice, appagata, avrebbe voluto che i
bambini non crescessero mai. Ma erano diventati grandi e Rosa era già nonna
quando aveva avuto un’altra bambina,
Malak. Da quel momento tutto era cambiato: Malak, come per realizzare quel
suo vecchio desiderio, sarebbe sempre rimasta come una bimba di due anni; Yosef
si era allontanato da lei per morire poi di demenza senile, e quella che era
stata la donna più bella di Gerusalemme era diventata la donna più grassa d’Israele.
Lei era felice lo stesso, perché
grasso è bello, è come essere tante donne insieme. Si sposa una seconda volta,
con l’uomo che era stato il suo primo amore da bambina, e ne causa la morte
schiacciandolo con il suo peso. Il terzo marito è un pittore e Rosa diventa
l’unico soggetto dei suoi quadri. Morirà pazzo, perché Rosa non riesce a
tirarlo fuori dagli incubi dei ricordi, impressi a fuoco dentro di lui come i
numeri azzurri del campo di concentramento sul suo braccio. In questo secondo
libro della scrittrice israeliana Shifra Horn (l’anno scorso è stato pubblicato
“Quattro madri”) ritroviamo lo stile del realismo
magico, questa sua capacità di raccontare rendendo tutto perfettamente
credibile, ma aggiungendo qualcosa in più che non tutti sono capaci di vedere,
un poco come trovarsi davanti ad un quadro di Chagall. E però, in questo
romanzo, c’è una maturazione nello stile della Horn. E’ come se, mentre si
addensano le ombre nella vita di Rosa, fino al dramma della morte della bimba, la realtà apparisse ormai in bianco e nero,
senza il luccichio della polvere di stelle che la illuminava. La bimba che
aveva un nome che vuol dire “angelo” ha solo due piccole gobbe e non due ali
sulle spalle: pensava di volare ed è caduta dalla finestra, per afferrare i
fiocchi di neve. E’ per questo forse che Rosa
scompare. Non c’è posto per lei in
questa realtà. Forse ha seguito la quarta farfalla del gioco che faceva da
bambina, quella che significava un quarto marito. Chissà.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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