Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
il libro dimenticato
FRESCO DI LETTURA
Cristina
Rava, “Cappon magro per il commissario”
Ed. Frilli, pagg. 268, Euro 11,50
Si diventa
giallo-dipendenti: ecco un altro romanzo di Cristina Rava con il commissario Rebaudengo come
protagonista. L’Ardelia che abbiamo conosciuto negli ultimi libri editi da
Garzanti è una presenza collaterale in queste indagini precedenti, in “Cappon
magro per il Commissario” è poco più che la compagna di Bartolomeo Rebaudengo,
il medico legale che è anche un’ottima cuoca disposta a lavorare in cucina
un’intera giornata per preparare il famoso piatto ligure, il Cappon magro, per
l’appunto. E’ una sorta di prova d’amore per il suo uomo- è sempre stato così,
secondo la tradizione, il piatto per accogliere i mariti marinai al loro
rientro, che non ha niente a che fare con il cappone, non ci si lasci trarre in
inganno dal nome.
Perché mai Ardelia deve
darsi da fare per dimostrare il suo amore per Bartolomeo? La vicenda privata
del commissario è forse ancora più interessante della trama gialla che si
riduce ad un mystery in piena regola su chi
mai abbia ucciso la vecchia Ildebranda Peluffo soffocandola nel suo letto
con un cuscino- l’aria serena dell’anziana signora e il perfetto ordine della
stanza farebbero pensare ad una morte naturale, come sarebbe giusto per una
persona di quell’età. E invece…Ildebranda Peluffo aveva una badante, un’ucraina di una quarantina d’anni, una bella donna
dall’aspetto distinto (sapremo che ha una laurea in chimica e che aveva un
lavoro qualificato in una fabbrica al suo paese) su cui si appuntano i
sospetti, più per pregiudizio che per altro. Badante, ucraina, soldi (perché
Ildebranda Peluffo era veramente molto ricca), sarebbe la soluzione più ovvia.
Anche perché, o è stata lei, o è entrato qualcuno in casa: gli ha aperto la
vecchia? Aveva un doppione delle chiavi? E l’allarme? E possibile che la
badante Svitlana non abbia sentito nulla?
All’enigma sull’identità
dell’assassino si aggiunge presto un
altro interrogativo di altro genere: cederà all’attrazione che prova verso
gli occhi blu che lo hanno incantato, il nostro commissario piemontese tutto
d’un pezzo?
Cristina Rava non scrive romanzetti rosa e quello che piace, in
questa seconda trama strettamente intrecciata alla prima, è l’attenzione nei confronti dell’immigrata
Svitlana. La Liguria è una terra avara, le possibilità di lavoro non sono
molte, i giovani se ne vanno, arrivano ‘gli altri’, dall’Africa, dall’Europa
dell’Est, fanno i lavori che nessuno vuole più fare, circondati da un’aria di
diffidenza, a volte di disprezzo, spesso di malanimo. In “Un mare di silenzio”
Ardelia Spinola incontrava degli algerini coinvolti in una inchiesta e, con
profonda empatia e umanità, ce ne mostrava il lato nascosto, il dolore del
distacco e della perdita. Qui è Svitlana
a raccontarci che cosa ha lasciato dietro di sé, la fiducia nel Soviet che
si è sgretolata, le menzogne e i silenzi intorno a Chernobyl, la tragedia
vissuta in prima persona con la morte del fratello mandato sul posto con i
soccorsi. E il dover emigrare per cercare lavoro, l’estraniamento dalla figlia
che cresce lontana e dal marito. Quella che dovrebbe essere una figura
secondaria acquista una sua personalità ben precisa- e ora capiamo il pericolo
che corre Ardelia e tutte le sue allusioni velenose nel romanzo seguente, “Come
i tulipani gialli”, che ho letto prima di questo.
Non sono soltanto
Ardelia e Rebaudengo i personaggi che ritornano come protagonisti nella serie
di Cristina Rava. Non dimentichiamoci dei gatti-
importantissimi. Oltre a Baciccia (il gatto di Ardelia) fa sempre la sua
comparsa il gatto di turno di una qualche altra nuova conoscenza- era il Dybbuk
dello zio Gabriel in “Come i tulipani gialli”, qui è una splendida gatta
siberiana che di nome fa…Svetlana!
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