Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Joseph Finder, "Paranoia"
Ed. Rizzoli, pagg. 538, Euro 18,00
Joseph Finder ha indovinato la
formula vincente per il suo romanzo “Paranoia”: un inizio travolgente, un personaggio estremamente accattivante, un
ritmo serratissimo e mozzafiato per una trama di spionaggio informatico. La
storia incomincia con uno scherzo un po’ pesante che ha qualcosa di goliardico
nella sua incosciente leggerezza: il ventiseienne Adam Cassidy, impiegato della
Wyatt Telecom, organizza un party favoloso per il pensionamento di un operaio- una
riuscita impresa da hacker a spese dell’azienda assolutamente ignara. Non può
andargli liscia, naturalmente, ma gli viene offerta una via di salvezza: invece
dei presumibili cinquantacinque anni di carcere più il risarcimento dei
settantottomila dollari del festino, dovrà farsi assumere dalla corporazione
rivale, la Trion ,
sfruttare la sua abilità informatica per passare alla Wyatt tutte le
informazioni che possano esserle di vantaggio e infine sottrarre alla Trion la
formula di una novità elettronica che stanno preparando, un segretissimo
programma Aurora. La vita di Adam Cassidy ha un’impennata: nel giro di
brevissimo tempo, grazie alle lezioni intensive fornitegli dalla Wyatt, si
mette in vista nella nuova azienda, entra nelle grazie di Jock Goddard,
l’amministratore delegato in persona, ha un aumento vertiginoso di stipendio,
veste Ermenegildo Zegna, si trasferisce dalla sua “topaia” in un appartamento
di centottanta metri quadri, cambia l’Audi con una Porsche. D’altra parte non
sa più che cosa voglia dire una notte di sonno, resta in ufficio fino a tardi e
arriva al lavoro alle 5,30 del mattino per entrare nel sistema informatico
della Trion, inserire keyghost nei computer di colleghi di lavoro, fotocopiare
documenti segreti. E rischia l’infarto parecchie volte quando è a un soffio
dall’essere beccato. Ha delle risorse incredibili, Adam Cassidy, nel senso che
sono straordinarie e sfiorano pure la credibilità, una faccia tosta
eccezionale, la capacità di improvvisare bugie e di recitare nei ruoli più
diversi, inventandosi mansioni e nomi secondo la necessità. E un fortissimo
senso dell’umorismo. In un mondo che si divide tra perdenti e vincenti, la
figura patetica del padre ammalato di Adam, che potrebbe sembrare superflua, ha
la sua funzione per giustificare in qualche modo l’ambizione del figlio e anche
la vulnerabilità di un personaggio che è la versione moderna dell’affascinante
imbroglione. Solo che Adam non sa fino a che punto ci si possa spingere per
essere un vincente ad ogni costo e che ognuno, in questo mondo, recita una
parte. Finale a sorpresa, come fuochi d’artificio. Stilos ha incontrato Joseph
Finder a Courmayeur, nelle giornate dedicate al Noir in Festival.
La cospirazione e la politica sono sempre entrate nei suoi libri, vero?
Sì, il primo libro che ho
scritto non era un romanzo ma un’inchiesta giornalistica. Indagavo sulla
connessione con il Cremlino della Occidental Petroleum, una grossa compagnia
americana diretta dal dottor Armand Hammer.
Più scavavo nella storia, più
trovavo dei collegamenti nascosti. Quando ho ottenuto un’intervista con il
dottor Hammer, alla prima domanda diretta che gli ho fatto circa il suo
coinvolgimento, lui si è alzato e ha interrotto l’intervista. Sono andato a
Mosca, dove ho incontrato il figlio di Hammer, che praticamente veniva tenuto
là come ostaggio. Io ero a Mosca in veste di turista, fui fermato e, quando
dissi che ero un giornalista che raccoglieva dati per un’inchiesta, mi fu detto
che Mosca non credeva in questo tipo di giornalismo e dovetti andarmene. Alla
fine il dottor Hammer comprò tutte le copie del mio libro, per toglierlo di
mezzo- un enorme successo di vendita. Allora ho trasformato quel materiale nel
mio primo romanzo, “Moscow Club”.
“Paranoia”, un titolo che
colpisce: che idea voleva comunicare con questo titolo?
I suoi precedenti romanzi erano romanzi di spionaggio internazionale:
come mai il passaggio al romanzo di spionaggio informatico?
Anche questo romanzo è iniziato come una
vera e propria storia di spionaggio. Un mio amico che lavora alla CIA mi disse
che oggi c’è più spionaggio in atto tra le corporazioni di quello che ci sia
mai stato tra le nazioni durante la Guerra
Fredda. Non ne avevo la minima idea. Io volevo scrivere una
storia su persone vere, con una vera storia famigliare alle spalle, con una
vita sociale, persone che puoi conoscere o incontrare, e pensavo che fosse
anche uno sviluppo necessario per me come scrittore, un romanzo con gente vera,
piuttosto che supereroi.
Ha sempre avuto un interesse per la tecnologia?
Penso di sì, e siamo
tutti coinvolti in questo interesse perché non abbiamo scelta che entrare nel
mondo della tecnologia, è questo mondo stesso che entra nella nostra vita, non
possiamo evitarlo. Amo la tecnologia, ecco perché ho scritto un romanzo
ambientato nel mondo dell’elettronica di consumo- le compagnie per cui lavora
Adam producono cellulari, blackberries, palmari…
Come ha raccolto tutte le informazioni per scrivere il libro? E per
usare il linguaggio tecnico giusto?
Ogni mio libro è basato
su molte ricerche. Come scrittore mi piace entrare in un mondo e scoprirlo e
farlo scoprire ai lettori. Ho scritto libri ambientati a Mosca, libri che hanno
a che fare con l’FBI e la CIA ,
e in questo romanzo volevo scrivere una storia ambientata in una corporazione.
Era fuori dalla mia esperienza, ho sempre insegnato scrittura creativa
all’università, non ho mai lavorato in una corporazione, così un amico mi ha
portato in una compagnia nella Silicon Valley, in California, ed è stato come
entrare in un altro mondo. Parlavano un’altra lingua, io ero affascinato, ma
questo è il mondo degli affari in cui lavora l’80% degli americani. Mi sentivo
come un antropologo alle isole Fiji- ho parlato con la gente che ha inventato
l’ipod e mi hanno spiegato i dettagli. Sentivo che solo se capivo io, potevo
far capire ai lettori.
Uno degli strumenti più affascinanti usati da Adam è il keyghost: ci
sono delle leggi che ne limitano l’uso?
Sì, sono illegali ma
vengono usati. Quando ho scritto il libro, non sono riuscito a trovare molte
informazioni, ma adesso i keyghost sono venduti su Internet. Le leggi sono
diverse nei diversi paesi per quello che riguarda fino a che punto le compagnie
possano spiare i loro impiegati. I datori di lavoro hanno il diritto di
ascoltare le telefonate, leggere le e-mail degli impiegati. Una compagnia ha il
diritto di usare il keyghost, Adam lo fa infrangendo la legge.
gli interpreti del film "Paranoia" |
La mia storia voleva
essere- e mi scuso per il paragone- qualcosa come quella di Faust. C’è una
persona come Adam che ha un dono e ha il sogno di diventare ricco, potente,
rispettato, ma questo dono contiene una trappola. Volevo un personaggio
alienato, cinico, sarcastico e metterlo in un mondo in cui quelli che gli sono
intorno sono più cinici di lui. Un personaggio con il senso dell’humour,
accattivante, che dovesse passare attraverso una trasformazione morale senza
essere troppo penalizzato. Nel mondo degli affari ho incontrato parecchie
persone come Adam, tipi che non prendono le cose seriamente, a cui non
interessa molto quello che fanno. Penso che Adam sia ad un punto della sua vita in cui non sa
che fare di essa. E’ anche un po’ anarchico, se vogliamo, anche se dentro è una
brava persona, come vediamo dal suo comportamento con il padre.
La natura del suo rapporto con il padre, però, è piuttosto ambigua, non
è facile spiegare il suo attaccamento per un padre che non sembra averlo mai
trattato bene.
Volevo che vedessimo in
Adam una profondità, delle emozioni che non sospettavamo. Qualcuno che si
prende cura così di suo padre ha un lato vulnerabile, era qualcosa che rendeva
Adam più umano, più accessibile. E’ come se Adam avesse bisogno di questo padre
anche se un altro lo avrebbe mandato all’inferno.
Il mondo che lei rappresenta fa paura: le persone sembrano pensare solo
alla carriera e a fare soldi.
E’ anche un mondo in cui la scorrettezza viene fatta passare come la
norma.
Di nuovo, questa non è
una fotografia, non rappresenta tanto la realtà, è intesa come un’esagerazione
divertente. E’ una specie di anticliché. Lottavo contro il clichè per cui
l’eroe scopre una morale, alla fine le cose non sono come il lettore si
aspetta. La mia intenzione era di offrire un dramma e un divertimento.
recensione e intervista sono state pubblicate sulla rivista Stilos
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