vento del Nord
la Storia nel romanzo
Il tempo dei libri non finisce mai, anche
se è terminato il Tempo di Libri, come è stato poeticamente chiamato il salone
dei libri di Milano, ed incontro Kjell Westö (autore di “Miraggio 1938”, ed. Iperborea) in una sua
breve sosta prima di partecipare all’evento di Chiassoletteraria.
Nel suo romanzo c’erano due cose di cui non sapevo nulla e di cui mi
piacerebbe sapere di più: i giochi del 1938 durante i quali al vincitore dei
100 metri non venne riconosciuto il premio perché era ebreo e i campi di
detenzione in Finlandia dopo la prima guerra mondiale. L’ingiustizia dei giochi
venne dimenticata, o rimossa, da tutti? e quando se ne parlò nuovamente? Come ne
è venuto a conoscenza?
L’ingiustizia fu
immediatamente dimenticata perché era successa a distanza così ravvicinata alla
seconda guerra mondiale e, con tutto il caos tragico che seguì per sei anni,
non fu l’unica cosa ad essere messa nel dimenticatoio. Poi, negli anni ‘60, ci
furono degli articoli sui giornali- un tentativo di ritirarla fuori. Usciva un
articolo, ma poi, di nuovo, sembrava che nessuno se ne ricordasse. Un amico mi
mandò dei ritagli di giornale e fu allora che ho pensato di usare questo fatto
nel romanzo che già stavo scrivendo perché era un simbolo. La metafora di
questa atrocità è che mostra quanto sia vulnerabile quello che c’è di buono
nella nostra società, quello che diamo per scontato in tempo di pace e che
invece diventa fragile nei momenti bui. Un avvenimento del genere- una vittoria
davanti a migliaia di persone e poi ti viene negata e nessuno protesta, nessuno
dice niente- mostra quanto siamo vulnerabili.
I campi: chi fu internato nei campi? Soltanto comunisti? sospetti simpatizzanti?
parenti di comunisti? Non so quale fosse la definizione che Lei ha usato in
lingua originale, in italiano sono chiamati ‘campi di affamamento’. Che significa?
Gli internati svolgevano lavori forzati e non erano nutriti a sufficienza?
Come nel libro “La scelta di Sophie” di William Styron in cui la
protagonista polacca finisce in un campo di concentramento con i suoi bambini
perché sorpresa con del prosciutto che era andata a comprare in campagna?
Proprio così e in effetti
forse avevo nel mio subconscio quel libro in mente- leggo tanto- quando ne
scrivevo. La parola ‘campi di affamamento’ è mia e no, non avevano l’intenzione
di farli morire di fame, ma i capi dei campi sapevano che non c’era abbastanza
da mangiare. Non erano campi della morte e neppure campi di lavoro forzato.
Semplicemente i prigionieri diventavano sempre più deboli per mancanza di cibo.
E poi, che cosa avvenne? Quando furono chiusi i campi?
I funzionari più in alto del partito
vincente misero fine a questa atrocità a poco a poco, verso la fine del 1918. A
giugno si fermarono tutte le esecuzioni arbitrarie, poi, nell’estate del 1918,
quando le autorità osservarono che la gente moriva, iniziarono a mandare a casa
i prigionieri. Nel 1920-21 c’erano ancora prigionieri Rossi ma erano rinchiusi
in prigioni normali. Quella della Finlandia è una storia crudele, con la guerra
civile e guerre contro altre nazioni. C’è una tradizione pragmatica in
Finlandia: dopo la guerra civile, nel 1920-21 venne concessa un’amnistia ai
prigionieri anche se molti di loro non riebbero per anni i diritti civili e
neppure il passaporto. Però l’idea era di dimenticare e di pensare a costruire
la nazione: avevamo appena conquistato l’indipendenza dalla Russia e c’era
molto da fare.
Nel romanzo si parla di finlandesi di lingua svedese e, se non sbaglio,
Lei è un finlandese di lingua svedese. C’è una vasta comunità di finlandesi che
non hanno il finlandese come lingua madre? E sono perfettamente assimilati o
sono una comunità a parte?
I finlandesi di lingua svedese sono
300.000. La famiglia di mio padre è in Finlandia dal secolo XVI. I finlandesi
di lingua svedese sono una minoranza molto antica e molto potente- la Finlandia
fece parte della Svezia dal 1300 al 1809. Molti pensano che i membri della
comunità di madre lingua svedese siano discendenti da una classe sociale
elevata, ma non è così. Siamo assimilati? Sì e no. Io scrivo anche in
finlandese ma sulla costa occidentale della Finlandia ci sono finlandesi di
lingua svedese che parlano solo svedese: si può scegliere che identità avere e
abbiamo anche un doppio sistema di scuola.
Il suo romanzo sembra essere un romanzo sul tradimento. Tradimento ad
ogni livello, tradimento personale tra amici e amanti, tradimento di ideali,
tradimento politico. La Finlandia, come paese, si è sentita tradita dai paesi
vicini, durante la seconda guerra mondiale?
Buona domanda. Sì, è parte dell’immagine
che i finlandesi hanno di se stessi. In ogni nazione ci sono miti che possono
essere veri o no: noi ci siamo sentiti soli nel 1939. La posizione della
Finlandia non è complicata come quella della Polonia, però è schiacciata fra la
Svezia, che un tempo era una grande potenza, la Russia e la Germania. Oggi lo è
solo tra la Russia e la Germania perché la Svezia non è più una grande potenza,
hanno solo più successo di noi.
Il personaggio che ho amato di più è stato Claes Thune per la sua
dirittura e la sua integrità. Che cosa ha contribuito alla creazione di Claes
Thune?
La risposta è ovvia: i miei
ideali e le mie debolezze sono andate in Claes Thune. Io sono uno romanziere
realista-psicologo e metto sempre qualcosa di me nei personaggi dei miei
romanzi. In Claes ho messo il mio liberalismo e le mie idee di giustizia
sociale. Claes non è un uomo di azione, è difficile mantenere questi ideali e
restare leali ad essi. Il tipo di liberale che è Claes è frequente in Europa e
poi, in tempi pieni di violenza, è odiato sia dalla destra sia dalla sinistra.
Gli estremisti non amano chi cerca la sintesi. Ho modellato Claes con le
debolezze e i pregi dell’Europeo classico e, quando scrivevo il libro, si potevano
già vedere i problemi che si stavano affacciando in Europa e che sono
peggiorati in seguito.
l'intervista e la recensione (pubblicata su questo blog qualche giorno fa) saranno pubblicate su www.stradanove.net
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