Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Antonio Steffenoni, “Vietato giocare con la palla”
Ed. Carte Scoperte, pagg. 359,
Euro 18,50
Romanzo con delitti: ci sembra questa la
maniera più giusta per definire il romanzo di Antonio Steffenoni “Vietato
giocare con la palla” ed iniziare a parlarne.
Che ci siano stati cinque morti,
in via Pasubio e via Castellini (due nomi di strade che verranno ripetuti
un’infinità di volte, e sempre accostati, perché non c’è dubbio alcuno che il
movente, se non anche l’assassino, sia lo stesso- visto che i cinque morti
appartenevano alla stessa famiglia), il lettore lo apprende fin dalla prima
pagina. Una pagina che sarà meglio rileggere dopo aver terminato il romanzo,
perché c’è un personaggio che sta ritornando a Milano da Lugano, chiedendosi se
le cose sarebbero potute andare diversamente, se gli sarebbe stato possibile
contrastare i fantasmi del passato che quella vicenda dei cinque morti aveva
riportato alla luce. E da questo punto il tempo si riavvolge al momento in cui
“tutto era cominciato con la telefonata di Ranieri”, mentre il commissario
Ernesto Campos era in piedi sulla scala, intento a sistemare i 4327 volumi
della sua biblioteca in ordine alfabetico sugli scaffali.
Perché Campos aveva risposto al telefono, visto che era in ferie e non
avrebbe neppure dovuto essere in città? Questo è il primo elemento del caso, o
la prima delle tante coincidenze che saranno determinanti nello svolgimento
dell’indagine sui morti di via Pasubio e via Castellini: domenica 5 agosto due
coniugi ottantenni e il figlio di 49 anni erano stati uccisi in via Pasubio,
una donna e il figlio ventenne (nuora e nipote dei vecchi Soriani) in via
Castellini. C’era un solo sopravvissuto alla strage famigliare, l’avvocato e
scrittore Sandro Soriani- ed era scomparso. Aveva ucciso tutti e si era
suicidato? O era semplicemente fuggito, magari all’estero? Possibile che un
uomo che per tutta la vita aveva mostrato un grande senso di responsabilità,
accollandosi gli oneri dei genitori anziani, del fratello a dir poco ‘strambo’,
della moglie divorziata, si fosse lasciato prendere da una follia omicida?
Questi sono i fatti che fanno scattare la
trama- appassionante, drammatica, tesa, in equilibrio tra due quesiti: quello
più propriamente ‘giallo’, su chi sia il colpevole dei delitti, e quello dei
fantasmi di Ernesto Campos. E, mentre procediamo nella lettura, sempre più ci
pare che Sandro Soriani sia ‘il doppio’ di Ernesto Campos, perché sarebbe
difficile altrimenti spiegare quella comprensione che si instaura fra i due (e da
parte di Campos ancora prima di incontrare Soriani), quella fiducia reciproca,
quella specie di strana fratellanza che è complicità. Il romanzo di Steffenoni
si distacca dagli altri romanzi ‘di genere’ ed è un gran bel romanzo proprio
per questo, per lo spazio che concede alla vita- dei vivi e dei morti. Per la
maniera in cui esplora i legami famigliari: ci sono tanti modi per uccidere, lo
dicevano i bei versi di Oscar Wilde; siamo poi così certi che le cinque vittime
fossero innocenti? E sono loro ad essere vittime? Sono domande che, in altra
forma, possono essere fatte anche riguardo al commissario Campos, cresciuto
vicino a un padre eternamente perdente ed eternamente nostalgico della Spagna
abbandonata per amore.
Insieme ai due personaggi principali, ci
sono altri due, anzi forse tre, motivi per amare il romanzo di Antonio
Steffenoni. Il linguaggio: a confronto di una certa sciatteria dilagante, la
lingua e lo stile narrativo di Steffenoni hanno un nitore e una coloritura
poetica che apprezziamo molto. L’ambientazione: non è Vigata, e neppure Bologna
o il triangolo industriale veneto, ma Milano. Una Milano così bella pur nella
canicola di agosto, finalmente umana, che ci viene voglia di sceglierla per le
prossime vacanze. E la conclusione, infine, che a un certo punto il lettore
incomincia ad indovinare, ma è comunque insolita. Perfetta per la vicenda e per
i personaggi, così come abbiamo imparato a conoscerli.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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