vento del Nord
warning novel
Anche Maja Lunde (“La storia delle api”,
ed. Marsilio) è di passaggio a Milano, diretta all’evento Chiassoletteraria
come Kjell Westö. La incontro in
uno di questi giorni di pioggia senza fine di maggio, le dico che non ha
fortuna, che in genere non fa così freddo a primavera. “Freddo?”, mi risponde
lei. “Per voi questo è freddo?”. Non so se sia più fortunata lei, a cui basta
venire al sud per sentire caldo, o io che mi lamento di queste giornate
insolite ma che non sopravvivrei se dovessi abitare in un paese dalle
temperature rigide per la maggior parte dell’anno.
Affascinante. Intrigante. Preoccupante. Da far paura. Il suo romanzo è
tutto questo e mi è piaciuto molto. E’ un romanzo su tre piani temporali
diversi. Mentre lo scriveva, quale era ‘il presente’ per lei?
Domanda interessante. Penso che fosse il 2007. Nella prima stesura del
romanzo ho scritto ogni storia separatamente dall’inizio alla fine perché la
lingua è diversa in ognuna di loro. Avevo in testa tutta la storia, era un
grande quadro, avevo pensato a tutto prima, ma dovevo scrivere ogni filone
separatamente. E, scrivendo, ho pensato che io ero nella storia al presente, nel 2007.
I narratori sono due uomini e una donna. Perché ha sentito che fosse ‘giusto’
avere una donna a raccontare nel 2098?
arnia di Langstroth |
Be’, semplicemente, George e William dovevano essere uomini. Erano ispirati
da persone vere- William da apicoltori e biologi che vissero nel suo tempo e
fecero lo stesso lavoro che faceva lui, ad esempio Lorenzo Langstroth, quello
che è citato in una lettera nel romanzo. Io mi sono ispirata a questa storia.
Quindi William era un uomo da subito. Quanto a George, mi sono ispirata ad un
uomo che era stato intervistato nelle ricerche sulla Sindrome dello
Spopolamento degli Alveari. Avevo visto un documentario sulla perdita delle api
che mi aveva spaventato. Nel documentario venivano intervistati degli uomini
che avevano delle fattorie da sempre, che le avevano ereditate da genitori e
nonni, e la loro vita era devastata dalla possibile perdita di tutto il loro
lavoro. C’era terrore nei loro occhi, erano uomini di poche parole. Quindi
George era un uomo, per forza. E Tao…era una donna, non ho scelto, lei era lì,
nella mia mente. Volevo scrivere di una donna, volevo genitori e figli nel mio
libro ed essendo io una madre, volevo una storia con una madre. A volte non si
sceglie, è così.
Come è iniziato il libro?
Ho un master in filmografia, sono scrittrice di copioni cinematografici,
ho scritto libri per bambini e ho pensato che volevo scrivere un libro per
adulti e però non trovavo la storia. Niente mi intrigava. Io mi preoccupo di
quello che stiamo facendo al pianeta, la natura mi interessa, e poi ho visto
quel documentario e da allora ho avuto l’idea del libro sulle api che morivano.
Ho messo da parte le altre idee e non ho detto niente a nessuno. Non ho
esitato, sapevo che volevo scrivere di questo. Era un tema così ricco di
ispirazione e così spaventoso, e anche le ricerche lo sono state.
Pensando al genere del suo romanzo, l’ho collocato tra i ‘warning
novels’, i romanzi di avvertimento che ci mettono in guardia sulla direzione
verso cui conduciamo il nostro mondo. Era questa una sua intenzione, mentre lo
scriveva?
I lettori mi hanno detto tre cose su questo
romanzo: che li ha commossi perché si sono identificati con la situazione e i
personaggi, che è un page-turner e
poi mi hanno fatto una domanda: che cosa posso fare per le api? Come si può
cambiare qualcosa? E’ una domanda che mi rende felice perché vuol dire che il
libro ha fatto venir voglia di agire alle persone. Non ho scritto questo libro
come avvertimento, ma se la gente lo legge così, per me va bene.
impollinazione manuale in Cina |
La Sindrome dello
Spopolamento degli Alveari c’è stata in molti luoghi ma è negli Stati Uniti
che, nel 2007, ha avuto questo nome. Ho cercato di rispettare i fatti quanto
più possibile. Gli Stati Uniti, quindi, per l’anno e il luogo della Sindrome.
In Cina perché, come ho scritto all’inizio, c’è stata negli anni ‘80 del secolo
scorso una moria di api a causa dei pesticidi e hanno dovuto fare
l’impollinazione a mano. Su internet si possono trovare le fotografie. E questo
mi ha ispirato la storia in Cina. Inoltre, siccome trattavo di problemi globali
in una storia globale, dovevo avere l’Europa, l’America e l’Asia. Ho messo
anche un accenno all’Australia. In Europa le api non muoiono ancora nella
maniera della Sindrome, ma hanno dei problemi, malattie, muoiono d’inverno
perché non amano le temperature estreme. Anche i cambiamenti del clima, che
pure noi osserviamo, nuociono alle api. Le api sono il nostro termometro:
quando loro stanno male, stiamo male anche noi.
Le tre storie sono storie di fallimenti a parecchi livelli. Per fortuna
nel caso di William e di George il rapporto padre-figlio migliora mentre la
situazione peggiora, altrimenti l’atmosfera sarebbe troppo cupa. C’è un qualche
significato in questo, una sorta di lezione di serrare le fila e collaborare che
ci viene dal comportamento delle api?
Mi piace che abbia letto dentro la storia.
Le storie dei genitori e dei figli sono connesse a quella delle api. I genitori
vogliono il meglio per i loro figli. William vuole che il figlio sia orgoglioso
di lui e però non capisce che cosa il figlio voglia per sé. George vuole che il
figlio porti avanti il lavoro della fattoria, pensa che questo sia un bene per
lui e invece non lo è. Tutti noi vogliamo il meglio per i nostri figli, diamo
loro tanto quanto possiamo, forse gli diamo troppo, compriamo troppo e questo è
uno dei motivi per cui le cose vanno male sul pianeta. Quello che noi facciamo è
solo per la nostra piccola famiglia. Le api lavorano per l’alveare che è il
loro pianeta, lavorano per la comunità. E’ qualcosa che dovremmo imparare da
loro. George e William ottengono quello che vogliono quando rinunciano e
lasciano decidere ai figli. Succede spesso che noi genitori pensiamo di volere
il meglio per i figli ma in realtà abbiamo in mente il meglio per noi e
dimentichiamo che i nostri figli sono diversi da noi. E’ difficile aiutare i
figli ed è anche difficile essere figli. E’ l’amore più forte che abbiamo ma è
difficile.
Ho osservato che tutte le tre storie sono sul rapporto tra genitori e
figli maschi. Charlotte, la figlia di William, subentra come sostituta del
fratello quando questi delude il padre. Perché questa scelta?
Le donne sanno essere molto forti: Tao è la
più forte dei tre personaggi, l’ho fatta così di proposito. Anche nei nove
libri che ho scritto per bambini ci sono delle donne forti. Charlotte è una
donna forte e per me non è un sostituto del figlio maschio Edmund. William deve
aprire gli occhi e vederla. William avrebbe potuto cercare di raggiungere
Edmund, ma incomincia a lavorare con lei, la vede e la apprezza come è. Tutti i
figli del libro sono degli eroi.
Ho scritto di figli maschi perché
io ho tre figli maschi e questo è un rapporto molto vicino a me. Il piccolo
cinese sarebbe potuto essere una bambina, ma quella era la storia più difficile
da scrivere. Era difficile per me scrivere del futuro, mi spaventava. Quando ho
iniziato a pensare a una madre con un bambino di tre anni e che questo bambino
le veniva portato via, la storia mi ha toccato perché anche io avevo un bambino
di tre anni ed era lui che descrivevo: mi è stato pesante scrivere quella
storia.
Si rallegri, però: nel mio nuovo
romanzo ci sono due bambine, ci ho messo un po’ di me da bambina. E’ un romanzo
vagamente collegato con questo, il secondo di quella che sarà una quadrilogia
sul clima. Sarà pubblicato in Norvegia in ottobre. Il titolo è “Blue”.
Blue come colore o blue come ‘triste’?
Blue sia come colore sia come
‘triste’. E’ un romanzo sull’acqua e sulla perdita di chi amiamo e su genitori
e figli.
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