giovedì 29 dicembre 2016

Jan Brokken, “Il giardino dei cosacchi” ed. 2016

                                                          vento del Nord
           biografia romanzata
          FRESCO DI LETTURA

Jan Brokken, “Il giardino dei cosacchi”
Ed. Iperborea, trad. Claudia Cozzi e Claudia Di Palermo, pagg. 404, Euro 18,50 

    1849. San Pietroburgo. Il giovanissimo Alexander von Wrangel assiste alla simulata esecuzione di Fëdor Dostoevskij, arrestato insieme ad altri con l’accusa di aver aderito alle idee progressiste del gruppo Petraševskij, idee che peraltro circolavano fra tutti i giovani di quegli anni- abolizione della servitù della gleba e introduzione della democrazia parlamentare. Forse Fëdor era stato arrestato per errore, al posto di suo fratello Michail, e comunque la condanna a morte non fu eseguita. Davanti agli occhi esterrefatti di von Wrangel, il plotone non sparò, la concessione di grazia dello zar arrivò all’ultimo momento, la pena capitale fu cambiata nella deportazione in Siberia.

   1853. Omsk in Siberia. Il ventunenne Alexander von Wrangel, discendente di una famiglia di piccola nobiltà con origini baltiche, viene nominato procuratore proprio nella città dove Dostoevskij sta scontando la pena in attesa della grazia, in attesa, soprattutto, di poter pubblicare di nuovo dopo aver acquistato una certa fama con “Povera gente”. Dostoevskij non è un prigioniero come gli altri. Lui stesso dirà a von Wrangel che “la Siberia è un paese selvaggio”, “un paese popolato da essere semiferoci che si divorano a vicenda come ragni in un bicchiere. Da esseri umiliati e offesi, da esseri umani corrotti, da tutta la feccia rifiutata dalla Russia. Brulica di ladri, briganti, banditi, che rendono pericolose tutte le strade.” Anche se Dostoevsij ha una decina di anni più di von Wrangel, l’affinità di spirito, gli stessi interessi culturali e- cosa singolare- il fatto che entrambi siano innamorati di donne sposate che paiono irraggiungibili, fa sì che i due divengano amici.

    Abbiamo già ammirato in “Anime baltiche” la capacità di Jan Brokken di far rivivere uomini e paesaggi. Ci riesce ancora una volta, ne “Il giardino dei cosacchi” (la vecchia dacia nella steppa siberiana dove si incontrano lo scrittore e il procuratore, oasi fluttuante nello squallore circostante), dove la voce narrante è quella di Alexander von Wrangel che è anche, tutto sommato, il vero protagonista del romanzo- attraverso i suoi occhi e tramite le sue parole noi conosciamo Fëdor, una sorta di suo doppio: oppure è von Wrangel che è il doppio di Dostojevskij? Brokken basa il suo racconto su documenti, diari e lettere dell’epoca e poi interviene il genio dello scrittore per il soffio vitale che fa respirare i personaggi, che balzano fuori dalle pagine come fossero protagonisti di uno dei romanzi dello stesso Dostojevskij che ci stupisce perché non lo immaginavamo così debole da lasciarsi divorare da una passione d’amore.
Per chi, poi? Una donna che è sposata con un figlio, che ha un marito ubriacone e che, alla morte di questi, tiene sulla corda lo spasimante, incerta fra lui ed un altro. Anche von Wrangel ha una storia parallela simile a questa, con la differenza che la sua Katja ha avuto ben sei figli da un marito geloso a cui lei fa bellamente le corna- e non solo con von Wrangel, di molto più giovane di lei. E allora si intendono, Fëdor e Alexander, si incoraggiano a vicenda per superare le pene d’amore anche se ognuno dei due non capisce che cosa abbia di così speciale la donna dell’altro- è come un gioco di specchi in cui il riflesso è distorto, ma sempre e solo il proprio. E poi c’è la malattia di Fëdor, “il piccolo male” che lo assale subdolamente e con incredibile malignità riducendolo incosciente e con la bava alla bocca proprio la prima notte di nozze.

   Due uomini, un paese e un’epoca vengono in scena ne “Il giardino dei cosacchi”- la morte dello zar e le speranze nel suo successore, il mite e più aperto zar Alessandro, la durezza della vita nelle colonie penali e l’interesse di Dostojevskij per il crimine (“nel momento in cui compie il delitto, il criminale è vittima di una sorta di annullamento della forza di volontà e della ragione, alle quali subentra una fenomenale leggerezza infantile”), matrimoni di facciata e relazioni adulterine, fermenti letterari che devono tenersi nascosti e poi il gioco- così comune per scacciare la noia in Siberia- che intrappola nei debiti.
    Un romanzo per conoscere meglio il grande scrittore russo che scriveva al fratello di ambire a tre sole cose: scrivere, pubblicare e sposare l’amore della sua vita.





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