Casa Nostra. Qui Italia
la Storia nel romanzo
seconda guerra mondiale
FRESCO DI LETTURA
Ada Murolo, “Si può tornare indietro?”
Ed. Astoria, pagg. 205, Euro
13,60
Tutta la vita in un giorno. Sono tanti i
romanzi che hanno condensato tutta la vita in un giorno. Citiamo i più famosi,
l’”Ulisse” di Joyce, o “Mrs. Dalloway” di Virginia Woolf. Oppure “Una giornata
perfetta” della nostra Melania Mazzucco da cui il regista Ozpetek ha tratto un
film. Sul grande schermo anche “Una giornata particolare” con Marcello Mastroianni
e Sophia Loren mette a fuoco la vita dei due protagonisti in una sola giornata,
quella del 6 maggio 1938, quando Hitler è in visita a Roma.
Un’altra giornata eccezionale in “Si può tornare indietro” di Ada
Murolo- il 4 novembre 1954, data che segna l’annessione di Trieste all’Italia.
Tripudio della gente in piazza Unità d’Italia. Il tricolore che sventola
ovunque, che occhieggia nelle vetrine negli accostamenti più insoliti- tre
ombrelli, bianco, rosso e verde, tre paia di guanti, ci si può sbizzarrire. La
guerra è finita da nove anni. Sono pochi, sono tanti. Pochi per essere usciti
dalla miseria e per avere dimenticato. Tanti per essere cambiati, perché il
tempo segna inesorabilmente le persone. Due donne sono le protagoniste di
questa giorno, si conoscevano molto bene, erano amiche, tanto amiche che una,
Alina, era stata l’unica a sapere della gravidanza non voluta dell’altra,
Berta. La aveva perfino accompagnata, in gran segreto, da una di quelle donne
che facevano abortire- se ne erano venute via senza fare nulla. E, al rientro a
casa, Alina non aveva più trovato la madre, il suo mondo si era capovolto. Era
il 1943.
Oggi, 4 novembre 1954, Berta e Alina sono
entrambe nella folla in festa, senza sapere nulla l’una dell’altra. Berta è
tornata a vivere a Trieste da pochi mesi dopo aver seguito in Romagna l’uomo
che l’aveva messa incinta e poi sposata. Un matrimonio infelice da cui erano
nate due bambine. Non è felice neppure a Trieste, Berta, assediata dal cognato
che era stato fascista ed era uno dei due militi che avevano portato via la
madre di Alina.
Alina è internata nel manicomio
di San Giovanni e questa mattina è scappata fuori. E’ spaesata, sente gridare,
non sa distinguere il vociare di esultanza da quello pauroso che le rintrona
nella mente. Quando le chiedono il nome, Alina mostra il numero sul braccio. In
mezzo alla gente vede una testa di donna che le pare di riconoscere, ma sì, è
sua madre, deve essere sua madre perché ne riconosce gli orecchini di
brillanti.
Presente e passato si alternano nelle pagine
del romanzo di Ada Murolo che non fa l’errore di ‘immaginare’ o riportare
testimonianze dei campi di concentramento. I ricordi dell’orrore sono quelli
annebbiati nella mente di Alina traumatizzata e segnata per sempre dalla
tragedia e i giorni della discesa agli inferi di Alina, i momenti bui della
storia d’Italia che nessuno vuole ricordare o anche solo ammettere che ci siano
stati- le delazioni per un po’ di soldi, le retate, la Risiera di San Sabba che
fu usata dapprima come campo di prigionia e di smistamento ma che poi ‘si
arricchì’ di un forno crematorio, i treni piombati- si alternano con le vicende
di Berta, sposa infelice insidiata dal suocero in “Italia” mentre si strugge di
nostalgia per la sua Trieste, per poi passare al presente, alle ore in piazza,
a quel rincorrersi inconsapevole di Berta e Alina. Si incontreranno? Si
riconosceranno? Soprattutto, si può tornare indietro?
Risiera di san Sabba |
Il finale di “Si può tornare indietro?” è aperto. Se tornare indietro
significa cancellare il passato, questo è indelebile come i numeri tatuati sul
braccio di Alina. Non si può dimenticare, come non si possono eliminare le due
bambine di Berta.
Se invece significa accettare quello che è stato, riconoscere
le colpe e gli errori, tornare indietro per poi andare avanti nella luce, ricucendo
gli strappi della vita, allora forse sì. Forse è questo quello che ci vuol dire
questo libro che si apre mettendo a fuoco l’immagine di un bacio immortalato
dalla macchina fotografica- la ragazza che saluta il soldato americano che
lascia Trieste, sospesa in aria tra le braccia di lui che si affaccia dal
finestrino del treno. Le truppe straniere lasciano Trieste. C’è stato il Male,
c’è stato anche il Bene, se guardiamo la ragazza innamorata. Prendiamo
entrambi.
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