Vento del Nord
cento sfumature di giallo
FRESCO DI LETTURA
Maj Sjöwall e
Tomas Ross, “La donna che sembrava Greta Garbo”
Ed.
Sellerio, trad. Monica Amarillis Rossi , pagg. 326, Euro 14,00
Il nuovo vecchio libro di Maj Sjöwall,
“La donna che sembrava Greta Garbo”, è del 1990, e, accanto al suo nome, non
c’è quello del marito Per Wahlöo con cui ha scritto la serie dei dieci romanzi
con il commissario Martin Beck che tanto abbiamo amato, bensì quello di Tomas
Ross, scrittore e giornalista olandese. Il piacere della prospettiva di leggere
ancora un romanzo di quella che, insieme al marito, è riconosciuta come maestra
del giallo nordico, dissipa ogni mia diffidenza. Non mi importa chi abbia
firmato il libro insieme a lei, non mi importa come si siano ripartiti i
compiti, ho voglia di ritrovare Maj Sjöwall.
E la mia fiducia in lei sarà ricompensata.
Una giovane donna sale le scale del Grand Hotel
di Stoccolma. Indossa un lungo soprabito nero, scarpe col tacco alto, i capelli
biondi sfuggono dal cappello nero ad ampie falde, un paio di occhiali scuri le
nasconde gli occhi: assomiglia a Greta
Garbo. Solo una grande borsa di tela grezza stona con questo abbigliamento.
La scena che
segue è quella di un ricatto: la
ragazza, spacciandosi per giornalista, si fa ricevere da un sottosegretario
olandese in visita ufficiale in Svezia e gli chiede una grossa cifra per non
rendere pubbliche delle fotografie compromettenti. Poi si dilegua, in un piano
preparato a puntino, cambiando abiti con quelli che portava nel borsone e
togliendosi la parrucca. Il colpo grosso è riuscito. Della ragazza non c’è
traccia.
In un albergo di Francoforte Albert Kroonen, commerciante di
automobili di Amsterdam, capita per caso su un canale che trasmette a pagamento
film a luci rosse. Lui si trova a Francoforte per lavoro, è un po’ ubriaco, però
riconosce la ragazza delle scene audaci
che passano sullo schermo. E’ sua figlia
Christine, ventenne, che abita a Stoccolma e dà raramente notizie di sé.
Per Kroonen è uno shock. Nella sua mente la figlia è ancora la deliziosa
bambina bionda di dieci anni che lui portava in barca. Parte immediatamente per
Stoccolma, non sarà facile trovare Christine, non metteva mai l’indirizzo del
mittente quando scriveva a casa. E, secondo terribile shock per Kroonen, la polizia gli rivela che sua figlia è
ricercata.
Non sono solo la polizia e il padre a
cercare Christine (e con lei il suo ragazzo). C’è anche un giornalista che si interessa al caso per un altro motivo, anche se
poi diventerà amico di Kroonen, immedesimandosi nel suo dramma personale. E in
realtà sarà proprio il padre a seguire le tracce giuste per ritrovare
Christine- non è un caso, il cuore gli detta la strada, nessuno conosce la
figlia quanto lui, anche se è cambiata, anche se non vive la vita che lui
avrebbe desiderato per lei.
Con la grande maestria che la
contraddistingue, Maj Sjöwall ci ha consegnato un romanzo di genere che segue
diversi filoni, intrecciandoli con fine eleganza. La polizia svedese e i
servizi segreti non fanno una bella
figura ne “La donna che sembrava Greta Garbo”- pare quasi di essere in un
paese a regime dittatoriale e non certo nella democratica Svezia ed oltretutto,
nella loro inefficienza, ci ricordano che l’assassinio del primo ministro Olof
Palme è rimasto insoluto. I due piani
‘privati’ della vicenda contrappongono due storie ugualmente interessanti-
quella del giornalista (separato dalla moglie che peraltro ama ancora, con due
figli più o meno dell’età di Christine) che ha dei motivi personali per rifarsi
contro chi, nei piani alti, ha contribuito a stroncargli la carriera, e quella
di Kroonen, il padre che mai aveva guardato film porno, che si domanda che cosa
non abbia funzionato nell’educazione della figlia tanto amata, che non riesce a
credere al suo coinvolgimento in tutta quella faccenda, soprattutto quando la
morte di due uomini (e la concreta minaccia alla vita di un terzo uomo)
trasforma la storia di un banale ricatto in
un caso di omicidio.
Non so se Maj Sjöwall abbia scritto altri
libri con Tomas Ross. Lo spero.
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