venerdì 1 aprile 2016

Imre Kertész, “Liquidazione” ed. 2005

                                                  Voci da mondi diversi. Europa dell'Est      
                                                                           premio Nobel
               il libro ritrovato

Imre Kertész, “Liquidazione”
Ed. Feltrinelli, Trad. A. Sciacovelli, pagg. 115, Euro 5,61


        E’ possibile vivere dopo Auschwitz? O almeno sopravvivere nella deformazione della sopravvivenza che è stato questo mezzo secolo dopo Auschwitz? E’ questo l’interrogativo del nuovo romanzo dello scrittore ungherese Imre Kertész, insignito del Premio Nobel nel 2002, “Liquidazione”. Due i personaggi principali del romanzo anche se uno, il redattore letterario di nome Keseru, finisce dentro la storia dell’altro, lo scrittore B., si ritrova a vivere nelle sue parole come un parassita, al posto di lui, B., che si è suicidato. Il nome Keseru significa “colui che vive nell’amarezza”, e B.- B. è senza nome, B. è un numero tatuato sull’esterno di una coscia, è un’anomalia del destino, un essere senza destino (come il titolo del primo romanzo di Kertész) in quanto sopravvissuto ad Auschwitz essendoci nato: non c’era spazio per il tatuaggio di un numero sul braccino di un neonato, ecco perché B. portava il suo marchio sulla coscia. E’ comprensibile che B., dunque, pensi che il Male sia il principio della vita e che il Bene possa essere operato solo al prezzo del sacrificio della vita di chi lo opera. E’ per questo che si suicida B.?
E’ per capirlo che Keseru cerca il manoscritto di un romanzo di B., dopo aver trovato tra le sue carte la commedia intitolata “Liquidazione”. Uno dei personaggi della commedia è lo stesso Keseru, descritto mentre compie le azioni che aveva effettivamente compiuto la mattina che era entrato in redazione con il fascio di cartelle sottobraccio, una delle quali conteneva proprio la commedia “Liquidazione”. E il tentativo di comprendere i motivi del suicidio di B. prosegue con ricordi degli altri redattori (quando giocavano al lager-poker, B. aveva sempre la fiche vincente, perché il punteggio era in base al “valore” del campo di concentramento in cui si era vissuti e Auschwitz è imbattibile), quelli della donna che è stata l’amante di B. e ne ha trovato il cadavere (che significato poteva avere quel “Grazie del sogno” che le aveva lasciato scritto?), quelli della moglie Judit, che si era separata da B. per risposarsi con un uomo da cui aveva avuto due figli.
E’ Judit che ha trovato il manoscritto del romanzo che Keseru cerca e lo ha bruciato, e nel romanzo c’era la storia di una coppia in cui la donna, figlia di due sopravvissuti ad Auschwitz, cercava di rivivere Auschwitz a Budapest con il marito, pure lui un sopravvissuto. Lei desiderava un bambino, lui non le perdonava questo desiderio di vita e la spingeva quasi al suicidio- per poi uccidersi lui. Ma questa è la storia di B., l’uomo che voleva cogliere Auschwitz nella propria vita di tutti i giorni, registrare su se stesso la forza distruttrice, la costrizione della sopravvivenza, il meccanismo di adattamento di Auschwitz. E la “liquidazione” del titolo, che già aveva alluso alla liquidazione del mondo in cui Keseru aveva vissuto, della casa editrice e anche del comunismo, diventa la liquidazione della vita di B. nella liquidazione grandiosamente malvagia del genocidio. Un libro duro, “amaro” come il nome del protagonista, che ci risveglia il ricordo dei “Sommersi e i salvati” del nostro Primo Levi.




                                                    

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