Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
premio Nobel
il libro ritrovato
Imre Kertész, “Liquidazione”
Ed. Feltrinelli, Trad. A.
Sciacovelli, pagg. 115, Euro 5,61
E’ possibile vivere dopo
Auschwitz? O almeno sopravvivere nella deformazione della sopravvivenza che
è stato questo mezzo secolo dopo Auschwitz? E’ questo l’interrogativo del nuovo
romanzo dello scrittore ungherese Imre Kertész, insignito del Premio Nobel nel 2002, “Liquidazione”. Due i personaggi principali del romanzo
anche se uno, il redattore letterario di nome Keseru, finisce dentro la storia
dell’altro, lo scrittore B., si ritrova a vivere nelle sue parole come un
parassita, al posto di lui, B., che si è suicidato. Il nome Keseru significa “colui che vive nell’amarezza”, e B.- B. è senza nome, B. è un numero tatuato sull’esterno di una coscia,
è un’anomalia del destino, un essere senza destino (come il titolo del primo
romanzo di Kertész) in quanto sopravvissuto ad Auschwitz essendoci nato: non
c’era spazio per il tatuaggio di un numero sul braccino di un neonato, ecco
perché B. portava il suo marchio sulla coscia. E’ comprensibile che B., dunque,
pensi che il Male sia il principio della
vita e che il Bene possa essere operato solo al prezzo del sacrificio della
vita di chi lo opera. E’ per questo che si suicida B.?
E’ per capirlo che Keseru cerca il manoscritto di un
romanzo di B., dopo aver trovato tra le sue carte la commedia intitolata
“Liquidazione”. Uno dei personaggi della commedia è lo stesso Keseru, descritto
mentre compie le azioni che aveva effettivamente compiuto la mattina che era
entrato in redazione con il fascio di cartelle sottobraccio, una delle quali
conteneva proprio la commedia “Liquidazione”. E il tentativo di comprendere i
motivi del suicidio di B. prosegue con ricordi
degli altri redattori (quando giocavano al lager-poker, B. aveva sempre la
fiche vincente, perché il punteggio era in base al “valore” del campo di
concentramento in cui si era vissuti e Auschwitz è imbattibile), quelli della donna che è stata l’amante
di B. e ne ha trovato il cadavere (che significato poteva avere quel “Grazie
del sogno” che le aveva lasciato scritto?), quelli della moglie Judit, che si era separata da B. per risposarsi con un
uomo da cui aveva avuto due figli.
E’ Judit che ha trovato il manoscritto del
romanzo che Keseru cerca e lo ha bruciato,
e nel romanzo c’era la storia di una
coppia in cui la donna, figlia di due sopravvissuti ad Auschwitz, cercava
di rivivere Auschwitz a Budapest con il marito, pure lui un sopravvissuto. Lei
desiderava un bambino, lui non le perdonava questo desiderio di vita e la
spingeva quasi al suicidio- per poi uccidersi lui. Ma questa è la storia di B., l’uomo che voleva cogliere
Auschwitz nella propria vita di tutti i giorni, registrare su se stesso la
forza distruttrice, la costrizione della sopravvivenza, il meccanismo di
adattamento di Auschwitz. E la “liquidazione” del titolo, che già aveva alluso
alla liquidazione del mondo in cui
Keseru aveva vissuto, della casa editrice e anche del comunismo, diventa la liquidazione della vita di B. nella
liquidazione grandiosamente malvagia del genocidio. Un libro duro, “amaro” come il nome del protagonista, che ci risveglia
il ricordo dei “Sommersi e i salvati” del nostro Primo Levi.
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