Voci da mondi diversi. Canada
autobiografia romanzata
FRESCO DI LETTURA
Carrie Snyder, “Girl
runner”
Ed.
Sonzogno, trad. Gioia Guerzoni, pagg. 281, Euro 14,03
Aganetha
Smart. Vent’anni. Gambe lunghe da gazzella. Una massa di capelli biondi.
Vincitrice della medaglia d’oro per
gli 800 metri nelle Olimpiadi di Amsterdam del 1928.
“Girl runner” di Carrie Snyder è la sua
storia. O meglio, è la storia di una ragazza che non esiste con il nome di
Aganetha Smart, è invece un poco la
storia di tutte le “Impareggiabili sei” inviate ad Amsterdam per la prima
Olimpiade che ammetteva gare di donne nell’Atletica Leggera- dei 2883
partecipanti, solo 278 erano donne, e ricordiamo che la Gran Bretagna non ne
mandò nessuna, considerando disdicevole che gareggiassero insieme agli uomini. E
allora il romanzo di Carrie Snyder è lo straordinario quadro di un’epoca, perché la corsa di Aganetha non è solo per
superare un record ma è anche una corsa che accelera il cammino dell’evoluzione femminile.
Ogni piccolo dettaglio della
vicenda ci dice tanto sui costumi del tempo- dall’abbigliamento che di certo
non facilita i movimenti ai rimproveri della donna manager della squadra
olimpica (Alexandra Gibb, un personaggio vero) quando Aganetha, sfinita, piange
dopo aver tagliato il traguardo (proibito mostrare debolezza, dopo queste
Olimpiadi gli 800 metri saranno preclusi alle donne fino al 1960), dal problema
dei posti di lavoro a quello delle gravidanze indesiderate. Aganetha corre, il
femminismo avanza a piccoli passi. Non solo. Sullo sfondo della storia di
Aganetha ci sono i grandi drammi della
prima metà del ‘900- la prima guerra mondiale, l’influenza chiamata ‘spagnola’,
il crollo della borsa del ‘29.
Aganetha appartiene ad una famiglia
numerosa, lei è nata dal secondo matrimonio del padre, quando ha dieci anni la
vediamo con la sorellastra Fannie (quella che Aganetha ama di più) che la
accompagna nel cimitero snocciolando le storie dei fratellini morti, uno dopo
l’altro (altissima la mortalità infantile al tempo), della madre morta e poi
del fratello partito per quella guerra lontana, in Europa, e mai tornato.
Vediamo Aganetha che corre, corre più veloce che può (e già batte tutti i
ragazzi che sono a scuola con lei), per chiamare il dottore perché Fannie sta
male. C’è una stanzetta isolata nella casa degli Smart, la chiamano ancora ‘la stanza della nonna’ anche se la
nonna non c’è più da tanto, e c’è un andirivieni strano di ragazze che occupano
quella stanzetta. Vengono a chiedere aiuto alla madre di Aganetha, la levatrice del paese.
Che cosa
succeda in quella stanzetta non viene mai detto, noi lo indoviniamo, così come
lo indovinano le figlie, alcune comprensive, altre accusatrici. E poi Aganetha
raggiunge una sorella a Toronto, trova un lavoro, viene notata mentre corre solo
perché le è necessario correre, così come le è necessario respirare, farà parte
di una squadra di atletica, seguirà degli allenamenti, andrà ad Amsterdam: la
aspetta la gloria.
Il passo del romanzo non è così ritmato.
Il romanzo incomincia con l’anziana
protagonista in una casa di riposo. Ha 104 anni e la vita dietro di sé. La
medaglia d’oro, la notorietà, le foto pubblicitarie, l’amore- tutto è ormai
lontano nel tempo. Aganetha è l’unica della sua famiglia ad essere ancora in
vita- o almeno, crede di esserlo. C’è anche un segreto ben nascosto ormai lontano nel tempo e che vagamente
intuiamo quando due giovani, fratello e sorella, vengono a prendere Aganetha e
la sua sedia a rotelle per una giornata di ‘vacanza’.
I ricordi e il passato di Aganetha (la parte più bella del
romanzo) si alternano ad un presente che
ha qualcosa di grottesco (la vecchiaia avanzata è grottesca) per terminare, però, con un messaggio positivo, con un incoraggiamento a continuare a
gareggiare, a combattere contro le difficoltà, a lottare per la parità, se non
si vuole che vengano annullati gli sforzi delle generazioni di donne che ci
hanno preceduto.
Non dimenticheremo
Aganetha Smart, la ragazza d’oro delle Olimpiadi, anche se non è esistita. Per
noi, sì.
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