Casa Nostra. Qui Italia
premio Campiello
FRESCO DI LETTURA
Simona Vinci, “La prima verità”
Ed. Einaudi, pagg. 397, Euro
17,00
Disse: Credo nella poesia,
nell’amore, nella morte,/ scrivo il mondo; esisto, esiste il mondo.
……..Questa purezza/ E’ di nuovo
la prima verità, il mio ultimo desiderio.
Sono versi di una poesia di Ghianni Ritsos,
il poeta greco che ha vinto il premio Lenin per la pace nel 1975 e che è stato
per ben due volte confinato in isole ‘maledette’, le isole dei matti, non in
quanto pazzo lui stesso ma come dissidente politico. E, nel romanzo “La prima
verità” di Simona Vinci, Ghianni Ritsos è in parte adombrato in Stefanos, che
continua a scrivere poesie sull’isola di Leros dove per anni furono segregati,
in condizioni abominevoli, malati di mente e dissidenti durante il governo della
Giunta dei colonnelli in Grecia negli anni ‘60.
Nel 1983 una commissione di medici ed
economisti europei fu inviata a Leros per stendere un rapporto sulle condizioni
esistenti sull’isola.
Nel 1989 un servizio su The Observer aveva un titolo scioccante:
“Il segreto colpevole dell’Europa. 1300 anime abbandonate a marcire”. Sempre
nel 1989 la fotografa Antonella Pizzamiglio riuscì a scattare delle foto,
entrando nella struttura ospedaliera come amica di un medico. Riuscì anche a
scappare dall’isola per far vedere al mondo quello che lei aveva visto.
Sconvolgente. Uomini come bestie. Da domandarsi se non sia meglio la morte che
vivere in quelle condizioni.
Il libro- molto bello, molto dolorosamente
coinvolgente, insolito e unico nella panoramica della letteratura italiana-
prende l’avvio nel 1992 con Angela, ventidue anni, studentessa di
Giurisprudenza che approda a Leros con un gruppo di operatori psichiatrici
triestini che programmano la destituzionalizzazione dell’ospedale. Angela sta
scrivendo la tesi in diritto civile sull’abuso di diritti umani in Europa.
Angela è il personaggio che serve come catalizzatore, per raccogliere le
storie, per osservare l’orrore di questa umanità violata e la disumanità dei
trattamenti. Angela che scende nei sotterranei per entrare con un sotterfugio
nella stanza polverosa dove sono raccolte le scartoffie- in disordine,
lacunose, imprecise- con i dati delle persone internate nell’ospedale-lager, è
un’Angela che scende nei gironi dell’Inferno, è un’Alice che perde la sua
innocenza passando al di là dello specchio.
I veri protagonisti de “La prima verità” sono però i pazzi, il monaco
Basil (e la sua storia fa un balzo indietro nel tempo), il bambino
soprannominato Temistocles, la ragazza Teresa e il poeta Stefanos che non è
affatto matto. Ognuno di loro ha la sua storia, di fanatismo religioso, di
abbandono famigliare, di abusi sopportati nel silenzio della notte, di arresto
per il diritto di proclamare la propria idea. Il bambino muto perché ha scelto
di non parlare, la ragazza che sa leggere e che impara a memoria le poesie di
Stefanos che poi il bambino nasconde. Perché loro possono anche morire, ma la
poesia no, la parola deve vivere se non fosse altro che per gridare al mondo
dell’ingiustizia del tutto.
Le scene ambientate sull’isola vergogna dell’Europa hanno su di noi un
impatto fortissimo. Simona Vinci ci riporta, tuttavia, in Italia nell’ultima
parte del libro, sposta la nostra attenzione su quella che è la sorte dei
disturbati di mente più vicino a noi. Anche noi abbiamo i nostri ‘mattucchini’,
la scrittrice che ha abitato a Budrio dove, fino all’approvazione della legge
Basaglia nel 1978, c’era un grande
Ospedale Psichiatrico, lo sa bene. Sembrano così tranquilli i nostri
mattucchini, perfino un po’ buffi, in confronto ai selvaggi di Leros. Eppure i
disturbi interni, il male dell’anima, le mille storie diverse seppur uguali
sono sempre gli stessi. Parla in prima persona, adesso, Simona Vinci. Quella
che racconta è, almeno in parte, la sua storia e la storia di sua madre. Ed è
forse questa storia che l’ha portata ad interessarsi di Leros, a non
dimenticare la fotografia della bambina legata nuda ad un letto (in Italia, sì,
in Italia, in un centro vicino a Torino), ad avvicinarsi alla prima verità,
quella che ci lascia tutti nell’uguaglianza della nudità senza difesa.
Con questo romanzo Simona Vinci ha vinto l'edizione del 2016 del premio Campiello.
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