Voci da mondi diversi. Asia
romanzo 'romanzo'
FRESCO DI LETTURA
Neel Mukherjee, “La vita degli altri”
Ed. Neri Pozza, trad. Norman
Gobetti, pagg. 605, Euro 20,00
Il titolo di questo splendido romanzo
dello scrittore indiano Neel Mukherjee ci ricorda quello del film con la regia
di Florian Henckel von Donnersmarck che vinse l’Oscar come miglior film
straniero nel 2006. Qui, però, al posto dell’uomo incaricato dalla Stasi di
spiare la vita di un famoso drammaturgo e della sua compagna c’è lo scrittore
stesso che spia la vita degli altri e ce la racconta, in una maniera così
coinvolgente che vorremmo continuare a leggere oltre le 605 pagine del libro.
All’inizio siamo un poco sconcertati, un poco confusi da tutta quella
folla di personaggi che ci si accalca intorno- ci sentiamo come chi è cresciuto
come figlio unico e si trova improvvisamente nel mezzo di una famiglia
numerosa. Siamo frastornati da nomi, nomignoli, appellativi che indicano
rispetto o familiarità o diversi gradi di parentela dei numerosi membri della
famiglia Ghosh in uno dei quartieri ricchi del nord di Calcutta. Tre
generazioni di Ghosh condividono la bella casa con giardino- l’anziano
Prafullanath ha fatto fortuna con delle cartiere.
Come tutte le grandi fortune,
anche quella dei Ghosh non ha origini del tutto limpide, anzi, e chissà che tutto
quello che succederà da lì a poco- è il 1967- non sia il prezzo da pagare per
le truffe, lo sfruttamento, l’aver tratto profitto dalla rovina altrui. I Ghosh
hanno quattro figli e una figlia, solo questa non è sposata e ormai non c’è più
speranza di trovare un marito per lei, anche se i genitori hanno provato ad
aumentare la dote, calando anche le pretese di un buon partito di un’adeguata
classe sociale. Perché Chaya ha la pelle scura ed è strabica- le fotografie si
possono correggere schiarendo la carnagione e riprendendo il viso dalla giusta
angolatura, ma nessuno si è più
ripresentato dopo il primo incontro. Due dei nipoti abitano nelle stanze al
primo piano insieme alla madre e non hanno quasi contatti con gli altri- perché
siano considerati ‘inferiori’, perché non godano affatto della ricchezza dei
Ghosh, perché patiscano quasi la fame, chi sia e che cosa abbia mai fatto il
loro padre, è una delle storie che leggeremo, parecchio più avanti nel romanzo,
quando ormai ci siamo fatti tutte le domande che potevamo farci e abbiamo
indovinato almeno una parte della vicenda della pecora nera della famiglia
Ghosh.
Sono 600 pagine che si divorano, quelle di “La vita degli altri”. Perché
Neel Mukherjee tiene desta la nostra attenzione, perché varia il suo racconto,
perché il suo sguardo si sposta dall’uno all’altro dei personaggi come se
fossero chiamati alla ribalta, perché la storia di famiglia passa dall’anziano
Prafullanath, che ha un infarto dopo aver fronteggiato gli scioperanti davanti
alla cartiera, al fedele servitore Madan, accusato di aver rubato dei gioielli,
dal terzogenito dei Ghosh, che ha un attaccamento quasi incestuoso per la
sorella, al nipote che rimane invischiato nel circolo della droga, dal
secondogenito dei Ghosh, che dirige una fallimentare casa editrice, al ragazzo
che è un genio della matematica, il figlio della pecora nera che vincerà una
borsa di studio per una prestigiosa università americana.
Le donne, poi, sono
un mondo a sé, attraversato da correnti di gelosie, di sensualità, di rivalità.
Tutto acquista un secondo significato in questo mondo- i piatti cucinati e
serviti, il numero dei sari ricevuti in regalo e la qualità dei tessuti, i
gioielli, d’obbligo per qualunque donna indiana: quando si sposa sua figlia (e
la famiglia è già sulla via del declino), la massima ambizione di Priyo è che
lei appaia ricoperta d’oro.
C’è una seconda narrativa che scorre lungo tutto il romanzo, una sorta
di diario del nipote maggiore dei Ghosh che si è unito ai naxaliti, i ribelli
maoisti che reclamano con la violenza equità nella distribuzione delle
ricchezze e la terra per i contadini. Supratik scrive queste pagine per una
donna (anche qui, scopriremo a poco a poco chi sia e la storia che c’è dietro)
e la distanza fra le due narrazioni è enorme, la prima spiega la seconda, il
dare per scontato che una famiglia come i Ghosh abbia diritto ai lussi di cui
gode, semplicemente perché da sempre è stato così, giustifica le scelte
politiche di Supratik. C’è un abisso tra la vita di miseria e di duro lavoro
che ora condivide con i contadini e quella nella residenza della sua famiglia.
Il paragone con “I Buddenbrook” non è
sprecato. E penso anche al titolo 'Declino di una famiglia’ che Mann voleva
dare al suo libro. I Ghosh al posto dei Buddenbrook. Penso anche a “La melodia
di Vienna” di Ernst Lothar. Un romanzo grandioso ambientato in un altro paese,
con un’altra cultura, a migliaia di chilometri di distanza- Calcutta al posto
di Lubecca o di Vienna. Un romanzo altrettanto ricco di sfumature, di personaggi,
di storie. Uno di quei romanzi che ti fanno dire che no, il romanzo non è
affatto morto. Per fortuna.
la recensione e l'intervista sono state pubblicate su www.stradanove.net
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