lunedì 4 febbraio 2019

Sabahattin Ali, “Madonna col cappotto di pelliccia” ed. 2019


                                           Voci da mondi diversi. Medio Oriente
        love story


Sabahattin Ali, “Madonna col cappotto di pelliccia”
Ed. Fazi, trad. B. La Rosa Salim, pagg. 209, Euro 13,60

    Un breve romanzo dentro un altro breve romanzo- è questa la struttura della “Madonna col cappotto di pelliccia” dello scrittore turco Sabahattin Ali pubblicato e passato quasi inosservato per la prima volta nel 1943.  Ha acquistato fama in tempi recenti, adottato come libro che li rappresentava dagli studenti in protesta a Istanbul nel 2013, è stato stampato in un milione di copie soltanto in Turchia, tanto che allo scrittore è stata dedicata una statua ad Ardino, luogo dove è nato. Eppure, diciamo la verità anche se non è facile andare controcorrente, il romanzo non è eccelso ed è anche piuttosto datato- dobbiamo leggere tra le righe per capire perché sia diventato un vessillo studentesco.
       Inizia negli anni ‘30 ad Ankara. Il protagonista (il narratore numero uno) è rimasto senza lavoro e trova un impiego in una ditta che commercia in legname grazie ad un vecchio compagno di scuola presuntuoso e supponente. Conosce così Raif Effendi, traduttore presso la stessa ditta, un uomo ‘grigio’, in apparenza abulico, indifferente alle prese in giro e alle piccole angherie di cui è succube, spesso ammalato. Il nostro protagonista impara a conoscerlo meglio proprio perché, una volta in cui Raif era assente, deve andare a casa sua per portargli dei documenti da tradurre. Anche in famiglia la personalità di Raif non brilla, schiacciato da moglie, figlie, cognati. Un uomo inesistente. Come si può vivere così? Si vive perché si nasconde un’altra vita segreta, ormai passata senza speranza, ma così ricca da permettere di vivere di ricordi.

     Un taccuino che Raif conservava nello scrittoio in ufficio è la seconda ‘scatola cinese’- cambia il narratore e cambiano tempo e luogo della vicenda. La voce che sentiamo è quella di Raif che scrive il suo diario nel 1933 rievocando fatti avvenuti un decennio prima quando il padre lo aveva mandato a Berlino perché apprendesse la lingua e facesse esperienza di lavoro. Da Ankara a Berlino. Un abisso tra due mondi, due culture, due lingue, due climi diversi. Solitudine. Poi, ad una mostra in un museo, Raif vede un quadro che rappresenta una donna avvolta in un cappotto di pelliccia e ne resta incantato. Anzi, si innamora della donna del quadro- una sorta di sindrome di Stendhal. E’ l’autoritratto di Maria Pruder ed è un giornalista che ha usato per primo la parola ‘Madonna’, trovando una somiglianza tra il viso della donna con la pelliccia e quello della Madonna con Arpie di Andrea Del Sarto. In un incontro casuale per strada Reif riconoscerà la sua Madonna. A voi leggere il resto della storia d’amore con la conclusione nuovamente nel tempo presente e la malattia di Reif Effendi. Malattia che forse è un male di vivere, una rinuncia alla vita, il che spiega pure la sua apatia e il suo disinteresse per tutto e tutti.

    Lo stile narrativo di Sabahattin Ali non è certo vivace, la prima parte ci sprofonda nella monotona e spenta quotidianità della vita dei due impiegati, mentre la seconda accelera un poco in attesa di quello che deve essere un momento cruciale. Eppure Reif Effendi resta un personaggio scialbo, il prototipo del romantico che non è uomo d’azione, in netto contrasto con Maria, decisa, volitiva, anticonvenzionale. E’ in queste sue caratteristiche che possiamo leggere l’ammirazione dei giovani ribelli di Gezi Park, nel suo rifiuto di legami, nel dichiarare che non disdegnerebbe un amore lesbico, nella spavalderia con cui abbina il suo essere pittrice e cantante in un cabaret- Maria non è la donna sottomessa del tipo che il governo turco di estrema destra vorrebbe. Mentre Reif, che legge i romanzieri russi e vede un nuovo mondo spalancarsi davanti a sé, assomiglia a Sabahattin Ali che, come Reif, visse per quasi due anni a Berlino e, al suo ritorno in Turchia, era un uomo diverso, un libero pensatore. Imprigionato con l’accusa di avvelenare le menti degli studenti con idee pericolose, accusato di simpatie sovietiche, finito una seconda volta in prigione, decise di abbandonare la Turchia. La versione ufficiale è che fu ucciso dal ‘passatore’ che doveva portarlo al di là del confine con la Bulgaria. Sembra più probabile, però, che sia morto per le torture che subì in prigione. Un libro di Balzac e uno di Onegin tra i suoi effetti personali.

     Comprendiamo meglio, allora, quell’atmosfera un po’ da sogno, quell’amore idealizzato, che ci sembra irreale e che ci mette un poco a disagio, in “Madonna col cappotto di pelliccia”. Esiste un mondo dove c'è la libertà di parlare e di vivere come più aggrada. E’ in questo che i giovani turchi oppressi dal regime di Erdogan devono e vogliono credere. E’ per questo che amano il romanzo di Sabahattin Ali, nonostante tutto.

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