Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Laura Lippman, “I morti lo sanno”
Ed. Giano, trad. Luisa Pissi,
pagg. 377, Euro 18,00
Pensavamo che fosse propria dei nostri
tempi, la paura che, basta un
attimo, basta girare un occhio, allentare la presa della mano, e il nostro bambino scompare. Pensavamo
che in passato non esistesse la fobia dei luoghi affollati, perché è lì che è
così facile confondersi tra la ressa di persone, e poi è impossibile cogliere
con un’occhiata la macchia del colore di un abito o di un cappellino. E invece,
senza bisogno di ricordare il tristemente famoso rapimento di baby Lindbergh (è
da allora che è stata coniata la parola “kidnapping”), queste cose sono sempre
successe, i bambini sono sempre stati facile preda degli adulti con le mire più
varie, dal riscatto in soldi al soddisfacimento di voglie sessuali. Il romanzo
della scrittrice americana Laura Lippman, “I morti lo sanno”, prende l’avvio da
un fatto realmente accaduto nel 1975,
quando due sorelle scomparvero senza
lasciare traccia, dopo aver passato il pomeriggio in un centro commerciale.
Si chiamano Sunny e Heather Bethany, le sorelle che sono le protagoniste del
romanzo. Quindici anni la maggiore, quasi dodici la minore. E sarebbe stato più
appropriato che l’una avesse il nome dell’altra: che si chiamasse Sunny la
solare, intraprendente, brillante Heather e Heather la spinosa, un poco lenta
Sunny. La famiglia Bethany è in apparenza felice; i genitori, Dave e Miriam,
sono figli della loro epoca, credono nella spiritualità e nell’amore, nei
legami famigliari che devono essere curati- tutto è condiviso, tutto si fa
sempre insieme; i Bethany sono degli idealisti,
tra i primi a vantare la necessità di mangiare cibi naturali, a cercare di
sottrarsi al consumismo. Con le figlie più o meno convinte. E Miriam che, il pomeriggio
in cui le bambine scompaiono, sta tradendo il marito in un motel.
Che cosa è successo a Sunny e a Bethany?
Naturalmente non abbiamo nessuna intenzione di svelarlo al lettore perché il
romanzo della Lippman si regge su una forte
tensione ed è costruito con grande abilità in un continuo spostamento
temporale tra presente e passato,
tra il nostro tempo, quando l’auto di una donna slitta su una macchia d’olio
sulla strada, urta leggermente un Suv provocando un incidente ma allontanandosi
senza prestare soccorso, e trent’anni fa, il 1975 che ha marcato per sempre la
vita di una famiglia. Perché la patente della donna è a nome di Penelope
Jackson, ma lei dice di essere Heather Bethany. Dovrebbe essere facile nel
nuovo millennio supertecnologico, superdocumentato, in cui ognuno di noi è
schedato e sorvegliato in ogni momento della sua vita, provare l’identità di
una persona. Impronte dentali, DNA, testimonianze: niente di tutto questo è
possibile per Heather Bethany. Lei e la sorella non hanno mai avuto bisogno del
dentista, il padre era contrario a qualunque tipo di cura che forzasse in
qualche maniera il corso della natura; quanto al DNA, è inutile che la madre si
precipiti dal Messico dove ora vive: Sunny e Heather erano state adottate. E
Sunny, che potrebbe fornire la prova, è morta, dice Heather. Che strano, “questa donna è la Regina dei Morti”, dice
ad un certo punto l’ispettore che si occupa del caso, perché sono tutti morti
quelli che hanno avuto a che fare con lei. O è come se lo fossero, ed è il caso
dell’uomo con l’Alzheimer che è certamente coinvolto.
Non è solo l’interrogativo sull’identità
della donna che ci trascina nella lettura de “I morti lo sanno”, ma anche l’indagine psicologica, la cura con cui
la Lippman
scava nell’animo dei personaggi, il senso di colpa, l’attesa senza fine del
padre, la diversa reazione della madre. E i pensieri delle ragazzine, in pagine
di deliziosa freschezza mentre si
preparano alla grande avventura di un sabato pomeriggio da sole. Per arrivare
al “momento” in cui tutto succede, e al “dopo”, e all’”adesso”.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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