Voci da mondi diversi. Africa
la Storia nel romanzo
FRESCO DI LETTURA
Yasmina Khadra, “L’ultima notte del Rais”
Ed. Sellerio, trad. Marina Di
Leo, pagg. 159, Euro 15,00
Sirte, Libia. Notte
fra il 19 e il 20 ottobre 2011. E’
l’ultima notte del colonnello Muammar
Gheddafi. E’ nascosto in una scuola abbandonata dove mai nessuno penserebbe
di cercarlo. Con lui un pugno di uomini fedeli in cui, tuttavia, la fedeltà
cieca incomincia a creparsi lasciando infiltrare dubbi. Ha dei dubbi lui,
Muammar Gheddafi, l’indiscusso Fratello Guida della Libia per quarantadue anni,
l’uomo che a solo 27 anni ha deposto re Idris con un colpo di Stato?
Lo scrittore algerino Yasmine Khadra
(pseudonimo di Mohamed Moulessehoul) racconta in prima persona la vita del
colonnello, immedesimandosi in lui nella notte buia che precede il tentativo di
fuga e la cattura. Non è un racconto che segue una linea temporale diritta, non
potrebbe esserlo nella concitazione del momento. Piuttosto dei flashback in un costante confronto tra ‘allora’ e ‘dopo’,
tra ‘dopo’ e ‘adesso’. Tra il bambino che cresce nel deserto e poi va a
scuola e addirittura in Inghilterra e il giovanotto aitante e orgoglioso che vuole
fare qualcosa per il suo paese mettendo fine ad una monarchia corrotta, tra il
ventisettenne che si presenta con un fascio di fiori a chiedere la mano della
ragazza che occhieggiava a scuola (e viene respinto con disprezzo dal padre di
lei) e l’uomo che si vanta del numero di donne che ha avuto e che ha saputo far
godere, tra il capo osannato della Libia
e l’uomo braccato che conta il numero di fiale di eroina che ha ancora a
disposizione.
Ha degli interlocutori, Muammar Gheddafi.
Guardie del corpo, l’attendente, il comandante della Guardia popolare (Mansour era
il suo braccio destro), il generale Abu Bakr, il giovane tenente colonnello
Trid che sembra essere l’unico, in questo momento, ad avere speranze per il
futuro. Ma possono parlare liberamente con lui? possono essere sinceri? Quando
si azzarda a dire che solo Dio è infallibile (e quindi, nonostante possa
pensare di essere un dio in terra, Gheddafi non lo è), Mansour suscita un’ira
incontrollata nel Rais. Le domande che Gheddafi rivolge a chi gli è vicino sono
retoriche. Non ama essere contraddetto,
non ammette di aver mancato in qualcosa, di aver tradito gli ideali con cui si
è imposto come Fratello Guida, non accetta che sia proprio il suo popolo a
rivoltarglisi contro, non vuole neppure vedere la differenza tra sé e Saddam
Hussein, catturato dagli americani. Lui non si nasconderà come Saddam Hussein,
non si farà catturare con la barba lunga e un aspetto disonorevole. E invece
sì, che ironia, Gheddafi sarà stanato da una condotta, ucciso sul posto, il suo
corpo straziato. A ore di distanza dalla fine, la cecità di Gheddafi è totale. “Sono Muammar Gheddafi, il mito fatto uomo”
e tutto ciò che ha fatto, tutte le morti che ha ordinato o causato, è
giustificato. Non aveva fatto lo stesso anche Stalin? Non si può essere
discriminanti con un popolo che deve essere diretto.
La megalomania
è il male che affligge i dittatori. Il porsi al centro dell’universo e il
finire per credere loro stessi di aver diritto al culto del personaggio che
hanno creato. “L’ultima notte del Rais” mi ha fatto pensare al film “La caduta.
Gli ultimi giorni di Hitler” del regista Hirschbiegel (2004), alle uguaglianze
e alla differenze di una situazione simile, quando il mondo sta crollando e la
persona che è responsabile del crollo a tutto pensa tranne che alle altre
vittime, vuole essere rassicurato fino alla fine di essere al di sopra di ogni
giudizio ed è incapace di vedere la realtà.
Il libro di Yasmina Khadra si legge di un fiato. Perché è Storia recente, perché ricordiamo tutti
la graduale trasformazione di Gheddafi da bel giovane scattante e indubbiamente
idealista a imbolsito eroinomane, vaneggiante e grottesco capo di Stato, perché
avvertiamo una partecipazione sentita,
da parte dello scrittore, all’evoluzione di un dramma che non è solo quello
della Libia ma di tutti i paesi arabi della fascia mediterranea.
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