INTERVISTA A TRACY CHEVALIER, autrice di “Strane creature”
Il dono di Tracy Chevalier è quello di saper risvegliare il nostro
interesse, di accendere la nostra curiosità. Ero stata parecchie volte a
Parigi, anche per lunghi periodi di studio, eppure non avevo mai visto gli
arazzi esposti nel Museo Nazionale del Medioevo raffiguranti ‘La Dama e l’Unicorno’. Ci sono
andata apposta, dopo aver letto il romanzo di Tracy Chevalier che ha questo
titolo, restando abbagliata dai sei pannelli a sfondo rosso. Acquistando il
biglietto d’ingresso, avevo chiesto se avessero notato un aumento nel numero
dei visitatori in seguito alla pubblicazione del libro: la risposta era stata
affermativa.
“Strane creature”, il nuovo
romanzo pubblicato ora da Neri Pozza, ci trasporta nel mondo della
paleontologia e, ancora una volta, ci spinge a ulteriori ricerche, dopo aver
terminato la lettura. Lei, Tracy Chevalier, arriva all’incontro con due fossili
trovati sulla spiaggia di Lyme: un osso della spalla di un plesiosauro e una
vertebra dello stesso animale scomparso. E ci invita a toccarli, facendoci
entrare in un tempo di…quante migliaia di anni fa?
Questi fossili sono forse un poco come le storie che Lei tira fuori dal
passato? E’ una cercatrice di fossili anche metaforicamente?
Non ci avevo mai pensato: è vero che
vado in cerca di pezzetti di storia da raccontare ai lettori. Sì, forse c’è un
poco di Mary Anning anche in me. Ma cercare fossili è stata per me
un’esperienza straordinaria: nel mondo che è sempre più pieno di rumore, devi
camminare sulla sabbia in silenzio e con attenzione. Ha rallentato la mia vita;
c’era come una promessa di un tesoro nascosto nella ricerca. Cercare fossili è
come una fame mai soddisfatta: ne trovi uno e speri di trovarne un altro, non
ti bastano mai.
Il titolo originale del libro è “Remarkable creatures”, leggermente
diverso da quello italiano. Le ‘creature straordinarie’, degne di attenzione,
diverse, del titolo sono nello stesso tempo i grossi animali preistorici e le
due donne protagoniste. Di se stessa Lei una volta ha detto di sentirsi un poco
una ‘outsider’: si sente diversa, come Mary Anning?
Be’, penso che uno scrittore, per riuscire a
scrivere, debba non appartenere a niente, debba stare un poco isolato da tutto.
E tuttavia penso che ognuno di noi si senta diverso dagli altri. La mia stessa
vita, poi, mi ha portato ad essere una outsider, in quanto americana in Gran
Bretagna…
Come ha ‘trovato’ Mary Anning?
Accompagnando mio
figlio, che allora aveva sei anni e amava i dinosauri, a visitare un piccolo
museo nel Dorset. C’era un settore del museo dedicato a Mary Anning, mi ha
colpito immediatamente e ho saputo subito che avrei scritto di lei.
Tuttavia si sa poco di Mary Anning. Dove ha indirizzato le sue
ricerche?
E’ vero, si è scritto poco su di lei e
sarebbe difficile scriverne la biografia. Nel 1930, però, un tal Lang ha fatto
delle ricerche e gli studi moderni su Mary Anning si basano sui suoi scritti.
Ci sono però delle lettere scritte da Mary e altre a lei indirizzate, sono
negli archivi e le ho lette. Poi sono andata a Lyme Regis e ho fatto quello che
faceva lei: sono andata a cercare fossili e infatti ho trovato questi che ho
messo sul tavolo. Per me è importante fare quello che farebbero i miei
personaggi: quando scrivevo “La ragazza con l’orecchino di perla” sono andata a
lezioni di pittura, sono andata nei cimiteri per “Quando cadono gli angeli” e
ho frequentato laboratori di tessitura mentre scrivevo “La dama e l’unicorno”.
Era impossibile che riuscissi a scrivere di fossili senza andare io stessa a
cercarli.
Mary Anning sembra avere un occhio speciale per i fossili. Che cos’è?
Un dono, oppure è necessario un apprendimento, magari dettato dalla necessità
di guadagnarsi da vivere? Oppure, ma non credo, è fortuna?
No,
non è fortuna. E’ come essere un pianista concertista. Si possono prendere
lezioni e imparare a suonare il piano, ma pochissimi hanno la scintilla del
genio. Anche io ho imparato a cercare fossili, ho allenato l’occhio, ma non
sarei mai capace di trovare i grossi reperti. Mary aveva di certo un dono
speciale.
E come poteva Mary Anning, una ragazzina senza cultura, essere capace
di ricostruire quegli animali di cui nessuno sapeva nulla?
Fu veramente incredibile,
trovare qualcosa che nessuno sapeva esistesse. Ma Mary era stata allenata da
degli adulti intorno a lei che le avevano insegnato a non separare mai le cose
che trovava. Di certo qualcuno le ha detto che tutto andava mantenuto così come
veniva trovato. Alcuni scheletri, il plesiosauro, ad esempio, si era conservato
perfettamente schiacciato nella roccia e lei lo ha mantenuto così.
Che funzione ha Elizabeth Philpot? Le è servita come espediente
narrativo?
Sì, proprio così.
Elizabeth è un personaggio importante e sono stata contenta di incontrarla
durante le mie ricerche, di scoprire che lei e Mary erano amiche. Di Elizabeth
sappiamo ancora di meno che di Mary. Noi siamo più simili a Elizabeth che a
Mary, ed Elizabeth mi serviva per prendere la distanza. Noi guardiamo come da
sopra la spalla di Elizabeth, con meraviglia, le scoperte di Mary. Il lettore
può, così, vedere Mary Anning come il vero genio. In più Elizabeth aveva una
certa rendita che le permetteva di cercare fossili per suo piacere, Elizabeth
poteva essere la più intellettuale, poteva mettere in discussione la portata di
queste scoperte come Mary non può fare: ci permette di guardare Mary in maniera
diversa.
I luoghi di Jane Austen- the Cobb. Lyme Regis |
Mentre facevo le
ricerche per il libro, sono venuta a sapere che Jane Austen aveva fatto visita
alla casa di Mary Anning, aveva chiesto al padre di Mary Anning di ripararle un
cassettone. Questi, però, le chiese troppo per fare il lavoro e non se ne fece
nulla. Però la storia mi è piaciuta: non potevo fare entrare Jane Austen
direttamente nel romanzo, e allora ho attribuito la stessa esperienza ad
Elizabeth che si rivolge al padre di Mary Anning per farsi fare una teca per i
fossili. Ero consapevole che Elizabeth fosse un personaggio ‘alla Jane Austen’:
sono tre sorelle non sposate, sono amiche di Mary, il che è insolito per via
della differenza di classe sociale. Il libro è sia sulla loro amicizia sia sul
ritrovamento dei fossili. Direi che “Strane creature” è un romanzo alla Jane
Austen per il secolo XXI. Jane Austen non si è mai sposata, in genere nei suoi
libri le ragazze si sposano e vivono felici. Ma la realtà spesso non è così: il
mio libro rappresenta la via alternativa al matrimonio.
Nel libro si accenna spesso alle conseguenze della scoperta dei
fossili: perché tanta paura?
Era la paura della teoria dell’evoluzione
della specie: gli uomini non solo non sono più al centro dell’universo- già Galileo
lo aveva messo in chiaro- ma Darwin fece capire che l’uomo non è neppure al
centro del mondo di Dio. L’uomo poteva estinguersi, proprio come gli animali.
E’ l’inizio della sfida lanciata dalla scienza alla religione.
Mi sono chiesta se, nella traduzione, perdiamo una differenza di
linguaggio delle due protagoniste, perché di certo Mary si esprimeva
diversamente da Elizabeth.
In una traduzione si
perde sempre qualcosa, d’altra parte anche io ho perso qualcosa, perché Mary
aveva un forte accento del Dorset che non potevo di certo riprodurre. Sono
ricorsa a dei giochetti verbali per indicare che Mary aveva un accento diverso
da Elizabeth. Già in inglese, quindi, c’è una sorta di compromesso, come c’è un
compromesso nella traduzione italiana.
Nei suoi romanzi Lei privilegia il passato, come mai?
Non ho mai saputo rispondere a questa
domanda. Forse è perché vedo il presente come una sola dimensione. Se, invece,
guardiamo al futuro- come fanno i giovani- acquistiamo due dimensioni. Ma se
guardiamo indietro, al passato, se gettiamo un
occhio a da dove veniamo, allora diventiamo tridimensionali. Possiamo
allora comprendere quale sia il nostro posto, come ci inseriamo in questo
mondo. Ecco, forse spero di trasformarmi in questo essere tridimensionale
guardando nel passato.
Come definirebbe il sentiero letterario che ha scelto per sé? Voglio
dire, mi sembra che Lei ami scegliere un personaggio minore e poi ci costruisca
intorno una storia che ha a che fare con altri personaggi o avvenimenti più
importanti, dandoci come una visione laterale del tutto.
Non è stata una scelta
deliberata ma è una cosa che mi è venuta naturale, come quello che amo fare. E’
una nuova tendenza di guardare la storia, non tanto la storia di re e battaglie
ma quello che accade alla gente comune. Mi piace guardare il passato dal punto
di vista delle persone che non hanno voce. E’ un sentiero meno calpestato e più
facile, non corro il rischio di ripetere quello che hanno già fatto altri
romanzieri e biografi.
Questo libro le causerà dei problemi con i creazionisti?
In Gran Bretagna non ho avuto problemi,
negli Stati uniti il libro uscirà a gennaio e lì potrebbero esserci problemi.
Andrò a Cincinnati, nell’Ohio, a presentare il libro e lì vicino c’è un piccolo
museo creazionista che avvicina l’uomo delle caverne ai dinosauri come se
fossero contemporanei. Forse solleveranno questioni. Però i creazionisti
leggono solo la Bibbia ,
perciò la cosa più probabile è che non leggano affatto il mio romanzo.
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