venerdì 2 maggio 2014

Tracy Chevalier, "Strane creature". Intervista 2009





INTERVISTA A TRACY CHEVALIER, autrice di “Strane creature”

  Il dono di Tracy Chevalier è quello di saper risvegliare il nostro interesse, di accendere la nostra curiosità. Ero stata parecchie volte a Parigi, anche per lunghi periodi di studio, eppure non avevo mai visto gli arazzi esposti nel Museo Nazionale del Medioevo raffiguranti ‘La Dama e l’Unicorno’. Ci sono andata apposta, dopo aver letto il romanzo di Tracy Chevalier che ha questo titolo, restando abbagliata dai sei pannelli a sfondo rosso. Acquistando il biglietto d’ingresso, avevo chiesto se avessero notato un aumento nel numero dei visitatori in seguito alla pubblicazione del libro: la risposta era stata affermativa.
“Strane creature”, il nuovo romanzo pubblicato ora da Neri Pozza, ci trasporta nel mondo della paleontologia e, ancora una volta, ci spinge a ulteriori ricerche, dopo aver terminato la lettura. Lei, Tracy Chevalier, arriva all’incontro con due fossili trovati sulla spiaggia di Lyme: un osso della spalla di un plesiosauro e una vertebra dello stesso animale scomparso. E ci invita a toccarli, facendoci entrare in un tempo di…quante migliaia di anni fa?

Questi fossili sono forse un poco come le storie che Lei tira fuori dal passato? E’ una cercatrice di fossili anche metaforicamente?
    Non ci avevo mai pensato: è vero che vado in cerca di pezzetti di storia da raccontare ai lettori. Sì, forse c’è un poco di Mary Anning anche in me. Ma cercare fossili è stata per me un’esperienza straordinaria: nel mondo che è sempre più pieno di rumore, devi camminare sulla sabbia in silenzio e con attenzione. Ha rallentato la mia vita; c’era come una promessa di un tesoro nascosto nella ricerca. Cercare fossili è come una fame mai soddisfatta: ne trovi uno e speri di trovarne un altro, non ti bastano mai.


Il titolo originale del libro è “Remarkable creatures”, leggermente diverso da quello italiano. Le ‘creature straordinarie’, degne di attenzione, diverse, del titolo sono nello stesso tempo i grossi animali preistorici e le due donne protagoniste. Di se stessa Lei una volta ha detto di sentirsi un poco una ‘outsider’: si sente diversa, come Mary Anning?
     Be’, penso che uno scrittore, per riuscire a scrivere, debba non appartenere a niente, debba stare un poco isolato da tutto. E tuttavia penso che ognuno di noi si senta diverso dagli altri. La mia stessa vita, poi, mi ha portato ad essere una outsider, in quanto americana in Gran Bretagna…

Come ha ‘trovato’ Mary Anning?
     Accompagnando mio figlio, che allora aveva sei anni e amava i dinosauri, a visitare un piccolo museo nel Dorset. C’era un settore del museo dedicato a Mary Anning, mi ha colpito immediatamente e ho saputo subito che avrei scritto di lei.   


Tuttavia si sa poco di Mary Anning. Dove ha indirizzato le sue ricerche?
     E’ vero, si è scritto poco su di lei e sarebbe difficile scriverne la biografia. Nel 1930, però, un tal Lang ha fatto delle ricerche e gli studi moderni su Mary Anning si basano sui suoi scritti. Ci sono però delle lettere scritte da Mary e altre a lei indirizzate, sono negli archivi e le ho lette. Poi sono andata a Lyme Regis e ho fatto quello che faceva lei: sono andata a cercare fossili e infatti ho trovato questi che ho messo sul tavolo. Per me è importante fare quello che farebbero i miei personaggi: quando scrivevo “La ragazza con l’orecchino di perla” sono andata a lezioni di pittura, sono andata nei cimiteri per “Quando cadono gli angeli” e ho frequentato laboratori di tessitura mentre scrivevo “La dama e l’unicorno”. Era impossibile che riuscissi a scrivere di fossili senza andare io stessa a cercarli.

Mary Anning sembra avere un occhio speciale per i fossili. Che cos’è? Un dono, oppure è necessario un apprendimento, magari dettato dalla necessità di guadagnarsi da vivere? Oppure, ma non credo, è fortuna?
      No, non è fortuna. E’ come essere un pianista concertista. Si possono prendere lezioni e imparare a suonare il piano, ma pochissimi hanno la scintilla del genio. Anche io ho imparato a cercare fossili, ho allenato l’occhio, ma non sarei mai capace di trovare i grossi reperti. Mary aveva di certo un dono speciale.

E come poteva Mary Anning, una ragazzina senza cultura, essere capace di ricostruire quegli animali di cui nessuno sapeva nulla?
    Fu veramente incredibile, trovare qualcosa che nessuno sapeva esistesse. Ma Mary era stata allenata da degli adulti intorno a lei che le avevano insegnato a non separare mai le cose che trovava. Di certo qualcuno le ha detto che tutto andava mantenuto così come veniva trovato. Alcuni scheletri, il plesiosauro, ad esempio, si era conservato perfettamente schiacciato nella roccia e lei lo ha  mantenuto così.

Che funzione ha Elizabeth Philpot? Le è servita come espediente narrativo?
    Sì, proprio così. Elizabeth è un personaggio importante e sono stata contenta di incontrarla durante le mie ricerche, di scoprire che lei e Mary erano amiche. Di Elizabeth sappiamo ancora di meno che di Mary. Noi siamo più simili a Elizabeth che a Mary, ed Elizabeth mi serviva per prendere la distanza. Noi guardiamo come da sopra la spalla di Elizabeth, con meraviglia, le scoperte di Mary. Il lettore può, così, vedere Mary Anning come il vero genio. In più Elizabeth aveva una certa rendita che le permetteva di cercare fossili per suo piacere, Elizabeth poteva essere la più intellettuale, poteva mettere in discussione la portata di queste scoperte come Mary non può fare: ci permette di guardare Mary in maniera diversa.

 Nel romanzo fa la sua comparsa- quasi fosse un cammeo- Jane Austen, e, dopo tutto, “Strane creature” ha qualcosa dei romanzi di Jane Austen: sono tutti riferimenti voluti?      
I luoghi di Jane Austen- the Cobb. Lyme Regis
     Mentre facevo le ricerche per il libro, sono venuta a sapere che Jane Austen aveva fatto visita alla casa di Mary Anning, aveva chiesto al padre di Mary Anning di ripararle un cassettone. Questi, però, le chiese troppo per fare il lavoro e non se ne fece nulla. Però la storia mi è piaciuta: non potevo fare entrare Jane Austen direttamente nel romanzo, e allora ho attribuito la stessa esperienza ad Elizabeth che si rivolge al padre di Mary Anning per farsi fare una teca per i fossili. Ero consapevole che Elizabeth fosse un personaggio ‘alla Jane Austen’: sono tre sorelle non sposate, sono amiche di Mary, il che è insolito per via della differenza di classe sociale. Il libro è sia sulla loro amicizia sia sul ritrovamento dei fossili. Direi che “Strane creature” è un romanzo alla Jane Austen per il secolo XXI. Jane Austen non si è mai sposata, in genere nei suoi libri le ragazze si sposano e vivono felici. Ma la realtà spesso non è così: il mio libro rappresenta la via alternativa al matrimonio.

Nel libro si accenna spesso alle conseguenze della scoperta dei fossili: perché tanta paura?
    Era la paura della teoria dell’evoluzione della specie: gli uomini non solo non sono più al centro dell’universo- già Galileo lo aveva messo in chiaro- ma Darwin fece capire che l’uomo non è neppure al centro del mondo di Dio. L’uomo poteva estinguersi, proprio come gli animali. E’ l’inizio della sfida lanciata dalla scienza alla religione.

Mi sono chiesta se, nella traduzione, perdiamo una differenza di linguaggio delle due protagoniste, perché di certo Mary si esprimeva diversamente da Elizabeth.
     In una traduzione si perde sempre qualcosa, d’altra parte anche io ho perso qualcosa, perché Mary aveva un forte accento del Dorset che non potevo di certo riprodurre. Sono ricorsa a dei giochetti verbali per indicare che Mary aveva un accento diverso da Elizabeth. Già in inglese, quindi, c’è una sorta di compromesso, come c’è un compromesso nella traduzione italiana.

Nei suoi romanzi Lei privilegia il passato, come mai?
    Non ho mai saputo rispondere a questa domanda. Forse è perché vedo il presente come una sola dimensione. Se, invece, guardiamo al futuro- come fanno i giovani- acquistiamo due dimensioni. Ma se guardiamo indietro, al passato, se gettiamo un  occhio a da dove veniamo, allora diventiamo tridimensionali. Possiamo allora comprendere quale sia il nostro posto, come ci inseriamo in questo mondo. Ecco, forse spero di trasformarmi in questo essere tridimensionale guardando nel passato.

Come definirebbe il sentiero letterario che ha scelto per sé? Voglio dire, mi sembra che Lei ami scegliere un personaggio minore e poi ci costruisca intorno una storia che ha a che fare con altri personaggi o avvenimenti più importanti, dandoci come una visione laterale del tutto.
     Non è stata una scelta deliberata ma è una cosa che mi è venuta naturale, come quello che amo fare. E’ una nuova tendenza di guardare la storia, non tanto la storia di re e battaglie ma quello che accade alla gente comune. Mi piace guardare il passato dal punto di vista delle persone che non hanno voce. E’ un sentiero meno calpestato e più facile, non corro il rischio di ripetere quello che hanno già fatto altri romanzieri e biografi.

Questo libro le causerà dei problemi con i creazionisti?

    In Gran Bretagna non ho avuto problemi, negli Stati uniti il libro uscirà a gennaio e lì potrebbero esserci problemi. Andrò a Cincinnati, nell’Ohio, a presentare il libro e lì vicino c’è un piccolo museo creazionista che avvicina l’uomo delle caverne ai dinosauri come se fossero contemporanei. Forse solleveranno questioni. Però i creazionisti leggono solo la Bibbia, perciò la cosa più probabile è che non leggano affatto il mio romanzo.

la dedica di Tracy è per mia figlia

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