Voci da mondi diversi. Medio Oriente
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Zoë Ferraris, “I
diciannove angeli”
Ed. Piemme, trad.
Monica Capuani, pagg. 396, Euro 17,50
Titolo originale: Kingdom of Strangers
Arabia
Saudita. Jedda, il cancello per la Mecca, meta di pellegrinaggio per i
musulmani. Vengono ritrovati diciannove
corpi di donne sepolti nelle sabbie del deserto. Diciannove come il numero
degli angeli che, secondo il Corano, sono a guardia dell’inferno. I volti delle
donne, anche se parzialmente sfigurati,
mostrano che sono tutte filippine. Uccise tutte come per un’esecuzione, con un
colpo di pistola alla nuca. A tutte sono state mozzate le mani. L’ispettore
Ibrahim Zahrani è incaricato delle ricerche, affiancato da Katya, tecnico della
Scientifica.
Zoë Ferraris, americana che si è trasferita
a Jedda dopo la guerra del Golfo, ci ha regalato un thriller appassionante e
insolito, sia per l’ambientazione sia per i personaggi: dal suo punto di vista
privilegiato di straniera che però conosce perfettamente la realtà di cui
parla, ci racconta meglio di qualunque reportage giornalistico la vita
quotidiana in un paese musulmano dove l’ osservanza delle norme religiose
regola ogni azione dei cittadini, le punizioni imposte dalla sharia per i reati ‘contro la virtù’
sono di una severità selvaggia secondo i criteri occidentali e le donne sono,
allo stesso tempo, padrone e schiave. Padrone perché devono per forza avere un
uomo che sia a loro servizio accompagnandole ovunque e schiave perché non sono
libere di fare nulla di loro propria iniziativa. La trama e i personaggi de “I
diciannove angeli” sono perfetti per esplorare le contraddizioni e il nascosto
malessere di un paese arabo. In realtà sono due le trame del romanzo di
Zoë Ferraris, una ad
evidenziare la tematica dell’altra, una macro-trama con le diciannove vittime
(a cui se ne aggiungono altre in un nuovo progetto del serial killer) e una
micro-trama con una sola vittima- donna naturalmente- che offre una migliore
opportunità per un’analisi di rapporti personali. Tutte le donne sepolte nel
deserto erano domestiche immigrate- chi si preoccupa di denunciare la scomparsa
di una filippina? Al massimo si fa circolare la voce che è tornata in patria.
Insieme al modus operandi dell’assassino (la posizione dei corpi rappresenta
una lettera dell’alfabeto arabo, l’insieme forma parole del Corano: il killer è
un uomo religioso?), veniamo a sapere dei battitori del deserto, beduini capaci
di ‘leggere’ tracce nella sabbia, e anche dell’importanza dell’immigrazione
nella ricca Arabia Saudita dove nessuno si abbassa più a fare certi lavori.
Ibrahim alzò la mano. “A me non interessa quali siano i sentimenti personali che ognuno ha nei confronti delle donne, e non dovrebbe importare neanche a te. Se la preoccupazione per la virtù comincia a impedirti di portare a termine il tuo lavoro, allora c’è qualcosa che non va. E fidati di me, anche in questa città, c’è sempre qualcosa che non va.”
Delle indagini di questo caso scottante (la polizia fatica ad ammettere che anche
a Jedda ci possa essere un serial killer) si occupa Ibrahim Zahrani,
affascinante figura emblematica del mondo arabo. Perché la donna che scompare
nella micro-trama è la sua amante e Zahrani è stretto nella morsa di
un’angoscia che ha più di una motivazione. Sabria era il suo grande amore, lui
teme che sia morta ma non osa denunciarne la scomparsa perché, se il suo legame
con Sabria venisse alla luce, il poco più che quarantenne Ibrahim Zahrani, che
ha fatto a diciott’anni un matrimonio combinato, sarebbe accusato di adulterio.
La massima pena prevista dalla legge per un adultero: decapitazione. E’ per
questo che Zahrani chiede aiuto a Katya per un’indagine privata. E se Ibrahim è
l’uomo ribelle alle strettoie dello stato religioso, Katya è sua compagna in
questo rifiuto dell’accettazione delle norme, pesantissime per le donne,
incredibili per noi.
In questo thriller che ci dà più che il
semplice brivido della narrativa di genere, è bello anche il sorprendente doppio
finale agrodolce dei due protagonisti. Lascia pensare che si apra qualche
crepa, che si intravveda qualche spiraglio di speranza di cambiamenti in una
società dove la virtù è ossessione maniacale.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
la scrittrice Zoë Ferraris
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