Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
il libro dimenticato
Barbara Bellomo, “La ladra di ricordi”
Ed.
Salani, pagg. 312, Euro 15,90
Aveva sette anni la prima volta che aveva rubato qualcosa- una lente di
ingrandimento di suo padre, un entomologo, che andava via di casa per stare con
una donna più giovane. Voleva un ricordo di lui. E questo sarebbe stato il
modello che avrebbe ripetuto in seguito. Mani sudate, battito del cuore accelerato:
erano il segnale che ‘stava per’ farlo di nuovo, che qualcosa reclamava di
essere preso da lei, accumulato in una scatola. Dopo le scatole erano diventate
due, tre…
Isabella De Clio, siciliana, ventotto anni, archeologa, appassionata
studiosa, ricercatrice, in lizza per un posto come direttrice o vicedirettrice
di un museo, capelli rossi, un metro e ottanta di altezza, è una cleptomane,
una ladra, detto brutalmente. Oppure, detto in maniera più gentile, una
collezionista di ricordi. Che poi è una sfaccettatura del suo amore per la
Storia- esiste solo quello che diventa
storia. Voglio far rivivere oggetti e persone dimenticati nel tempo.
“La ladra di ricordi” di Barbara Bellomo ci trasporta indietro nel
tempo, al primo secolo avanti Cristo, e la narrativa si sposta tra il presente
a Todi, dove Isabella ha appena terminato il libro sui cammei di epoca romana
da presentare alla Fondazione museale per la selezione finale, e il 60 a.C. a
Roma dove Clodia, ancora bambina, viene data in sposa ad Ottaviano e riceve in
regalo dalla madre Fulvia uno splendido cammeo su ametista. A Todi un
professore riceve una telefonata da un’anziana signora che gli vuole parlare di
un cammeo, che dice in maniera confusa che qualcuno adesso rivuole indietro il
cammeo. Poco dopo la signora viene trovata morta nel suo appartamento. Del
cammeo di cui aveva parlato non c’è traccia, se ne trova soltanto una
fotografia sgranata.
Chi ha assassinato la povera Luisa Velio? Dove è il cammeo adesso? Come
aveva fatto la Velio ad entrare in possesso del cammeo? Che storia lontana
nascondeva questa preziosa reliquia del passato? E quale era la sua storia più vicina nel
tempo, attraverso quali mani era passata? Questi sono gli interrogativi che
trascinano la trama a passo veloce, con un commissario al cui fascino Isabella
fatica a sottrarsi (è sposato ed Isabella non farebbe mai ad un’altra donna
quello che è stato fatto a sua madre), sottotrame di beghe e rivalità universitarie,
vecchie vicende di un passato lontano che affiorano in una fotografia con
persone che forse è importante rintracciare, flash sull’antica Roma e su
personaggi che abbiamo conosciuto con il volto coperto dalla maschera della
Storia ufficiale. E lei, Isabella, la ricercatrice storica che applica a questo
caso lo stesso metodo che impiega nello studio e sfrutta pure il il vizio che finora solo sua madre aveva smascherato,
percorre tutte le pagine del romanzo e riesce infine a dare una svolta
risolutiva alle indagini. Un bella figura, l’algida Isabella, nella sua
integrità personale e sul lavoro- che lei rubi ricordi ci appare marginale.
Barbara Bellomo (una laurea in lettere e un dottorato in Storia Antica)
ha saputo mescolare generi diversi in un romanzo che è, certamente, un ‘giallo’
prima di tutto, ma che si arricchisce anche di altro. Il tuffo nella storia
dell’antica Roma è affascinante- la storia della piccola Clodia che va sposa ad
Ottaviano e ha paura di quello che l’aspetta anticipa nel tempo l’atteggiamento
di diffidenza della bella Isabella verso tutti gli uomini, tutti possibili
traditori come suo padre. A questo punto, però, il filone ‘rosa’ acquista una
sfumatura più intensa e quasi commovente con il personaggio dell’anziano
professore tuttora perdutamente innamorato della moglie che avrebbe voluto
accompagnare nell’aldilà quando è morta e che si improvvisa padre adottivo
dello scapestrato nipote della donna assassinata- quasi a dire che vale la pena
mettersi in gioco, sempre, per amore, amore per un uomo, o una donna, o un
figlio, o il sostituto di un figlio.
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Barbara Bellomo sarà presente a Tempo di Libri sabato 10 marzo
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