Casa Nostra. Qui Italia
la Storia nel romanzo
il libro ritrovato
Silvia Bonucci, “Distanza di
fuga”
Ed. Sironi, pagg. 221, Euro 16,50
“Sì…mi scusi…ma non ho capito la
domanda…”
“Secondo lei, perché la bambina non ha detto niente?”.
[Porta
la mano sinistra alla tempia, guardando un punto indefinito davanti a sé]”…e perché una bambina di otto anni
dovrebbe voler ricordare di aver guardato negli occhi l’assassino di suo
padre?”.
Zoe: significa ‘vita’ in greco. Zoe
Vinci: com’è che una giovane donna con un nome così fortemente positivo (il suo
vero cognome, di cui Vinci è un’abbreviazione, lo è ancora di più, lo scopriremo in seguito) ha un atteggiamento
rinunciatario verso la vita? Come se si lasciasse vivere, schermandosi da ogni
possibile conflitto o coinvolgimento.
“Distanza di fuga”, il nuovo
romanzo di Silvia Bonucci pubblicato da Sironi, è la storia di Zoe,
fisioterapista a Genova e, insieme, è la storia della sua famiglia che si
inserisce nella storia d’Italia- con un accenno a quella più lontana (il nonno
partigiano) e con un forte, dolorosissimo aggancio a quella (neppur tanto
recente, ormai, ma non ancora assimilata) degli anni di piombo.
Sembra che Zoe, sui trentacinque
anni, stia sempre fuggendo, sempre di fretta sul vecchio motorino, tra un
appuntamento e l’altro nelle case dei pazienti che ha in cura. E’ vero che Zoe
fugge da qualcosa- dai ricordi. Fugge soprattutto da tutto ciò che può
innestare i meccanismi della memoria: giornali, televisione, manifestazioni
politiche. E’ l’esatto contrario del nonno, sordo per l’esplosione di una
granata, che è, invece, il cultore della memoria. Che archivia incessantemente
articoli, foto, ogni genere di documentazione riguardo a quel passato che ha
segnato per sempre la famiglia: suo figlio, il padre di Zoe, è stato una
vittima delle Brigate Rosse. Zoe aveva otto anni, era con lui. Zoe ha visto,
Zoe ha sentito, Zoe ha rimosso.
Silvia Bonucci ci guida con cautela dentro
il dolore della perdita, lungo il sentiero della rinascita e della
riconciliazione, inserendo, una dopo l’altra, tessere diverse e in apparenza
incongruenti di un puzzle che finisce per formare un quadro. I ricordi di Zoe
affiorano a poco a poco, mentre inizia una relazione (con diffidenza e timore,
tra l’avvicinamento e la fuga) con un uomo che ha conosciuto per caso- c’è di
mezzo un cane galeotto. Ma, nel frattempo, il lettore è aiutato nella
ricostruzione da stralci del diario di Zoe bambina (vocetta che ci trapassa il
cuore), dalla registrazione di un interrogatorio con l’uomo che ha ucciso suo
padre (solo alla fine Zoe avrà la forza di guardare il video), da uno scambio
di lettere di due padri affranti (è il padre del brigatista che contatta per
primo nonno Fabrizio), da frasi dette dalla coppia di amici di Zoe, da sua
sorella (era molto piccola all’epoca dei fatti, ha sofferto di meno), da sua
madre (che ha trovato la pace in un convento). E intanto, lungo tutta la
narrazione e sullo sfondo di una Genova congestionata, scorrono altri due
filoni- uno che è una sorta di leit motiv e l’altro che è come un coro di voci
di altre sofferenze. E’ il padre che ha insegnato a Zoe la passione per
l’etologia ed è affascinante seguire- nei passaggi che si riferiscono ai
comportamenti animali- quanto siano istintive e ‘animali’ le reazioni di Zoe.
Compresa quella distanza di fuga del titolo, con cui Zoe tiene a bada chiunque
voglia stringere un rapporto con lei.
Ci sono poi i bozzetti dei pazienti di
Zoe, ognuno con il suo dolore fisico accompagnato spesso da altre afflizioni.
Non tutti i clienti sono simpatici a Zoe. C’è una bimba, però, che strappa il
cuore a lei e a noi. In un certo senso la piccola Sofia, che ha un tumore
inguaribile, la dolcissima bambina che, fragile fantasma nel lettino
d’ospedale, dice a Zoe che le ha fatto il più bel regalo della sua vita (quanto
breve è stata- è una pugnalata per Zoe e per il lettore) portandole dei pesci
in un acquario, è un alter ego della stessa Zoe, che tuttavia non è morta, per
quanto colpita nel profondo, all’età di Sofia.
“Distanza di fuga” è un bel romanzo, con
un’insolita prospettiva sulla nostra storia tormentata.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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