vento del Nord
cento sfumature di giallo
FRESCO DI LETTURA
Viveca
Sten, “Nel nome di mio padre”
Ed. Marsilio, trad. Alessia Ferrari,
pagg. 350, Euro 15,73
Sandhamm. Una delle isole dell’arcipelago di Stoccolma. Un luogo
idilliaco per le vacanze (almeno, così sembra). Gli abitanti fissi sono poco
più di un centinaio e si conoscono tutti, un migliaio di villeggianti sbarcano
sull’isola d’estate, riaprendo le case rimaste chiuse durante l’inverno. Che è
lungo e molto freddo- la temperatura scende anche a venti sotto zero e il mare
diventa una lastra di ghiaccio.
Una mattina sul presto una madre, andando in cucina a prepararsi il
caffè, si accorge che mancano le scarpe della figlia tra quelle allineate
nell’ingresso. Tuffo al cuore, seguito dal pensiero che probabilmente Lina si è
fermata a dormire dalla sua amica. Lo fa spesso, però in genere avvisa. Aspetta
le otto per telefonare e avere una conferma, è una mamma ansiosa. E no, Lina
non è a casa dell’amica. Si sono salutate alle dieci della sera prima. Lina è
scomparsa. Le ricerche della polizia non portano a nessun risultato. Mesi dopo,
sono dei bambini che giocano a nascondino a trovare un braccio. L’orologio al
polso è già sufficiente per identificarne l’appartenenza. La madre vuole
credere che la ragazza sia ancora viva, anche se mutilata. E’ l’unica a
sperarlo.
Non ci sono grandi sorprese nel ‘giallo’ di Viveca Sten. E neppure una
forte tensione. La trama segue due filoni narrativi, uno nel presente e uno nel
passato. I personaggi del presente sono l’ispettore Thomas Andreasson che si è
separato dalla moglie dopo la morte della loro bimba di solo tre mesi e Nora,
sua amica di sempre, che si è rifugiata sull’isola perché in crisi matrimoniale
(sono stati i due bambini di Nora a fare la macabra scoperta nel bosco). Nel
passato, agli inizi del ‘900, Gottfrid sposa una bella ragazza, ma l’amore
finisce molto presto- Gottfrid è un fanatico osservante della Bibbia, un padre
padrone che picchia senza pietà, per la più piccola mancanza, il figlio maschio
primogenito mentre vizia la figlia minore. Capiamo presto che ci deve essere un
collegamento tra questi tristi rapporti familiari del passato e quanto è accaduto
a Lina, che l’episodio di una ennesima punizione agghiacciante (anche in senso
letterale) è il punto di volta verso una vendetta consumata a freddo (perdonate
il gioco di parole). In una maniera sottile siamo spinti a paragonare un legame
di coppia di un secolo fa con quelli dei due personaggi principali del
presente- tenendo conto delle differenze economiche, culturali e sociali, c’è
molta diversità nelle difficoltà della vita in comune, nel trovare un accordo,
nell’inserire la presenza o l’assenza dei figli nella coppia?
C’è poco di originale nel romanzo di Viveca Sten. Perfino i suoi
personaggi assomigliano ad altri che abbiamo già conosciuto nei libri dei tanti
scrittori e scrittrici di gialli nordici. L’ambientazione è molto bella- questo
glielo riconosciamo- e la trama scorre in una lettura agevole senza grandi
scossoni, con i brividi che il gelo del lungo inverno di Sandhamm ci trasmette
a più di duemila chilometri di distanza.
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