Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
romanzo 'romanzo'
FRESCO DI LETTURA
Graham
Swift, “Un giorno di festa”
Ed. Neri Pozza, trad. L. Briasco,
pagg. 139, Euro 12,75
Un giorno. Come un giorno nella vita di Mrs.
Dalloway nel romanzo di Virginia Woolf. O un giorno in quella di Leopold Bloom
in “Ulysses” di Joyce. In “Un giorno di festa” di Graham Swift al centro di
questo giorno speciale- la festa della
mamma, ultima domenica di marzo (un marzo di primavera così caldo che
sembra giugno) del 1924- c’è Jane
Fairchild, ventidue anni. Nome e cognome dicono già tanto su di lei. Un
nome molto inglese, come Jane Eyre, o Jane Austen. Un cognome che rivela che
Jane è una trovatella. Jane è a servizio
in una signorile dimora di campagna. Avrà il giorno libero per l’occasione e,
come lei, pure tutta la servitù delle altre due famiglie nelle vicinanze. E
quindi i signori andranno a pranzo al ristorante. Per loro il giorno di festa
della mamma sarà l’occasione per un anticipo di festeggiamento del matrimonio di Paul ed Emma. Paul è
l’unico sopravvissuto alla guerra dei figli maschi delle tre famiglie. Paul è
anche, da anni, l’amante di Jane. E,
in questo giorno di festa in cui, in via eccezionale, le case sono vuote, le
chiede di andare da lui. Lei non ha nessuna mamma con cui passare la giornata,
faranno l’amore nella stanza di lui, sul suo letto, contornati da cose
bellissime. Dopo, Paul raggiungerà la fidanzata per un pranzo a due. Che
l’atmosfera gioiosa- la festa, i profumi della primavera, il cielo smagliante-
che si carica a poco a poco di spontanea
e sana sessualità debba finire in
tragedia è qualcosa che avvertiamo da lievi indizi, da accenni ai morti
durante la guerra, fino ad una frase devia ma rivelatrice, ‘lei non sapeva ancora…’.
Graham Swift è un grande scrittore. Il materiale che aveva tra le mani
per un giorno di festa era poca cosa, poteva ridursi a nulla, ad una storia
banale. E invece questo romanzo breve in cui Eros e Thanatos si incontrano è un piccolo gioiello. Graham Swift sa
parlare di sesso senza pudori- non
ha pudori l’aitante Paul e non ne ha neppure Jane, le parole degli attributi
fisici non hanno veli - ma, nello stesso tempo, il colpo d’occhio alle
orchidee, alle cornici d’argento, ad un mobile o ad una tenda, ci induce a
spingere lo sguardo al di là dei corpi. La scena di sesso tra Paul e Jane non
ha nulla di pornografico, tutt’altro. Ci ricorda la poesia che circondava gli incontri d’amore di Lady Chatterley e
Mellors. E Jane, che, rimasta sola, si aggira nuda nella grande casa,
mangia in cucina il pasticcio freddo di carne, sente squillare il telefono,
prende un’orchidea per ricordo, non fa altro che marcare il territorio, dare un
segnale per la persona che diventerà.
Graham Swift alterna l’uso dei tempi in modo magistrale, passa dal
presente al futuro, tornando al presente o al passato in maniera così sottile
che quasi non ce ne accorgiamo. Jane Fairchild a trenta, quaranta, ottanta, novant’anni. Jane Fairchild a Oxford. Jane che chiede in prestito
libri da leggere al suo datore di lavoro (le piacciono i libri di avventure per
ragazzi). Sarà proprio “Giovinezza” di Conrad- il libro che aveva preso per
leggere quel giorno di fine marzo- a darle l’ispirazione per la sua carriera di
scrittrice. Jane sposata. Jane che
concede interviste e parla di scrittori famosi come se fossero stati suoi
amici. E che cosa era poi successo veramente, quella domenica di marzo? Lo sa
Jane, diventata scrittrice, lo sa Graham Swift: l’arte dello scrittore è sia in quello che dice sia in quello che non
dice.
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