Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
painting fiction
il libro ritrovato
Susan Vreeland, “L’amante del bosco”
Ed. Neri Pozza, trad.Chiara
Gabutti, pagg. 462, Euro 17,00
I nativi la chiamavano hailat, “persona con il potere dello
spirito nelle mani”, quella donna audace che si era spinta nelle loro terre al
Nord, in Canada, indossando una gonna che aveva cucito in mezzo alle gambe per
trasformarla in un più comodo pantalone, avida di conoscere le loro storie,
pronta a condividere le loro esperienze, capace di mettere su tela la luce che
filtrava tra gli alberi giganteschi trasformando la foresta in una cattedrale,
il colore cupo degli abeti e quello squillante dei pali totemici con le figure
di Corvo, di Orso, di Aquila e di altre creature, una seduta sulle spalle
dell’altra- i potenti antenati in cui loro si identificavano. Non è molto
conosciuta al di fuori del Canada, la pittrice Emily Carr, vissuta tra il 1871
e il 1945, che è al centro del nuovo romanzo della scrittrice americana Susan
Vreeland, “L’amante della foresta”. Una figura di donna anticonvenzionale che
rifiuta le regole strette della morale e della società del suo tempo, i canoni
tradizionali della bellezza e gli scialbi colori dell’acquarello, per seguire
quella che lei pensa essere la sua missione: preservare nei suoi quadri i totem
degli indigeni, prima che marciscano o vengano rubati o venduti.
Dedicare la
sua vita all’arte significa, per Emily Carr, non soltanto affrontare i disagi e
i pericoli di un viaggio in una terra inospitale, ma anche l’opposizione della
sua famiglia, le difficoltà economiche, i pregiudizi della gente e,
soprattutto, il mancato riconoscimento del valore dei suoi quadri. Ci vorranno
anni prima che il Canada senta la necessità di trovare un’identità nel suo
paesaggio e nel retaggio culturale delle popolazioni che l’abitavano prima
dell’arrivo dell’uomo bianco, e prima che sia pronto a “vedere” i quadri della
Carr, che si appropria dello stile indigeno che sente suo, distorcendo le
immagini per dare espressione, applicando pennellate forti e cupe, dipingendo i
totem in cui non c’è distanza tra animale e uomo, tra natura e spirito. Abbiamo
già potuto apprezzare la sensibilità con cui Susan Vreeland si avvicina alla
pittura nel romanzo precedente, “La passione di Artemisia”, e ritroviamo lo
stesso tocco felice ne “L’amante della foresta”, capace di ridare vita ad un
personaggio vero mescolando realtà biografica e finzione narrativa,
circondandolo di altre figure, le sorelle diffidenti della sua stravaganza, un
innamorato per cui Ma forse il merito maggiore della Vreeland è quello di prestarci gli occhi per vedere i quadri di Emily, con tutte le storie che ci sono dietro che raccontano di coraggio e di disperazione, di morti e di nuove vite, in un ciclo continuo.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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