Voci da mondi diversi. America Latina
Cento sfumature di giallo
Cento sfumature di giallo
fresco di lettura
Robero Ampuero, “El Ultimo tango de Salvador Allende”
Ed. Sudamericana, pagg. 384
Edizione italiana: “L’ultimo
tango di Salvador Allende”, Mondadori, Euro 13,60
Ci sono date impossibili da
dimenticare. Date che ricorrono nella Storia del mondo per averla segnata con
un cambiamento epocale, o con qualche evento drammatico o rivoluzionario. Penso
al 9 di novembre, particolarmente significativo in Germania (proclamazione della
Repubblica nel 1918, la Notte dei cristalli nel 1938, la caduta del Muro nel
1989). Penso all’11 di settembre che i più ricordano per l’attacco terroristico
alle Torri Gemelle nel 2001, ma che è legato anche al colpo di stato militare
del 1973 in Cile e alla fine dell’utopia di Salvador Allende. Ed è verso l’11
settembre 1973 che si srotola inesorabilmente il nuovo romanzo di Roberto
Ampuero, “L’ultimo tango di Salvador Allende”- un titolo che ci incuriosisce,
suggerendo un aspetto privato di quell’uomo a cui gli occhiali dalla pesante
montatura nera davano un’ aria severa, e nello stesso tempo c’è
un’anticipazione di tragedia nell’aggettivo ‘ultimo’ che annulla qualsiasi
immagine di futilità.
In questo romanzo non appare Cayetano
Brulé, il detective degli altri libri di Roberto Ampuero. Un poco mi è spiaciuto,
ma è un punto a merito dello scrittore, quello di non sfruttare un personaggio
già creato, a cui si farebbe poca fatica aggiungere qualche ritocco. Non è
questa l’unica novità, nel romanzo di Ampuero. Perché ci sono due narratori e
due narrative, una nel presente e una nel passato, e la storia che leggiamo
finisce per ruotare intorno a Salvador Allende, ma non solo. Diventa la storia
di un paese, di un’utopia, di persone che si pensa di conoscere perché ci
stanno vicino e invece si scopre che non sapevamo nulla di loro. Perché ognuno
di noi è uno, nessuno e centomila, ognuno ha il suo doppio, o una maschera
(tema caro a Roberto Ampuero, come già abbiamo visto ne “Il caso Neruda”).
Salvador Allende |
Il presente è il 2008. Victoria, la figlia
di David Kurtz, è morta. Ha espresso un desiderio: che le sue ceneri siano
consegnate a Héctor Aníbal,
in Cile. I Kurtz avevano vissuto a Santiago del Cile, negli anni della
presidenza di Allende. David si spacciava per fotografo, una copertura a cui pochi
credevano. Che ci faceva un gringo
nel Cile disastrato, a meno che non fosse un agente della CIA? Victoria si era
iscritta all’Università a Santiago, David e la moglie non avevano mai capito
come potesse interessarsi alle popolazioni indigene di un tempo remoto. Poi,
però, erano tornati negli Stati Uniti, Victoria si era sposata: Héctor Aníbal era stato il suo grande amore mai
dimenticato? Nel baule che Victoria gli ha indicato, David Kurtz trova anche un
quaderno. Incomincia a leggerne il contenuto, anzi a tradurlo con fatica. Ed è
questa la seconda narrativa del romanzo. E’ Rufino a raccontare, un uomo che
faceva il panettiere- aveva conosciuto Salvador Allende quando entrambi
frequentavano un circolo di anarchici, ora deve chiudere il negozio perché non
si trova più farina, come non si trova più quasi niente da mangiare se non al
mercato nero, e Allende gli offre un lavoro come cuoco e suo assistente a La
Moneda.
David Kurtz ritorna in Cile dopo trentacinque anni, con l’urna delle
ceneri e il quaderno, alla ricerca di Héctor Aníbal ma, proseguendo la lettura dello scritto di Rufino, la
ricerca (quale paradossale ironia, un agente della CIA che indaga sulla propria
figlia) diventa anche un esame dei motivi che hanno condotto alla fine di
Allende, e poi una ricerca di David dentro se stesso, una forzata revisione
delle sue azioni e del paese per cui agiva (non credo che sia un caso che il
cognome Kurtz sia lo stesso di quello del protagonista di “Cuore di tenebra” di
Conrad le cui ultime parole prima di morire erano state, ‘l’orrore, l’orrore’),
con la consapevolezza che il passato ci insegue.
il bombardamento del palazzo de La Moneda 1973 |
Intanto dal quaderno di Rufino esce
fuori un inedito Salvador Allende. Rufino sottolinea la somiglianza fisica tra
lui e il presidente- una volta Allende era potuto uscire dalla Moneda vestito
nei panni di Rufino. Rufino è il doppio di Allende. Rufino è l’uomo della
strada che vede che manca il pane da mangiare, Allende è l’uomo che viene dalla
borghesia, che vola alto, che crede nel socialismo e confida che le durezze del
presente siano necessarie per il benessere di tutti nel futuro.
C’è un finale che posso rivelare, la morte solitaria di Allende,
abbandonato dalla Russia e da Cuba, attaccato da un generale sostenuto dagli
americani, e uno- altrettanto tragico- che riguarda la ricerca di David Kurtz
su cui non dirò nulla.
Ancora una volta Roberto Ampuero non ci
ha deluso, anzi, ci lascia con l’impressione che, romanzo dopo romanzo,
aggiunga una tessera ad un vasto puzzle che rappresenta il ‘Cono del Sud’,
aggiustando il tocco, rifinendo il disegno, consegnandoci un messaggio.
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