Casa Nostra. Qui Italia
romanzo di formazione
Claudia Grendene,
“Eravamo tutti vivi”
Ed. Marsilio, pagg. 282, Euro 14,45
Il tempo passa inutilmente e la morte cambia
le cose dei vivi- è la frase che punteggia questo bel primo romanzo di
Claudia Grendene, “Eravamo tutti vivi”, un titolo pieno di lacrime e di
nostalgia.
Eravamo- erano i sette amici
ad essere tutti vivi agli inizi degli anni ‘90 del ‘900, a Padova. Agnese la
mangia-uomini, Isabella la cui famiglia era passata dalla ricchezza alla
povertà, la bellissima Anita dalla pelle scura perché la madre era marocchina,
Chiara che non poteva permettersi una stanza in città e faceva la pendolare dal
paese di campagna in cui viveva con la famiglia, Alberto, cugino di Anita, che
beveva troppo da quando era morta sua madre, Elia, l’unico che non era
studente, da sempre innamorato di Isabella, e Max, infine, lo stravagante Max
che aveva sfidato a braccio di ferro perfino un professore e che guidava una
Harley Davidson.
Il romanzo inizia nel 2013- Agnese, ancora
single, torna da Londra dove insegna all’università e telefona alle amiche. Max
è morto in Messico, ci sarà una cerimonia funebre a cui saranno presenti tutti
gli amici di un tempo. E, prima che il tempo si arrotoli indietro per
raccontarci le storie dell’uno e del’altro, Chiara prende la bici e torna al
Liviano per la prima volta dopo vent’anni. Gli studenti sono gli stessi anche
se diversi, la frase cantilenante che festeggia i neo-laureati è sempre uguale,
i cambiamenti sono altri, piccoli dettagli che solo chi ha visto in altri tempi
le aule, la macchinetta del caffè, la fotocopiatrice, può riconoscere. Proprio
come il lavoro, il matrimonio, i figli, hanno cambiato il gruppo di amici di un
tempo.
Dal 2013 indietro, fino al 1994,
il racconto è scandito in fasce di esperienza, a ritroso: sappiamo prima quello
che accade negli anni delle separazioni, e prima ancora ci sono gli anni delle
liti, quando i rapporti si incrinano (no, non tutti), e prima ancora gli anni
dei matrimoni, quelli delle lauree e quelli dell’università. Seguiamo le tappe
di ognuno di loro, il timido ingresso in università di Chiara e la difficile
indipendenza di Elia con un padre semi-delinquente, i sacrifici e le ore di
studio per arrivare alla laurea e la difficoltà di trovare lavoro, il desiderio
di maternità, la perdita della propria identità di donna quando arriva un
figlio, la crisi della coppia. Quelli che sembravano essere una coppia
inossidabile si separano, si amano sempre, contro ogni divieto, quelli che
invece hanno dovuto sposare qualcun altro. Le amicizie possono avere alti e
bassi ma restano salde mentre la società cambia intorno agli ex ragazzi che
hanno creduto di poter cambiare il mondo. E’ una Padova bellissima, una città
che ci accorgiamo di non conoscere, quella in cui vivono i sette amici. Una città
avvolta nelle nebbie invernali che si risveglia con la primavera, giovane della
giovinezza dei suoi studenti contro la cui vivacità gli abitanti protestano pur
avvantaggiandosene, testimone dei primi contrasti con gli immigrati che
portarono al muro della vergogna per isolare il ‘ghetto’ di via Anelli.
A intervalli regolari le pagine del diario di Max, l’antieroe del
romanzo, il ragazzo segnato da un male di famiglia, traumatizzato da un padre
violento, in cerca dell’amore esclusivo, si inseriscono nella narrazione
principale e capiamo che la sua morte è coerente con la sua vita.
“Eravamo tutti vivi” è un Bildungsroman corale, incredibilmente
vivo in tutte le sue voci, tenere, scanzonate, arrabbiate, appassionate,
culturalmente impegnate- è ‘la meglio gioventù’ quella che ritroviamo nelle
pagine di questo romanzo. E ci prende la nostalgia non solo della giovinezza,
di quando ‘eravamo tutti vivi’, ma soprattutto di un tempo in cui l’amicizia
era forse ancora più importante dell’amore e le lezioni universitarie
spalancavano le porte della conoscenza.
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