la Storia nel romanzo
Vanessa Chan, “Cominciò con due gocce d’acqua”
Ed.
Mondadori, trad. Stefano Bortolussi, pagg. 300, Euro 18,52
Due linee temporali in questo romanzo di
Vanessa Chan, nata in Malesia e attualmente residente a Brooklyn.
Kuala Lumpur, 1945, quando la Malesia è
occupata dai giapponesi.
Kuala Lumpur, 1935, sotto l’occupazione
britannica.
Quattro personaggi che appartengono alla
stessa famiglia ci raccontano la loro parte della storia- Cecily, la madre, di
famiglia euroasiatica, Jujube, la figlia primogenita, Abel, l’unico figlio
maschio, e la piccola Jasmin.
Il primo capitolo- è il 1945- ci trasporta subito dentro il dramma di Cecily, il dramma di un intero paese. Il figlio quindicenne Abel è scomparso. Cecily spera contro ogni speranza ma, dentro di sé, sa benissimo che Abel non si è allontanato di sua volontà. Abel è stato preso dai giapponesi che utilizzano il lavoro forzato per costruire la ferrovia tra la Birmania e la Thailandia che avrebbe facilitato il rifornimento delle truppe. Verrà chiamata ‘la Ferrovia della Morte’ perché più di 100.000 prigionieri morirono per le condizioni disumane in cui erano costretti a lavorare.
Torniamo indietro nel tempo, a dieci anni
prima quando erano i Britannici ad occupare la Malesia. Una Cecily più giovane,
sposa annoiata e insoddisfatta di un piccolo funzionario, si lascia irretire da
un giapponese che si fa passare per commerciante ma che, in realtà, è una spia
sotto copertura che riapparirà, dieci anni dopo, nelle vesti del Generale
Fujiwara. Cecily si innamora, forse anche Fujiwara è innamorato di lei, di
certo si serve di lei perché gli passi informazioni che lei capta dal marito.
Lei gli crede quando lui le fa sognare un’Asia per gli asiatici, sottratta al dominio
straniero. Ed è lei che- dettaglio romanzesco- suggerisce la possibilità di
un’invasione giapponese dal nord sfuggendo così ai cannoni inglesi puntati
verso l’oceano da dove si aspettano l’attacco.
I capitoli più tragici e dolorosi sono quelli in cui il protagonista è Abel, l’adolescente coccolato e viziato, il ragazzino la cui bellezza era diventata un pericolo che diventa un alcolizzato pelle e ossa- Abel beve, per istupidirsi, per dimenticare quello che gli hanno fatto, quello che è stato costretto a fare, e a niente serve il sostegno costante dell’amico Freddie per reagire a questa autodistruzione, finché la bomba su Hiroshima mette fine alla guerra, il campo viene liberato…
La storia di Jujube che lavora in una casa
da tè frequentata da giapponesi ubriachi mostra che, tra gli occupanti, ci sono
anche ‘i buoni’, come è giusto che sia. Il giapponese di mezza età che arriva
per bere il tè ogni sera è uno di questi. Le porta del cibo in regalo, non
vuole niente da lei, solo essere ascoltato quando le racconta della figlia di
cui non sa nulla, che teme sia rimasta vittima della bomba.
Delle
due sorelle, è la piccola Jasmin quella ad essere in pericolo, quella che deve
essere rinchiusa di giorno nello scantinato, quella a cui devono tagliare i capelli
corti come fosse un maschietto e a cui fanno indossare gli abiti del fratello-
agli occupanti piacciono le ragazze giovani, molto giovani, se fosse presa,
Jasmin verrebbe portata in una ‘casa di piacere’ anche se lei non ha la minima
idea di che cosa questo significhi. Lo sa benissimo invece la sua amichetta
segreta- ma questo è un filone a sé, un po’ troppo da feuilleton, che culminerà
nel dramma finale.
C’è molto della storia di famiglia della
scrittrice stessa in questo romanzo che ci parla di amore e di tradimento, di
illusioni e di durissima realtà, di sensi di colpa per non aver capito a fondo
il gioco ingaggiato, dell’orrore della guerra, dell’impotenza di un popolo
piegato dall’occupazione nemica.



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