Voci da mondi diversi. Germania
Bernhard Schlink, “Il tempo che resta”
Ed.
Neri Pozza, trad. Susanne Kolb, pagg. 192, Euro 19,00
Martin ha 76 anni. È un giurista in
pensione, ha una moglie giovane e un figlio di sei anni. Conosce da sempre il
medico che, dopo un check-up di routine perché si sentiva stanco, gli dice che
ha un tumore al pancreas. Se è fortunato, ha davanti al massimo sei mesi di vita.
Se è fortunato, avrà un lungo periodo in cui forse si sentirà sempre più stanco
prima che incomincino i dolori. E allora bisognerà decidere se farsi ricoverare
in un hospice o cercare assistenza per gestire la situazione da casa.
Tutti sappiamo di dover morire, ma è il pensiero di Ulla e di David che rende difficile a Martin accettare l’inevitabile. Soprattutto quello di David- come preparare un bambino alla morte del padre? Che cosa lasciargli di sé? Quali ricordi? E sì, forse è vanità, ma Martin vuole essere ricordato, non vuole che la sua vita scompaia nel nulla.
Inizia così il conto alla rovescia,
settimane e giorni in cui Martin si illude che ci sia stato un errore nella
diagnosi, magari perfino uno scambio di esiti delle analisi, per ricredersi,
poi, dopo episodi di forte malessere. E Martin osserva dettagli a cui non aveva
fatto caso- David che non vuole più dargli la mano andando all’asilo, David che
forse si vergogna di avere un padre che sembra un nonno, Ulla che, pur essendo
sempre molto affettuosa e sollecita, ha più impegni del solito nella sua
galleria d’arte, che gli rimprovera di non aver mai creduto nelle sue capacità
artistiche.
La scelta delle ‘ultime’ cose da fare per l’ultima volta non è facile- ritornare in un ristorante, andare sulle montagne russe, restare in automobile durante l’autolavaggio, fare una camminata di due giorni nei boschi con David, e poi quel programma di accumulare il compost con David, tanto criticato da Ulla.
È con grande sensibilità e con empatia che
Bernhard Schlink affronta il tema della morte, della difficoltà dei rapporti di
coppia quando c’è una forte differenza di età, della felicità venata di
malinconia di avere un figlio che- si sa, è la legge della vita- resterà senza
padre. E il suo protagonista, che per tanti versi ci fa pensare allo scrittore
stesso con cui condivide ricordi del passato che già sono affiorati in altri
romanzi, è un uomo generoso che riesce a sconfiggere la gelosia, che si adopera per risolvere un doloroso
segreto che ha afflitto la moglie da sempre e che deve aver influenzato i suoi
rapporti con gli uomini.
Il libro- e la vita di Martin Brehms-
finiscono in un’atmosfera di dolce tristezza, il dolore non viene edulcorato,
viene affrontato con il coraggio di chi sa di aver vissuto pienamente e che si
prepara a quello che non si può evitare.




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