Voci da mondi diversi. Canada
cento sfumature di giallo
Andrée Michaud, “L’ultima estate”
Ed.
Marsilio, trad. F. Bruno, pagg. 350, Euro 18,00
Bondrée. O Boundary. Doppio nome
per questa località al confine tra il Québec e gli Stati Uniti. C’è un lago,
c’è una montagna, c’è un folto bosco, a Bondréè. Luogo perfetto per le vacanze
estive di americani e canadesi. C’è anche una sorta di leggenda che è una
storia dell’orrore e riguarda un cacciatore, innamorato non corrisposto di una
bella donna e morto suicida. Si dice che il suo spirito o il suo fantasma
calpesti ancora i sentieri della foresta.
È l’estate del 1967. Il campeggio è pieno di famiglie che si conoscono
da una vita, habitué del posto. I ragazzi hanno sempre giocato insieme, ora che
sono cresciuti nascono i primi flirt. Le bambine guardano con un filo di
invidia le ragazze che sembrano essere diventate donne un anno per l’altro, sanno
che succederà anche a loro, sperano di diventare belle e seducenti come
Elizabeth dai capelli rossi (la chiamano Zaza) o come la sua amica Sissy che
sembra la sua sorella gemella con i capelli biondi. Poi Zaza viene trovata
morta nella foresta, una gamba straziata da una tagliola per orsi- quelle
maledette tagliole che metteva il cacciatore! L’estate non è già più così
splendente. Come si fa ad accettare la morte di una ragazza di diciassette
anni? Si organizzano spedizioni di gruppi di uomini per setacciare il bosco ed
eliminare le possibili tagliole rimaste. Poi Sissy scompare e, quando viene
ritrovata, non c’è dubbio che non si sia trattato di un incidente. C’è un
assassino in giro, forse è uno di loro, delle famiglie del campeggio. Forse può
colpire ancora. L’ispettore Stan Michaud e il suo vice Cusack incominciano a
interrogare tutti, con l’aiuto di un interprete (perché c’è chi parla solo
francese in questa zona di confine).
La scrittura di Andrée Michaud è molto evocativa, ci trasporta a
Bondrée, ce ne fa ammirare la bellezza, ci fa sentire l’atmosfera di quiete e
di vacanza, ci comunica la sensazione di libertà- finalmente- dagli impegni
della vita lavorativa, l’ebbrezza di non dover temere i pericoli della città,
per poi accentuare, invece, la fine di tutto questo, la ‘caduta’ dal paradiso
terrestre, la fine della fiducia nell’altro, il sospetto, l’ansia che
attanaglia i genitori, la necessità di sorvegliare le ragazzine. Perché è chiaro che l’assassino è qualcuno di malato,
ossessionato da un certo tipo di figura femminile.
In realtà il lettore sa chi è l’assassino. Per essere più precisi: non
ne conosce l’identità ma sa chi è (anche se sembra un controsenso) e sa perché
uccide compulsivamente. L’originalità del thriller di Andrée Michaud è nel
renderci partecipi dei sentimenti che serpeggiano nella piccola comunità che
convive occasionalmente e di quelli
dell’ispettore Michaud e del suo vice- il primo ossessionato dal ricordo di
un’altra ragazza uccisa anni prima e il secondo che corre il rischio di essere
lasciato dalla moglie che lo accusa di preferire delle ragazze morte a lei che
è viva.
E poi- lungo tutto il romanzo- c’è il filone di un altro punto di
vista, di come tutta questa sinistra vicenda sia vissuta da una bambina di
dodici anni che adesso si comporta come un maschiaccio ma che rivolge la sua
ammirazione a Zaza e a Sissy e che, proprio mentre sta per sbocciare in una
giovane donna, viene traumatizzata da questa esperienza (è singolare come la
scrittrice entri di soppiatto nel romanzo dando il suo cognome, Michaud,
all’ispettore e il suo nome, Andrée, alla bambina).
Il finale ci sorprende, nonostante ‘conoscessimo’ l’assassino. E ci
delude un poco. Forse troppe parole sono state dette e tuttavia ci sembra
manchino poi quelle che darebbero un significato più profondo all’intera
vicenda.
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