Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
Alessia Gazzola, “Questione di Costanza”
Ed. Longanesi, pagg. 335, Euro 18,60
Si chiama Costanza Macallé, la nuova protagonista dei romanzi di Alessia
Gazzola. Età: ventinove anni. Una laurea in medicina e una specializzazione in
anatomopatologia. Single, con un passato sentimentale variegato. Per dirla in
parole semplici, aveva la fama che ci stava con tutti (più o meno vera). E
infatti: ha una bambina di quasi tre anni, Flora, con i capelli rossi come i
suoi (che adesso sono un poco ritoccati con l’henné). Flora è nata da una
passione fulminante (e durata il tempo di un fulmine) per un ragazzo conosciuto
in aeroporto- stavano andando entrambi a Malta. Di lui Costanza non sa nulla,
neppure il cognome. Solo che studiava a Zurigo, che suonava il piano per
insistenza di sua madre, che era fidanzato (ahimé, ma lo aveva saputo dopo,
naturalmente).
Quando la conosciamo Costanza sta andando a Verona da Messina, dove è
nata e cresciuta- a Verona abita sua sorella e Costanza ha appena vinto un
posto di ricerca presso il centro di Paleopatologia di Verona. Che Costanza non
sappia neanche che cosa sia la Paleopatologia importa poco, l’assegno di
ricerca la terrà a galla per un anno. E, volente o nolente, Costanza si trova
subito coinvolta nel ritrovamento di uno scheletro nella chiesa di un castello
nei pressi di Verona. E accanto alle ossa c’è una lunga treccia di capelli di
un colore rosso reso opaco dal tempo: un pegno d’amore eterno per un uomo che è
stato trapassato da una spada?
Se, pur comprendendo le ragioni per cui la serie precedente doveva terminare, sentivamo la mancanza
di Alice Allevi, se ci siamo avvicinati titubanti alla lettura di “Questione di
Costanza”, dopo le prime pagine in cui ci sembrava che, sì, cambiavano le
circostanze, ma la voce era sempre quella di Alessia, finiamo tutta via per
innamorarci di Costanza. È vero, la vivacità e l’allegria, il piglio con cui
affronta la vita, una certa propensione per cacciarsi nei pasticci
(sentimentali e di lavoro), il forte attaccamento alla famiglia, sono le stesse
caratteristiche di Alice. Ma sono sufficienti l’ambientazione diversa e la presenza
della vocetta di Flora per rinnovare la protagonista che ha dovuto maturare in
fretta per assumersi le responsabilità di madre single.
La combinazione delle
due trame, poi, quella personale e quella del mystery in un miscuglio dalle
tinte rosa e giallo, già sperimentata nella serie di Alice Allevi, è
perfettamente riuscita. Costanza è impegnata in una duplice ricerca-
dell’identità dell’idealizzato seppur fedifrago Marco, padre della bambina, e
di quella dell’antico cavaliere e della donna che lo aveva amato. Storia forse
un poco banale ma sempre attuale con i quesiti che pone, la prima, e intrigante
sullo sfondo del secolo XIII la seconda che si svolge tra il Sud e il Nord dell’Italia,
alle corti dell’imperatore Federico II di Svevia e di Ezzelino da Romano. Una
la controparte dell’altra e forse quei capelli rossi che i due principali
personaggi femminili hanno in comune contribuiscono a creare un effetto
straniante- se di infelicità si parla, più lieve quella di Costanza di oggi che
quella di Selvaggia nel 1237, la sorte delle donne è cambiata di più di quella
degli uomini (per fortuna), la malattia del fratello di Selvaggia sembra più
terribile della diversità del fratello di Costanza.
In un’alternanza delle due storie, mentre Costanza lotta per non rifare
gli stessi errori e si impegna per riuscire in un lavoro che non le interessa,
un uomo impara a fare il padre e il passato scolorito come il colore di quella
treccia recisa torna a vivere per noi con le sue vicende di figli illegittimi
(come Flora, ma è una fortuna che la parola sia caduta in disuso), di alleanze
stipulate con matrimoni in cui la volontà della donna non conta nulla (sarebbe
auspicabile che Costanza sposasse il padre di Flora?), in un attimo arriviamo
alla fine del romanzo e ci dispiace separarci da Costanza. Per dare il tempo ad
Alessia Gazzola di scrivere il seguito. Che attendiamo.
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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
Sì, però. La laurea in medicina dura sei anni e ci si arriva, se non ci sono intoppi, a 25 anni. Un anno ci vuole per l'esame di stato e siamo a 26. Cinque anni dura la specializzazione in anatomia patologica e siamo a 31...
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