Voci da mondi diversi. India
warning novel
Amitav Ghosh, “L’isola dei fucili”
Ed. Neri Pozza, trad. Anna Nadotti e
Norman Gabetti, pagg. 315, Euro 18,00
L’eterno significato dei miti.
Siano essi i nostri, quelli che conosciamo bene- Icaro che si brucia le ali
avvicinandosi troppo al sole, la maga Circe, Scilla e Cariddi e tutti gli altri-,
sia quelli a noi niente affatto noti. Come il mito bengali di Manasa Devi, la
dea dei serpenti e di altri animali velenosi che è il perno attorno a cui ruota
il nuovo romanzo di Amitav Ghosh.
“L’isola dei fucili” inizia con due parole, quella più banale di
‘viaggio’ (prepariamoci a partire con il protagonista, l’antiquario di libri
Deen Datta, in un viaggio ricco di avventure e di significati che ci porterà da
Brooklyn a Calcutta, a Los Angeles e a Venezia) e quella intrigante, bundook, che significa ‘fucile’ in
bengali. Ma il nome comune bundook si
trasforma nel nome proprio Bonduki Sadagar che si può tradurre come ‘mercante
di fucili’.
Una storia avventurosa, quella di Bonduki Sadagar, di cui ci sono alcune
versioni concordanti sulla figura dell’eroe che fugge al di là del mare per
scappare da Manasa Devi, infuriata perché Bonduki Sadagar si era rifiutato di
diventare suo devoto.
Dopo mille traversie, dopo essere sopravvissuto a mille
calamità compreso il morso di una creatura velenosa e l’essere stato catturato
dai pirati, Bonduki Sadagar promette di far costruire un tempio per Manasa Devi
se lei lo aiuterà a liberarsi. E’ da questo tempietto, nascosto in una foresta
di mangrovie nelle Sundarban, che prende l’avvio la storia, altrettanto avventurosa,
colma di pericoli, di minacce e di segreti da decifrare, di Deen Datta,
l’antiquario che ce la racconta in prima persona.
C’è un dettaglio, all’inizio di questo racconto, che ci dà un indizio
della direzione che prenderà il romanzo di Ghosh. Il tempio del mercante di
fucili è ancora lì, nella foresta di mangrovie, ma per quanto tempo ancora?
Perché le isole delle Sundarban sono erose costantemente dal mare, stanno
scomparendo a poco a poco e, se il livello del mare si continua ad alzare,
scompariranno del tutto. E che ne sarà, che ne è della gente che le abita?
Stanno già migrando, dovranno migrare in massa. Deen Datta incontrerà a Venezia
il ragazzo che aveva conosciuto nella sua visita al tempio, e Rafi è solo uno
dei tanti lavoratori bangla sottopagati che fanno funzionare il turismo della
città sull’acqua. Destinata a scomparire come le Sundarban se le teredini che
stanno invadendo Venezia a causa del surriscaldamento delle acque della laguna
continueranno la loro opera di distruzione mangiando dall’interno il legno
delle palafitte su cui sorge la città.
foresta di mangrovie nelle Sundarban |
È impossibile cercare di riassumere “L’isola dei fucili”. Le avventure
del leggendario mercante si sdoppiano in quelle dell’antiquario, le parole
bengali- chiavi di interpretazione della leggenda- si trasformano acquistando
un altro significato e segnando una traccia da percorrere per i personaggi,
serpenti e ragni velenosi si affacciano dal passato nel presente, gli schiavi
acquistati un tempo con le cipree sono sostituiti dai nuovi schiavi che
arrivano con i barconi della disperazione e, siccome la seconda metà del libro
si svolge principalmente in Italia, non mancano i riferimenti espliciti al
razzismo di un nostro noto politico.
E soprattutto c’è, nel romanzo, l’allarme per i cambiamenti climatici le
cui conseguenze si propagano come onde suscitate dal lancio di una pietra in
uno stagno. Riscaldamento globale, tifoni, inquinamento, delfini spiaggiati,
moria di pesci, speci di animali che appaiono laddove prima non c’erano cambiando
del tutto l’habitat e- proprio come avviene per gli animali- masse di gente che
trasmigrano per i centomila motivi che rendono impossibile continuare a vivere
nelle terre dove hanno sempre vissuto. Con questi dati di fatto, quale futuro
ci aspetta?
Amitav Ghosh non è nuovo al tema che affronta ne “L’isola dei fucili”.
Ne “La grande cecità” si era già posto il problema del silenzio culturale
davanti al problema delle conseguenze del cambiamento climatico. Ora Ghosh
spezza il silenzio, passa dal libro-saggio al romanzo, perché l’appello del
romanzo, attraverso la voce dei suoi personaggi, ha una maggiore risonanza,
riesce a coinvolgere più persone. E la prima metà del suo libro è travolgente,
ci seduce con il fascino della leggenda esotica del Bonduki Sadagar. Più
didattica e giornalistica, con tratti surreali, la seconda parte. Un libro
profetico, dopo aver visto le immagini di Venezia in questi giorni.
lo scrittore è presente oggi a BookCity
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
copy Gage Skidmore |
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