Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
Andrea Camilleri, “Il cuoco dell’Alcyon”
Ed. Sellerio, pagg. 247, Euro 14,00
Si infittiscono i sogni e gli incubi, in questo nuovo romanzo del
‘nostro’ Andrea Camilleri, “Il cuoco dell’Alcyon”. E’ Salvo Montalbano a
sognare, e i suoi sogni, che contengono sempre un segnale di allarme, tracimano
nella realtà, anzi, il confine tra sogno e realtà si fa sempre più labile. Come
la sera che, sulla sua verandina, Salvo osserva la colonna di formiche che si
ferma, il disco della luna che si oscura lentamente in una eclissi totale, le
vele bianche della goletta Alcyon stagliarsi nel lucore- per scoprire poi che
doveva essere stato un sogno. Non c’era stata nessuna eclissi, presagio funesto
da sempre, e tanto meno nessuna goletta nelle acque davanti a Marinella. E però
sono giorni bui nel commissariato di Vigata.
Ci sono stati dei licenziamenti in una fabbrica di scafi il cui
proprietario, il giovane Giogiò succeduto al padre, ama il gioco e le belle
donne- per questi suoi vizietti il denaro c’è sempre. “A noi manca il pane ma
al padrone non mancano le puttane”, dice lo striscione che gli operai hanno
appeso all’ultimo piano della palazzina degli uffici. E un operaio, per la
disperazione, si è suicidato in uno dei capannoni. Succede altro ancora, ma,
soprattutto, succede molto al commissariato. Montalbano è obbligato a prendere
ferie e, mentre è con Livia a Boccadasse, gli giunge notizia di essere stato
addirittura radiato. C’è un nuovo commissario al suo posto (si rivelerà un uomo
in gamba, intelligente e preparato), Fazio, Mimì Augello, perfino Catarella
sono stati spostati a Montelusa (è Catarella quello che più suscita la nostra
compassione in questa situazione confusa)- che cosa è successo? Che cosa sta
succedendo?
Realtà e sogno, realtà e finzione, realtà e recitazione sul palcoscenico
della vita, perché a volte è necessario recitare per capire meglio che cosa
avviene dietro il sipario. La crisi della fabbrica di scafi aveva portato
all’attenzione quel Giogò presuntuoso e arrogante che, in qualche maniera,
aveva dei contatti con la goletta fantasma, l’Alcyon che attraccava a cadenze
regolari, faceva rifornimento di viveri e vini (una quantità incredibile: ma
quanti ospiti aveva a bordo?), caricava un paio di ragazze con minigonne
vertiginose e gambe lunghe due metri, e salpava di nuovo. La poppa sembrava
essere stata adattata per far atterrare un elicottero. Che mistero si
nascondeva dietro l’Alcyon? Era una bisca e insieme un postribolo galleggiante?
Fatto sta che perfino l’FBI se ne interessa e appare un nuovo personaggio, un
siculo-americano con un linguaggio a dir poco divertente. E da questo punto in
poi il ritmo accelera, la recitazione si fa più impegnativa, tanto da
richiedere una trasformazione dell’aspetto di Salvo e di Fazio, la tensione è
forte e il romanzo sembra trasformarsi in uno dei libri di Emilio Salgari.
Andrea Camilleri è unico. Ancora una volta ce l’ha fatta, ancora una
volta ci ha regalato una trama che ‘tiene’, dei personaggi che non sono rimasti
prigionieri delle loro caratteristiche- Salvo Montalbano non pretende di essere
il giovane commissario che abbiamo conosciuto ne “La forma dell’acqua” (primo
romanzo della serie, 1994), il suo legame con Livia, un po’ stiracchiato, è
quello di una vecchia coppia che ha avuto la fortuna di non vivere sempre
insieme, anche l’eterno dongiovanni Mimì accusa gli anni. Camilleri è brillante,
ha umorismo (mi sono sorpresa a ridere durante alcune scene), è un
intrattenitore e, nello stesso tempo, ha un occhio attento alla realtà sociale
che lo circonda, sia questa la fabbrica in crisi, sia il barcone di poveracci
in cui solo sette sono sopravvissuti su più di duecento.
Una sola cosa mi
manca, in Camilleri, devo confessarlo: la lingua italiana. Pur augurandomi la
sopravvivenza dei dialetti, pur apprezzandone la ricchezza del colore, mi manca
la bellezza dell’italiano e naturalmente mi dispiace non capire tutto.
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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
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