love story
romanzo 'on the road'
FRESCO DI LETTURA
Bodo Kirchhoff, “L’incontro”
Ed. Neri Pozza, trad. R. Cravero,
pagg. 202, Euro 16,00
Ci sembra di capire tutto subito, appena
iniziamo a leggere “L’incontro” dello scrittore tedesco Bodo Kirchhoff. Lui,
Julius Rheiter, non più giovane, si è occupato di libri tutta la vita. E’ un
editore in pensione. Lei, Leonie Palm, ha superato la mezza età, aveva un
negozio di cappelli (chi indossa più un cappello degno di questo nome ormai?
Non ci sono più facce da cappelli- dice lei). Una sera Leonie suona il campanello
della porta di Rheiter, vorrebbe parlargli. Non lo dice subito, ma è lei che ha
scritto il libriccino che Rheiter stava sfogliando. Succede tutto molto
velocemente. Iniziano a parlare, decidono di andare a fare un giro con
l’automobile di Leonie, magari di andare a veder sorgere il sole. Però ci
vorranno ore prima che sia l’alba, perché non spingersi oltre, perché non
arrivare fino in Italia dove Leonie non è mai stata?
Due persone sole si incontrano. Hanno la
vita alle spalle, un viaggio in auto, di notte, invita alle confidenze, che
però escono smozzicate. Un frammento della vita di Rheiter e un mozzicone di
quella di Leonie. Se Leonie ha scritto quel libro che Rheiter si è portato
dietro all’ultimo momento, è autobiografico? Parla di una ragazza che si è
lasciata morire, sdraiata al freddo accanto ad un lago. La figlia di Leonie? A
questo dramma della vita di lei corrisponde un dramma che forse fino ad ora
Rheiter non aveva mai voluto considerare- un bambino che non era mai venuto al
mondo, rifiutato da lui e dalla donna che poi lo aveva lasciato. Parole nella
notte, ed è più facile parlare con chi non si conosce, al buio. Incominciamo a
capire che c’è più di un viaggio in questo insolito romanzo on the road.
Insolito perché non c’è
l’ebbrezza della spavalda avventura giovanile, al suo posto c’è la
consapevolezza che tutto quello che si sta facendo, quell’avanzare verso nuove
mete senza un programma preciso, potrebbe essere l’ultima possibilità che
abbiamo. E allora c’è un filo di tristezza e di rimpianto. E’ un viaggiare in
avanti girandosi ogni tanto indietro, per non ripetere errori già fatti. E’ un
triplice viaggio per entrambi, per Rheiter e Leonie- quello sull’autostrada che
li porterà fino in Sicilia superando una meta prefissata dopo l’altra, come si
trattasse di una corsa ad ostacoli, quello della conoscenza reciproca (con
esito prevedibile) e quello della conoscenza di sé che finirà per allontanarli.
E scopriamo anche che ‘l’incontro’ del titolo forse non si riferisce solo a
quell’incontro iniziale fra l’editore e la cappellaia- ci sono altri due
incontri che trasformano interamente il romanzo, dando tutt’un altro
significato alla definizione stessa ‘on the road’.
Sono veramente ‘on the road’, hanno mangiato la polvere della strada i
profughi che sbarcano sulle coste della Sicilia, sono sopravvissuti ad
esperienze terribili, altro che le allegre avventure dei soliti viaggiatori. Se
in passato Rheiter e Leonie hanno affrontato il problema della sopravvivenza-
al disinteresse di un padre letterato, alla fine di rapporti con compagne o
marito, alla morte di una figlia adulta e di una non nata, alla chiusura di un
negozio o di una casa editrice-, ora si devono confrontare con il vero problema
della sopravvivenza, della lotta quotidiana per vivere, per cavarsela. Come
reagiscono, Rheiter e Leonie, all’incontro con la ragazzina vestita di uno
straccio rosso in cui Leonie, in una qualche maniera, rivede sua figlia, e poi
con un terzetto di nigeriani- marito, moglie e un neonato- che aiutano provvidenzialmente
Rheiter?
Dopo l’amore tardivo, descritto con molta
delicatezza e un pizzico di humour, dopo gli squarci di abbagliante bellezza
che si aprono sul paesaggio italiano- la luce, il colore, l’azzurrità del mare-
in contrasto con il freddo grigiore tedesco, la tragedia di altri irrompe nella
vita dei due protagonisti obbligandoli ad uscire dal loro egocentrismo, a porsi
delle domande, a cercare di ritagliarsi un minuscolo ruolo in quello che sta
accadendo ogni giorno nel mondo.
per contattarmi: picconem@yahoo.com
Non si capisce tutto subito, anzi. Non so dire se per "colpa" della traduzione o se è la prosa di Kirchhoff ad essere ricolma di fastidiose ridondanze intellettualoidi. L'avvio, lei che bussa alla porta di lui nella notte, le pantomime fra sigarette e vino, è "affaticato", per niente "suggestivo", non procura l'attesa che mi aspettavo da un...incontro! Il viaggio che segue è un po' come ritrovarsi in una città sconosciuta dove si è arrivati sbagliando treno, si va un po' in giro aspettando quello giusto. Il dramma epocale irrompe (irrompe?) nei drammi personali, ma un bambino non nato non equivale una figlia che si è lasciata morire...La narrazione stenta, l'emozione profonda latita. Qualche frase azzeccata, alcune belle (mezze) pagine. In quarta di copertina - ed. Neri Pozza - la Neue Press recita: "Una storia d'amore luminosa, al tramonto della vita"... Mah... di luminosità ce n'è davvero poca, al di là di certe descrizioni, una storia "inanimata". Un incontro "al tramonto della vita", comunque si risolva, è di per sé un dono e questo Kirchhoff non l'ha proprio saputo raccontare.
RispondiEliminaNoiosissimo
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