Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
il libro dimenticato
Joyce Carol Oates,
“Ragazza nera, ragazza bianca”
Ed.
Mondadori, trad. D. Vezzoli, pagg. 315, Euro 20,00 2014
11
aprile 1975. E’ di quella notte che Genna Meade vuole parlare. La notte in
cui morì la sua compagna di stanza
al college, Minette Swift, quindici anni prima. “Minette non morì di morte
naturale e non morì di una morte facile”.
Lo Schuyler College è prestigioso, Minette Swift, la ‘ragazza nera’ del
titolo, è ammessa con una borsa di studio, Genna Meade- be’, Genna Meade è addirittura la bisnipote
della fondatrice di cui porta il
nome, una donna formidabile che credeva nell’uguaglianza. Avevano diciotto
anni, Genna e Minette, quando avevano iniziato il college. Minette ne aveva
compiuto diciannove proprio l’11 aprile e Genna li avrebbe compiuti due giorni
dopo. Quasi ‘gemelle’, come amava pensare Genna che si era sentita attratta
subito dalla compagna nera. Perché poi? Questa è l’arte di Joyce Carol Oates,
di dire senza dire, spingendoci,
pagina dopo pagina, a riflettere. Minette
Swift è odiosa, sembra che l’unica a non accorgersene sia Genna che farebbe
di tutto per ingraziarsela. Anzi, fa di tutto per ingraziarsela- le
cede la parte migliore della stanza, le rimette in sesto il grosso libro di
letteratura che è finito nel fango, le regala una borsa di pelle molto bella
che sua madre aveva regalato a lei. Sempre in attesa di un ringraziamento o un
sorriso che però non viene mai. Minette è chiusa, ostile, respingente,
beffarda. Sembra si senta superiore a tutte. E si sente anche discriminata.
Lei, una nera, in un college così selettivo. E Genna sempre pronta a scusarla, ad aiutarla,
sperando in un invito a casa di Minette, o almeno di essere presentata ai suoi
genitori, a quel suo padre così aitante che è un ministro della Chiesa e che fa
pensare a Martin Luther King.
La famiglia di Genna, invece: i genitori si
fanno chiamare per nome, erano stati entrambi degli hippy, quando Genna e il fratello erano bambini la gente più strana
girava per casa loro, la madre aveva degli amanti, assumeva droghe, il padre è
soprannominato Mad Max, è l’avvocato
difensore degli oppositori alla guerra del Vietnam, indagato dall’Fbi,
coinvolto in pratiche un po’ losche (finirà in prigione). Nessuno telefona mai
a Genna. Minette parla ogni giorno al telefono con i genitori. L’ammirazione di
Genna per Minette sa di invidia e non si accorge che Minette, sotto l’aria di
superiorità, soffre- Minette ingrassa, Minette mangia sempre. E poi ci sono,
uno dopo l’altro, gli episodi di
persecuzione di cui Minette è vittima. Eppure… ‘a volte le verità sono
bugie e le bugie sono verità’, scrive Genna. Genna ha dei sospetti sul
colpevole, e noi pure.
“Ho
scritto un libro ombra”, dice Genna quando racconta i fatti, quindici anni
dopo. Quando non si è mai sposata, si sente in colpa per la morte di Minette, è
l’unica ad andare a trovare il padre in prigione e si sente colpevole anche per
questo, per l’arresto di suo padre. Il libro che doveva essere un’indagine sul
passato della non amicizia di due ragazze che finisce nella morte di una, è
diventato un libro sulla famiglia di
Genna, sui problemi della generazione ribelle dei figli dei fiori, sul
razzismo negato. E noi lettori, pur ammirando lo stile della Oates, restiamo un
poco delusi perché ci aspettavamo
qualcosa di più profondo sulla discriminazione razziale. E invece abbiamo letto
di come si possa essere manipolati per
mezzo di questa.
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