Voci da mondi diversi. America Latina
FRESCO DI LETTURA
Isabel Allende,
“L’amante giapponese”
Ed. Feltrinelli, trad. E. Liverani, pagg. 281, Euro 18,00
Sono passati più di trent’anni da
quando è stato pubblicato il primo romanzo di Isabel Allende, “La casa
degli spiriti”. Nessuno può aver dimenticato le quattro donne con un nome che
era una sinfonia sulla stessa nota di colore, Nivea, Blanca, Clara e Alba. E
neppure l’irruenza dello stile, l’entusiasmo della narrazione, la potenza
dell’immaginazione. C’è sempre il timore di essere delusi quando ci si accinge
a leggere un nuovo romanzo di uno scrittore amato, anche se si è seguito per
anni il suo percorso. Ero diffidente quando ho iniziato “L’amante giapponese”.
Diffidente perché la trama mi pareva così lontana dal mondo di Isabel Allende,
perché la trama dell’amore che dura tutta la vita sfidando gli ostacoli poteva
essere banale e sdolcinata. La lettura mi ha subito irretita e ho apprezzato la diversità da quanto la scrittrice
aveva precedentemente scritto, mi è piaciuta la capacità di rinnovarsi, di trovare una nuova voce- più
distaccata, meno passionale, quasi fuori campo. E poi è difficile resistere ad
una bella storia d’amore, quando è ben scritta, quando i protagonisti sono personaggi
interessanti e la loro vita è stata foggiata da eventi storici che fanno parte
anche della nostra vita.
Due
donne e due uomini al centro della trama. Una moderna e ben gestita casa di riposo per anziani, ma anche
Sea Cliff, la grande e splendida dimora
dei Belasco a San Francisco, sono l’ambientazione. L’ottantaduenne Alma Belasco ha deciso di iniziare a
sfrondare la sua vita, ritirandosi nel piccolo appartamento della casa di
riposo. La ventitreenne Irina è una
dei dipendenti che si prende cura degli ospiti. I due uomini non appaiono mai
nelle scene del presente- Nathaniel Belasco, marito nonché cugino di Alma, è morto
da anni e Ichimei Fukuda, infine, è il misterioso amante giapponese di Alma:
si incontrano? dove? è lui che le manda i fasci di gardenie e le lettere che
giungono puntualmente?
La storia che Isabel Allende ci
racconta è duplice, anzi triplice, con il nipote di Alma, Seth, che appare come
lo spettatore che non ha dovuto attraversare drammi nella sua esistenza,
generoso e sollecito come il nonno Nathaniel, come il bisnonno Isaac. Perché la
vicenda incomincia lontano, nel 1939
quando Alma, bimba di sette anni, arriva in California per stare con gli zii
che non ha mai conosciuto. L’immagine dei genitori che la salutano, sul molo di
Danzica, sarà il suo ultimo ricordo di loro, inghiottiti dai forni di
Auschwitz. Il cugino Nathaniel, di pochi anni più grande di lei, diventerà il
suo amico e il suo conforto, insieme a Ichimei, il figlio del giardiniere
giapponese.
Alma, Ichimei, Irina- sono tre storie di persone sradicate, Alma
dalla Polonia, Ichimei dal Giappone dei genitori, Irina dalla Moldavia. Ognuno
di loro deve affrontare prove difficili anche se diverse. Se la storia di Alma,
volitiva, geniale e affascinante
anche da anziana, è quella principale, quella di Ichimei evacuato in un campo
di raccolta, diventato un nemico e possibile spia come tutti i giapponesi in
America dopo l’attacco di Pearl Harbour, è un
piccolo romanzo breve dentro il romanzo, così come quanto capita alla
giovane Irina che ha paura di tutti gli uomini, reclamata da una madre
sciagurata e catapultata in Texas dalla misera ma tranquilla vita con i nonni
in Moldavia.
Quanto agli uomini del romanzo-
sono perfino troppo perfetti per essere veri. Hanno anche loro difetti, ma sono
difetti molto umani, forse si riconducono ad uno solo che è anche la loro
virtù: peccano per amore, ma chi non
sognerebbe di incontrare un uomo dal cuore grande come quello di Nathaniel o di
Ichimei? E se la realtà è vista attraverso la lente dell’ottimismo, se la vecchiaia appare come un
entusiasmante proseguimento del cammino della vita- ebbene, è molto
piacevole pensare che forse- perché no?- sia possibile ed essere contagiati da
questo pensiero positivo.
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