la Storia nel romanzo
Catherine Scott-Clark e Adrian Levy, “Il mistero della Sala d’Ambra”
Ed. Corbaccio, trad. Bruno Amato,
pagg. 380, Euro 18,60
“Parte dello splendore del mondo/
Si è dileguato con la guerra e con il tempo”: i versi di Goethe sono quelli che
esprimono meglio il rimpianto per la scomparsa dell’ottava meraviglia del
mondo, la Sala
d’Ambra del Palazzo di Caterina a Tskarkoje Selo, vicino a San Pietroburgo. Nel
2003, per il tricentenario della fondazione della città che Pietro il Grande
aveva voluto come “la finestra sull’Occidente”, è stata inaugurata una nuova
Sala d’Ambra, sponsorizzata da un’industria tedesca e rifatta sul modello di
quella donata alla Russia da Federico di Prussia nel 1716. Come un dono di
pace, per mettere fine a rivendicazioni e litigi riguardo ai beni artistici
trafugati da ambo le parti durante la seconda guerra mondiale.
La storia
della Sala d’Ambra è una storia affascinante e i giornalisti investigativi
inglesi Catherine Scott-Clark e Adrian Levy hanno impiegato più di due anni di
ricerche, rimbalzando da un ufficio all’altro, dall’archivio della STASI a
quello del KGB (finalmente consultabili dopo la caduta del Muro), confrontando
documenti e missive, macinando migliaia di chilometri, tra Mosca, Leningrado,
Tskarkoje Selo, Kaliningrad e Olanda, Germania e Austria, imbattendosi in morti
sospette, come se ci fosse una maledizione nella Sala d’Ambra. Come se fosse
una ricerca del Graal che ha fatto le sue vittime, incantando i ricercatori con
la sua straordinaria luce di miele. “L’oro del Baltico” rivestiva le pareti di
quella stanza che lo zar Pietro non era riuscito a vedere, che le Imperatrici
Elisabetta e Caterina avevano fatto spostare da un palazzo all’altro, prima di
lasciarla definitivamente nel Palazzo di Caterina da dove i nazisti la
trafugarono, quando iniziarono l’assedio di Leningrado nel 1941. Errore
gravissimo di Kučumov, il curatore museale dell’Unione Sovietica, giudicare che
fosse impossibile smontare i pannelli per imballarli e metterli in salvo
insieme a migliaia di altre opere d’arte. Aveva semplicemente dato ordine di
camuffarli con della tappezzeria. I nazisti impiegarono 36 ore per smontare la Sala d’Ambra. Le ultime
notizie che se ne hanno la localizzano nel castello di Königsberg, nel 1945.
Quando Kučumov arrivò sul posto, trovò il castello incendiato e nessuna traccia
di ambra, solo dei cardini delle porte del Palazzo di Caterina. Ma l’Armata
Rossa, e le Brigate Trofei incaricate di ritrovare i tesori russi, erano già
passate di lì.
Scott-Clerk e Levy seguono le tracce
luminescenti della Sala d’Ambra, come fosse un miraggio- e pare veramente
essere stato un miraggio per alcuni ricercatori che vi dedicarono la vita. Kučumov
stesso dedicò più di quarant’anni alle ricerche, come per fare ammenda del suo
errore iniziale. Per più di mezzo secolo continuarono a spuntare presunti
testimoni, figli di ufficiali della Wehrmacht, persone che dichiaravano di aver
saputo il luogo in cui i nazisti avevano sepolto le casse con i pannelli della
Sala d’Ambra. In una miniera. Nelle paludi del Baltico. E se la soluzione fosse
molto più semplice? Non riveliamo la tesi dei due giornalisti in questo
libro-inchiesta accuratamente dettagliato che si legge con l’interesse
trascinante di un thriller storico. Illuminato dalla luce d’oro dell’ambra.
la recensione è già uscita nel 2005 su www.stradanove.net
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