sabato 30 ottobre 2021

Håkan Nesser, “Barbarotti e l’autista malinconico” ed. 2021

                                                                       vento del Nord

   cento sfumature di giallo

Håkan Nesser, “Barbarotti e l’autista malinconico”

Ed. Guanda, trad. Carmen Giorgetti Cima, pagg. 400, Euro 19,00

    Un prologo. 2010 in Sudafrica. Un pittore ritorna in Svezia, alcuni dei suoi quadri restano lì, affidati ad una donna che lo stima.

   2012. Una sorta di diario intitolato Spruzzi e brandelli che leggeremo a intervalli. Inizia con una frase che contiene il dolore di una colpa: Non è giusto che io viva. Sono in molti a pensarlo, e li capisco. La persona che scrive- sapremo che si chiama Albin Runge- dice di farlo perché resti una spiegazione. Studioso di storia delle idee, dopo aver perso il finanziamento per la ricerca aveva trovato lavoro come autista di pullman. Il 22 marzo 2007 l’incidente che aveva causato la morte di diciassette ragazzi e un adulto. E in un altro modo era morto anche lui. Come si sopravvive con un fardello di colpa così pesante? Era stato assolto, non avrebbe potuto evitare l’incidente, ma i fantasmi erano lì.


Nel 2012, cinque anni dopo l’incidente, aveva iniziato a ricevere lettere brevissime firmate ‘Nemesi’ e contenenti oscure minacce di morte. Poi un paio di telefonate. Albin Runge, negli anni trascorsi, si era separato dalla prima moglie e si era risposato con una donna conosciuta in banca- non voleva coinvolgerla, a lei aveva letto solo le prime due lettere e non le aveva detto nulla delle telefonate ricevute in seguito. Va, però, a denunciare il caso alla polizia- se ne occuperanno Eva Backman e Gunnar Barbarotti.

    2018, fine agosto, il periodo preferito per gli incendi di automobili. Nel tentativo di fermare un ennesimo incendio che causerebbe la morte della coppietta che si trova nell’auto, Eva Backman spara mirando alle gambe dell’ombra scura che ha in mano una tanica di benzina, ma…

    Per riprendersi dal trauma, Eva Backman e Barbarotti (ormai sono una coppia, dopo che Barbarotti è rimasto vedovo) vanno a passare un mese di tranquillità lontano dal mondo, nell’isola di Gotland, amata dal regista Bergman. E vedono un uomo che, pur con barba e capelli lunghi che lo rendono diverso, assomiglia ad Albin Runge. Che è morto nel 2012. O almeno, è stato dichiarato morto anche se il suo corpo non era mai riaffiorato- secondo quanto detto dalla seconda moglie, doveva essere stato gettato in mare dal traghetto su cui viaggiavano.


     Il nuovo romanzo di Hakan Nesser è più un mystery che un thriller. E’ giocato sulla curiosità di scoprire che cosa sia accaduto al povero Albin Runge e sulla simpatia che suscita in noi la coppia Backman-Barbarotti piuttosto che su una tensione narrativa. E, tutto sommato, Albin Runge si rivela un ingenuo, o forse è la sua fragilità a renderlo tale- perché è lui ad essere fragile e non la moglie che lui dice di voler proteggere. Di lui, più che lo sviluppo della vicenda che lo riguarda, che un suo ex professore aiuta a chiarire e che ci pare una concessione ai nostri tempi, ci interessa il problema etico che lo attanaglia, quel senso di colpa che nessuna assoluzione di un giudice può attenuare. E allora comprendiamo benissimo il perché della mini-trama del 2018 sui ragazzi piromani. Oltre a segnalare un certo tipo di vandalismo criminale nella algida Svezia, amplia la riflessione sulla colpa- anche in questo caso, come per Albin Runge, si è trattato di un incidente: un morto ora, diciotto morti allora, ha importanza il numero?-, sull’espiazione, sul convivere con un ricordo che fa sanguinare il cuore.

   E poi sono il personaggio di Barbarotti, con il suo umorismo che ha una punta di allegria, i suoi colloqui con Dio (sono i suoi ascendenti italiani che lo influenzano a rivolgersi all’aldilà?), la sua moderazione e il suo equilibrio, insieme allo stile vivace di Nesser a rendere il romanzo una piacevolissima lettura.

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