Voci da mondi diversi. Israele
cento sfumature di giallo
Sarah Blau, “Le altre”
Ed.
Piemme, trad. Velia Februari, pagg. 259, Euro 18,90
Sheila, Dina, Ronit, Naama. Quattro amiche
fin dai tempi dell’università dove studiavano teologia vent’anni prima. Quattro
amiche che avevano stretto un patto.
Fin qui, non ci sarebbe niente di nuovo nel
thriller della scrittrice israeliana Sarah Blau. E invece “Le altre” è un
romanzo originale che propone una tematica molto attuale, molto discussa e
controversa. Chi sono ‘le altre’ da cui prende il nome il gruppo delle quattro
studentesse? Sono ‘le altre’ della Bibbia, donne forti che non hanno mai avuto
figli- Miriam, Lilith, Mikal e la Strega di Endor. E, secondo la tesi sostenuta
dalle ragazze, è stato per scelta che ‘le altre’ hanno rinunciato alla maternità.
Proprio come loro che cantano insieme, Nessuno
vuole figli, nessuno ha bisogno di figli e noi non li avremo mai, m-a-i!
La voce narrante è quella di Sheila e non rivelo nulla- è nella prima pagina- se dico che il romanzo inizia con un delitto. “Dina è stata uccisa all’una del mattino”. E Sheila incomincia il suo racconto dicendo che è pronta a ricevere la telefonata della polizia. Perché Sheila era stata a casa di Dina proprio la sera prima, ma chi le crederà se dice che Dina era viva quando lei se n’è andata? Erano anni che non si incontravano, da quando Dina le aveva rubato un’idea grazie alla quale aveva fatto una splendida carriera accademica, mentre Sheila era rimasta indietro, una ‘sfigata’. E certo che Sheila le serbava rancore. La modalità dell’assassinio, poi, facevano pensare a un altro motivo (raccapricciante, non dirò nulla).
Da quattro sono rimaste in due, perché
un’altra di loro, Naama, era morta anni prima. Si era suicidata (anche sulla
vicenda di Naama non posso parlare, la scoprirete a poco a poco). Poi... E a questo punto, Sheila da possibile
colpevole diventa la prossima possibile vittima.
Il lettore capisce subito di non potersi
fidare di quello che dice Sheila. Capisce che ha delle nevrosi- quelle
matassine di capelli che si strappa e si trovano in tutti gli angoli della
casa, il suo innamorarsi di uomini molto più giovani di lei, certi ricordi
ossessivi, le filastrocche di un umorismo nero che le si affacciano di continuo
alla mente, il tic tac tic tac dell’orologio biologico che le risuona in testa.
È poi ancora così convinta del patto stretto tra lei e le amiche a vent’anni?
Sheila non è un personaggio simpatico (cosa insolita per una protagonista) e non lo sono neppure le altre ex ragazze, ma la loro decisione è doppiamente interessante per la lettura del libro- per il rimando alle figure bibliche e per l’idea sempre più diffusa che essere donna non voglia dire necessariamente essere madre, che procreare debba esaurire le ambizioni femminili. Inoltre- e sarebbe una discussione interessante- hanno avuto dei ripensamenti, Sheila, Dina e Ronit, all’avvicinarsi dei fatidici quarant’anni?
Sono molte le allusioni agli ebrei
ultraortodossi che sono agli antipodi di questa concezione della donna che
rifiuta la maternità, ma non sono limitanti per la lettura del libro di Sarah
Blau. Sappiamo benissimo che in ogni società e in ogni cultura, per quanto si
reputino progressiste e liberali, c’è una frangia di conservatori per cui una
vera donna è una madre e- quello che è peggio- la sterilità è una maledizione
(senza neppure accertarsi se dipenda dall’uomo o dalla donna).
Vale la pena di leggerlo. Un thriller
psicologico che scorre veloce, tra false piste, flash back, brevi stralci di
flusso di coscienza e storie bibliche che vale la pena approfondire.
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